Dall’Unione Europea una minaccia per il Chianti

«La riforma OCM (Organizzazione comune di mercato) Vino, proposta dalla Commissione Europea, se approvata, potrebbe portare seri problemi alla viticoltura in Toscana, mettendo a rischio anche numerosi ettari vitati del Chianti». Lo ha detto Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio Chianti Classico, nell’ambito della lettura promossa dall’Accademia dei Georgofili di Firenze dedicata alle “Norme europee e nazionali per il settore vitivinicolo”.

La nuova ipotesi di normativa prevede in particolare alcuni punti ritenuti preoccupanti dal direttore del Consorzio: «Ci sono dei passaggi che non possiamo assolutamente condividere – ha spiegato Liberatore -: primo fra tutti l’espianto volontario di 400.000 ettari di vigneto in tutto il territorio della Comunità Europea, proposto per rafforzare la competitività dei produttori del Vecchio Continente». Il piano di riforma che, una volta discusso e approvato, dovrebbe entrare in vigore entro il 2007, prevede l’offerta di generosi incentivi ai produttori per estirpare i vigneti meno redditizi, soluzione che secondo l’Ue dovrebbe risolvere lo squilibrio fra domanda e offerta, ossia il fatto che in Europa si produca troppo vino rispetto agli sbocchi di mercato.

«Un’idea che contestiamo, primo perché i dati di import-export considerati si riferiscono solo agli ultimi due anni, troppo poco per ritenerla una tendenza consolidata, secondo non riteniamo né utile, né opportuno perdere il nostro storico patrimonio vinicolo – ha aggiunto Liberatore -. Estirpare le vigne tout court provocherebbe solo lo spostamento della viticoltura in zone meno vocate e l’abbandono di quelle più vocate come il nostro territorio. Potendo produrre ad esempio a costi inferiori in pianura, e magari con regole meno restrittive, è chiaro che la scelta sarebbe quasi obbligata, con conseguenze non solo economiche, ma anche sociali».

Gli obiettivi dichiarati da Bruxelles per l’ipotesi di riforma sono: ripristinare l’equilibrio tra offerta e domanda e semplificare le norme, riconquistare quote di mercato, aumentare la competitività dei produttori europei di vino, e rafforzare la notorietà dei vini europei. Tutte finalità che secondo Liberatore non possono essere raggiunte con la riforma. «Invece di estirpare i nostri beni più preziosi sarebbe meglio puntare sulla loro valorizzazione e promozione – è l’invito del direttore -, considerato il fatto che solo l’1% del budget totale comunitario di settore viene investito per questo importante scopo. Inoltre la nostra è la viticoltura ‘storica’ che si deve scontrare con quella ‘aggressiva’ dei nuovi mondi, nata senza regole, senza specificità senza la cultura del territorio, aspetti fondamentali dei nostri vini. Non possiamo competere con i paesi del Nuovo Mondo sul campo economico, sui costi di produzione, perché chiaramente saremmo perdenti. Dobbiamo continuare invece a valorizzare le nostre denominazioni di origine, puntare sulla nostra specificità e le nostre regole. Norme e controlli ristrettissimi danno credibilità alle denominazioni e garanzie al consumatore ed è questo ciò che fa il vero valore aggiunto dei nostri vini».

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