I tre fattori chiave per l’efficienza aziendale

Da dove passa il reddito delle aziende agricole, quando si parla di processi aziendali? Secondo il professor Luigi Sartori dell’Università di Padova, intervenuto alla tavola rotonda “Produrre qualità è reddito”, organizzata da Veronafiere-Fieragricola e Informatore Agrario, “i parametri di efficacia e di efficienza devono essere applicati a tre fattori: risorse umane, risorse produttive ed economiche, risorse ambientali”. Fattori chiave, secondo Sartori, che determinano la qualità dei processi aziendali e aprono le porte alla qualità dei prodotti e dei servizi. Requisiti di partenza per raggiungere l’obiettivo del miglioramento del reddito in agricoltura.

Qualità nella gestione delle risorse umane –  È il primo parametro preso in esame. A partire dalla riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con ambienti e macchine a norma. “In Italia il costo complessivo dei danni da lavoro tocca i 28 miliardi di euro – ha ricordato Sartori – mentre nel solo comparto agricolo il costo degli infortuni supera i due miliardi di euro, il 20 per cento dei quali solo per spese mediche e il restante 80 per cento per danni e ritardi. I costi per la prevenzione, dunque, sarebbero decisamente inferiori ai costi che le imprese devono sostenere per le ore di lavoro perse a causa degli incidenti”.

Riduzione dei rumori – Fra gli esempi di miglioramento attuabile dalle aziende agricole, Sartori ha citato la riduzione delle vibrazioni e della rumorosità nelle cabine dei trattori e delle macchine operatrici in agricoltura. “Soluzioni che permetterebbero di aumentare dal 40 al 70 per cento il tempo di lavoro sicuro e dal 45 al 55 per cento il tempo di concentrazione massima degli operatori”.

Qualità nella gestione delle macchine – “Un trattore efficiente – ha sostenuto Sartori – significa risparmio economico”. A partire dalla scelta del mezzo. “Un trattore di potenza superiore alle esigenze determina un surplus di potenza fra il 40 e il 60 per cento, che non può essere sfruttata, ma che incide in termini di prezzo d’acquisto del mezzo, costo per la manutenzione ordinaria, pezzi di ricambio, consumi di gasolio. Non dimentichiamo che un trattore di elevata potenza consuma in 20 ore, cioè due giornate lavorative, tanto gasolio quanto un’autovettura di media cilindrata in un anno”.

Dimensioni – Anche il dimensionamento fra il trattore e la macchina operatrice può apportare benefici economici per le aziende. “Una riduzione di dieci centimetri nella profondità delle lavorazioni dei terreni porta una riduzione dei consumi del 25 per cento, un risparmio di 5,2 tonnellate di CO2, pari a tre autovetture, l’utilizzo di un mezzo di potenza inferiore, con un minor peso e dunque una minore compattazione del terreno, una maggior produttività in termini di tempo”. Determinante sul versante del reddito anche la manutenzione. “Un trattore non controllato può consumare e inquinare anche il 25-30 per cento in più – ha precisato il professor Sartori -. Su scala nazionale, l’efficienza di trattori non soggetti a rotture consentirebbe di ridurre la spesa energetica di 474mila tonnellate di gasolio, con un risparmio di 400 milioni di euro in termini di denaro e di 1,5 milioni di tonnellate di CO2, pari a 800mila autovetture”.

Qualità nella gestione dei prodotti chimici e dei fertilizzanti – Un’altra occasione per migliorare il reddito, intervenendo sugli sprechi aziendali. Tenendo presente che un mezzo efficiente e preciso permette di regolare la dose e di distribuire uniformemente il prodotto. La non corretta distribuzione di fertilizzanti, secondo l’Unione europea, comporterebbe un mancato utilizzo – nonostante l’avvenuta distribuzione – di un milione di tonnellate di azoto ogni anno. “E una scarsa uniformità di distribuzione dovuta alla mancata regolazione delle macchine – secondo Sartori – può causare perdite di produzione fino a 100 euro all’ettaro”.

Qualità nella gestione dell’acqua – L’oro blu del terzo millennio riveste una funzione primaria in agricoltura, attività che attualmente assorbe il 70 per cento delle risorse idriche disponibili. “Per questo diventa prioritario utilizzare al meglio l’acqua a disposizione, riducendo quanto più possibile fenomeni di percolazione, evaporazione, ruscellamento”.

Qualità nella gestione del terreno – Il professor Sartori suggerisce la pratica, rilanciata recentemente negli Stati Uniti, del “No-Till”: nessuna lavorazione. “Si tratta di tecniche di agricoltura conservativa che tendono ad alterare il meno possibile la composizione, la struttura e la biodiversità del suolo e a difenderlo dall’erosione e dalla sterilità, attraverso il mantenimento di una copertura permanente. L’impianto delle colture avviene attraverso la semina diretta o tramite una lavorazione senza l’inversione degli strati. La razionale rotazione colturale, inoltre, crea le migliori condizioni ambientali per l’apparato radicale e contrasta l’insorgere di infezioni e malattie”.

Tecniche – Certamente, se a livello produttivo le nuove tecniche per la gestione del terreno con minima lavorazione comportano – in alcuni casi – una minore produzione, i vantaggi che si traducono in costi inferiori sono presto calcolati. “Fatto 100 il costo di lavorazione con aratura – ha concluso Sartori – la lavorazione con minime lavorazioni consente un risparmio fra il 9 e l’11 per cento, mentre con la semina su sodo (o non lavorazione) permette di ridurre le spese fra il 15 e il 25 per cento”. E anche i minori costi, si sa, si trasformano in reddito.

 

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