Pesca nel Mediterraneo, futuro in chiave europea

“Le statistiche sull’andamento del settore ittico nel periodo 1995-2002 diffuse da Eurostat, sono un importante spunto di riflessione soprattutto in vista del prossimo dibattito europeo sulla revisione della proposta di regolamento per la pesca nel Mediterraneo”. E’ quanto ha dichiarato il Sottosegretario Scarpa dopo aver visionato i dati relativi alle catture, alla consistenza delle flotte negli Stati membri ed al numero degli addetti impegnati nel settore, diffusi in questi giorni dal Servizio Statistico dell’Unione Europea.
“E’ interessante rilevare – ha proseguito Scarpa – che i dati delle catture degli Stati UE relative al 2002 evidenziano rispetto agli stessi livelli del 1995 una riduzione di ben il 17% e che le catture nel Mediterraneo incidono sul totale di quelle comunitarie solo per il 7%.” Scarpa ha anche evidenziato l’importante aumento della produzione dell’acquacoltura che, alla fine del 2002, ha raggiunto un ammontare di 1,27 milioni di tonnellate, con la Spagna, primo Paese membro produttore, a quota 260 mila tonnellate, seguita dalla Francia e al terzo posto dall’Italia con 180 mila tonnellate.
“A questo riguardo non va trascurato un dato di grande rilievo sociale – ha proseguito Scarpa – conseguente alla contrazione delle catture, ossia il significativo ridimensionamento della flotta dell’Unione Europea: tra il ‘95 ed il 2002 il numero complessivo delle imbarcazioni è sceso da 104 mila a 88 mila unità. Tutto ciò mentre la situazione extra europea mostra dinamiche opposte: un aumento delle catture mondiali del 17% con un’incidenza della pesca comunitaria sul totale scesa, a fine 2002, al 5%”.
Dall’interpretazione dei numerosi dati dello studio si evidenzia, ad esempio, che nelle sole Norvegia ed Islanda, l’attività di pesca, tra il ‘95 ed il 2002, è aumentata rispettivamente del 17 e del 32%, con un incremento in valore assoluto praticamente pari all’ammontare delle catture annue di tutta la flotta italiana. “Da una attenta lettura dei dati risulta di indubbia evidenza – ha concluso Scarpa – la validità della posizione tenuta dall’Italia da tre anni in sede di dibattito europeo, ossia che la riduzione dell’attività di pesca nell’UE ha un effetto assai limitato sulla conservazione delle risorse ittiche a livello mondiale, visto che il 95% delle catture viene effettuato da flotte di Paesi terzi. Per risultare realmente efficace, dunque, la conservazione di lungo periodo degli stock non può che essere perseguita nell’ambito delle organizzazioni regionali della pesca. Ogni decisione, dalla dimensione delle reti alle taglie minime, dovrà pertanto essere assunta nelle competenti sedi multilaterali, vale a dire ICCAT per i grandi migratori e CGPM per le altre specie. In quelle sedi l’Unione Europea potrà svolgere un ruolo essenziale di proposta, secondo il principio di precauzione condivisa che ispira la vigente PCP”.

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Rosanna Paliotta

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