La malaburocrazia strangola le aziende. I 50 casi della Cia

Una richiesta per migliorare la stalla presentata nell’aprile 2002 è stata approvata nel giugno 2007. Assurdo. Eppure la nostra agricoltura deve subire anche questi tempi biblici. La lentezza degli iter burocratici, i contrasti emersi in alcune norme regionali e locali sembrano, in un certo senso, in contrasto anche con il Piano di Sviluppo Rurale toscano. Da una parte si deve incentivare lo sviluppo con investimenti da parte delle aziende, dall’altra si mettono i bastoni fra le ruote con cavilli e norme che provocano un vero e proprio blocco delle iniziative imprenditoriali agricole, limitandone così lo sviluppo e la realizzazione in tempi brevi. Criticità tra attività produttive, gestione del  territorio e pianificazione urbanistica: la Cia Toscana ha presentato il primo dossier-denuncia mai realizzato in Italia,  “Urbanistica, agricoltura e aree rurali, in 50 casi i difficili rapporti tra gestione del territorio e imprese agricole”, con l’elenco dei casi di malalaburocrazia rilevati in tutta la regione. Il presidente della Cia Toscana, Giordano Pascucci, sottolinea subito tre elementi comuni che sono stati rilevati in tutte le pratiche “per prima cosa l’impatto negativo della  legge regionale n. 1 del 2005, in particolare con riferimento all’articolo 41, che ha istituito proprio tre anni fa la rimozione forzata degli annessi agricoli, in secondo luogo la pianificazione dei Piani territoriali di coordinamento delle province, e il ultima analisi i regolamenti comunali e le pianificazione proprie dei vari comuni”.

Isola felice – Su 50 casi esaminati infatti soltanto uno è risultato essere un esempio di buona prassi: il Comune di Monteroni d’Arbia, in provincia di Siena; nel febbraio 2008 ha infatti approvato un’autorizzazione edilizia relativa ad un piano di miglioramento presentato nel luglio 2007, ovvero dopo circa sei mesi. Questo che dovrebbe essere un caso di normalità, risulta invece oggi un caso straordinario ed esemplare. Prosegue poi Pascucci “alcune pratiche sono addirittura rimaste senza autorizzazione, molti casi sono ancora bloccati e il settore dell’agricoltura rimane così fermo, una cosa molto grave proprio perché nei prossimi giorni partirà la prima fase del nuovo PSR”. Dal dossier emergono poi anche casi eclatanti, come sottolinea Marco Failoni, responsabile ambiente e territorio della Cia Toscana “sono sotto accusa in particolare la norma che impone all’imprenditore agricolo l’obbligo di rimozione degli annessi agricoli non più funzionali all’attività ed i pesanti oneri che ne derivano, così come il pagamento annuale di fideiussioni bancarie, alquanto esose, con un costo dell’1-2% fino alla rimozione degli annessi”.

Le proposte della Cia – Le soluzioni proposte dalla Cia sono tre, due operative, l’elaborazione di una carta delle aree rurali che sottolinei due punti in particolare, la condivisione degli obiettivi tra più parti e la valorizzazione del nuovo cambiamento dell’agricoltura (sostenibilità, globalizzazione…) e l’apertura di un tavolo di lavoro per la semplificazione della legge, cercando di dare una sua interpretazione più chiara, discutendo anche sugli aspetti della governance e cercando di eliminare i troppi soggetti e passaggi presenti all’interno. Infine la creazione di una circolare interpretativa che sia fatta subito, prima della presentazione dei bandi. Tutto ciò comporta delle attenzioni negative all’agricoltura, dove spesso sono posti dei vincoli per delle questioni  essenziali per lo svolgimento dell’attività stessa; importanti sono sicuramente anche le iniziative provenienti dai vari comuni e quindi a livello locale. Tutto ciò ovviamente comporta danni anche sul piano economico, non quantificabili di preciso al momento, anche se la cifra, ci dice Pascucci, si dovrebbe aggirare sulla decina di migliaia di euro.

Barbara Maccari

Nella foto: un momento della conferenza stampa con il presidente della Cia Toscana Giordano Pascucci ( a sinistra) e Marco Failoni, responsabile ambiente e territorio

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