Crisi del Brachetto. Vendite in calo del 30% in 5 anni. Serve comunicazione, ma chi paga?

Si discute del futuro del Brachetto d'Acqui

I produttori di Brachetto vogliono uscire dalla crisi. In un incontro ad Acqui Terme si sono cercate le vie di uscita per crisi per il Brachetto. Davanti a una folta platea di produttori vitivinicoli, con la moderazione di Bruno Barosio, il presidente del Consorzio Tutela Brachetto d’Acqui DOCG Paolo Ricagno e il presidente di Asso Brachetto Pierluigi Botto hanno analizzato l’attuale situazione di mercato e cercato di trovare soluzioni per risollevare le vendite di questo pregevole prodotto enologico locale.

Il partecipato incontro per il Brachetto d'Acqui
Il partecipato incontro per il Brachetto d’Acqui

Vendite in calo Nel suo intervento Paolo Ricagno ha spiegato che, secondo i dati del Consorzio, il numero di bottiglie vendute è passato da 5.300.000 nel 2011 a 3.800.000 nel 2016. La superficie vitata (rimasta pressoché invariata) per il Brachetto d’Acqui è di 1052 ettari e per il Brachetto Piemonte è di 210 ettari.

Comunicazione «Al fine di poter aumentare le vendite di Brachetto è necessario investire in pubblicità. A mio avviso, ciascun produttore dovrebbe rinunciare a una parte di reddito ogni anno per 3 o 4 anni per un importo di 500 euro per ettaro coltivato per costituire un fondo comune per creare investimenti sull’immagine» ha dichiarato Ricagno. In risposta, Botta ha espresso accordo sulla necessità di interventi sui media per aumentare la visibilità di questo vino, ma con una tesi differente sul reperimento delle risorse economiche: «Non è la parte agricola che deve sostenere i costi. Occorre rivedere l’accordo attualmente in essere con una revisione dei prezzi delle uve del 10 per cento, in modo che questa somma venga accantonata per fare promozione».

Si discute del futuro del Brachetto d'Acqui
Si discute del futuro del Brachetto d’Acqui

Preoccupate le organizzazioni Attualmente l’Accordo sottoscritto da tutte le parti in gioco (parte agricola, cooperativa e parte industriale) nel 2015 e rinnovato nel 2016 e fino alla campagna 2017 prevede un reddito minimo per i produttori di 6000 euro/ha. Il prezzo delle uve è passato da 1,25 euro/kg nel 2014 a 1 euro/kg nel 2015. La richiesta di Botto è di arrivare a 1,10 euro/kg per il 2017. «Abbiamo organizzato questa riunione perché Confagricoltura e Cia sono fortemente preoccupate per le sorti del Brachetto. Le diverse visioni espresse dai presidenti che rappresentano le cooperative e i cosiddetti ‘liberi’ vanno viste come una fase della discussione, che auspichiamo giungerà a una soluzione ottimale per tutti. In definitiva, non dovranno essere penalizzati gli agricoltori e si torni a vendere un numero di bottiglie tali da usare tutte le uve, perché non dobbiamo arrivare ad estirpare i vigneti» hanno commentato i due direttori delle associazioni, Valter Parodi (Confagricoltura) e Carlo Ricagni (Cia), presenti in sala.

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