Vino e innovazione, la gestione dell’ossigeno passa dal tappo

di Irene Graziotto – Calcolare in maniera scientifica lo sviluppo organolettico del vino. Come? Grazie ad una gestione dell’ossigeno che passa attraverso il tappo, concepito come fosse una valvola. È l’obiettivo raggiunto da Nomacorc con Select. Due le prove d’assaggio – effettuate durante la visita allo stabilimento di produzione belga di Thimister-Clermont lo scorso 12 febbraio – per testare le differenti permeabilità di Select e il suo influsso sul vino: la prima con un bianco italiano, la seconda con un rosso francese.

Le prove d’assaggio

Sul vino bianco – Partiamo col bianco: tre campioni nettamente diversi, in realtà lo stesso Vermentino di Bolgheri Poggio al Tesoro 2013 di Allegrini chiuso con il Select 100, il Select 300 e il Select 500 che lasciano passare ossigeno in dosi crescenti. La differenza si nota già alla vista: giallo paglierino luminoso per i primi due campioni (Select 100 e Select 300) mentre per il terzo (Select 500) il colore vira nettamente sul dorato. Anche il naso e il sorso risentono della diversa ossigenazione: un po’ chiuso, pungente e contraddistinto dalla solforosa il primo che possiede bocca ancora giovane; aperto e delicatamente floreale il secondo che presenta bella freschezza e vena salina e, infine, note floreali e fruttate più evolute per il terzo che anche in bocca dimostra una maggiore maturità.

Sul vino rosso – Sono diversi anche i due bicchieri di rosso, uno Châteauneuf du Pape 2012 di Château Mongin da uve Grenache 70% e Syrah 30%, chiuso con il Select 300 e Select 500, per una differenza quantificata in 3 milligrammi di ossigeno in più del secondo rispetto al primo in un anno. Naso più intenso e tannino più giovane nel Select 300, colore più pieno, naso più adagiato e tannino più morbido per il Select 500.

L’obiettivo – Servire nel bicchiere esattamente il vino che ha in mente l’enologo – grazie ad una gestione dell’ossigeno definita e riproducibile che sottende al grado di maturazione dell’imbottigliato – ma anche eliminare il rischio di sbriciolamento e l’uso delle colle: ecco gli obiettivi raggiunti da Select. Questa chiusura permette infatti di prevedere in maniera lineare lo sviluppo organolettico del vino, consentendone un’immissione nel mercato con un preciso e determinato profilo e, volendo, in maniera scaglionata: alcune cantine già tappano la produzione con due differenti chiusure, scegliendo quella più traspirante per le bottiglie di primo rilascio, e la meno traspirante per la partita successiva.

Il processo di realizzazione – Select è una chiusura di origine plastica realizzata con schiuma coestrusa. Tutto il processo produttivo, dall’arrivo delle materie prime sino all’impacchettamento del tappo finito, viene scandito dal controllo qualitativo del laboratorio di analisi chimica e sensoriale. I camion in arrivo che trasportano le sostanze base non sono infatti autorizzati a scaricare finché il laboratorio non ha dato il via libera. La gestione della pulizia diventa quindi cruciale e anche gli esterni in visita sono sottoposti ai controlli di idoneità. Le materie vengono fuse e fatte convogliare in un tubo dove una doppia elica prevede a miscelare in maniera omogenea il composto, che fuoriesce dal condotto sotto forma di “tubo” – composto da una parte interna e una “pellicola” di rivestimento – e viene subito raffreddato con acqua in modo da stabilizzarsi. Fra i parametri cruciali, oltre alla densità dell’impasto, quello del diametro, controllato da un sensore ad alta sensibilità. Alla fine del processo di raffreddamento, il “tubo” viene tagliato, ottenendo la forma vera e propria dei tappi che vengono a questo punto convogliati in appositi scatoloni. Qui avviene il primo prelievo di campioni che verranno spediti in laboratorio per appurare che non ci siano odori particolari, permettendo così di bloccare un’eventuale partita che presenti sentori anomali.

La finitura – Una volta realizzato il tappo, arriva la fase finale con tecniche di “make up” sia grafiche che tattili che ricreano la grana del sughero e un raggio laser che, creando dei micro avvalli, permette di incidere logo e nome della cantina su una superficie che altrimenti sarebbe lubrica.

Sostenibilità: il Select Bio Series – Carbon Footprint ma anche Water Footprint: ovvero quanto una bottiglia pesa in merito a produzione di anidride carbonica e litri di acqua impiegati. Se mediamente, a livello mondiale, servono 1.514 litri di acqua per produrre una bottiglia, si può capire qual è il valore che finisce nel lavandino nel caso di un tappo affetto da TCA (ogni giorno in tutto il mondo sono un milione le bottiglie rovinate dal 2,4,6-tricloroanisolo). Un rischio eliminato già dalla serie Select che con il Select Bio compie un’ulteriore balzo in avanti creando il primo tappo a impronta carbonica zero. Select Bio nasce infatti nel 2013 quando Nomacorc passa dall’etilene di origine fossile al bioetilene di origine vegetale, ricavato dalla canna da zucchero. Si tratta di un materiale già esistente in commercio e quindi che non va ad alterare l’economia del Paese di produzione.

Novità: Zest e il Nomasense O2 P300 – Zest è il primo tappo al mondo per spumanti senza colle, costituito da un monopezzo a impronta carbonica zero. La commercializzazione vera e propria nel mercato avverrà nei prossimi mesi ma sono già in molti che lo stanno testando sulle proprie  bollicine. NomaSense O2 P300 è invece un misuratore di precisione basato sull’oxo-luminescenza che permette di quantificare in maniera precisa e non invasiva non solo l’ossigeno disciolto nel vino ma anche quello presente nello spazio di testa. Questo dispositivo usa dei sensori presenti all’interno della bottiglia che può quindi essere usata come test per verificare l’efficacia del sistema di imbottigliamento in quanto a controllo dell’ossigeno ma anche come storico per controllare l’affinamento del vino.

I numeri – 2 miliardi e mezzo di tappi all’anno (che lo colloca secondo solo ad Amorin nella produzione di chiusure sintetiche), 4 stabilimenti, 40 brevetti, un risparmio di 1.000 tonnellate di anidride carbonica annua negli ultimi dodici mesi, una crescita che sin dai primi anni si aggira viaggia sul +148% per un fatturato che di circa un miliardo di dollari. Questi i numeri dell’azienda fondata nel 1999 dal belga Gert Noël che oggi è presente in 6 continenti e 40 nazioni, che chiude una bottiglia su tre in USA, una su quattro in Germania e una su cinque in Francia. Fra i mercati di espansione l’America de Sud, il Nord Europa e soprattutto l’Asia.

I numeri per l’Italia – Il mercato Nomacorc in Italia si attesta sui 250 milioni di chiusure. A sorpresa, il Belpaese si colloca quale primo cliente per il SelectBio con un utilizzo di circa 40 milioni di unità, ovvero il 20% della produzione.

I progetti – Nomacorc è impegnata nella ricerca con due laboratori ad hoc: il primo negli Stati Uniti che lavora sulle composizioni dei polimeri del tappo e il secondo in Francia, a Nîmes, con otto enologi concentrati in maniera specifica sulla gestione dell’ossigeno. Nomacorc collabora inoltre con cinque poli universitari fra cui l’università di Davis e l’Università di Napoli Federico II dove la Professoressa Caputo sta studiando l’impatto dell’ossigeno sui tannini.

Irene Graziotto

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