Si alleva anche il polpo. E’ toscano l’esemplare più longevo

Hanno raggiunto i cinque mesi di vita alcuni esemplari di octopus vulgaris, comunemente detto ‘polpo’, allevato negli impianti toscani della Maricoltura di Rosignano Solvay nell’ambito di un progetto di ricerca specifico – cofinanziato da Arsia e Maricoltura Rosignano Solvay – che punta proprio a promuovere la differenziazione delle produzioni. L’eccezionale risultato è stato presentato a Piombino, nell’ambito del convegno organizzato da Arsia e Agroittica Toscana proprio per presentare le più recenti sperimentazioni e ricerche promosse dall’Agenzia regionale nel comparto.

La sperimentazione – Cinque mesi di vita possono forse sembrare pochi, ma si tratta – in realtà – di un vero e proprio successo mondiale, mai raggiunto altrove prima d’ora. Fino al raggiungimento di questo risultato infatti i giovanili di polpo in cattività non hanno mai superato i 60 giorni di vita. "Un risultato, frutto di 3 anni di ricerche, che apre concrete possibilità di allevamento di questa specie negli impianti di acquacoltura – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia -, una vera opportunità per tutto il comparto che conferma quanto ricerca e innovazione rappresentino elementi fondamentali e strategici per lo sviluppo, la differenziazione delle produzioni e la competitività anche in questo settore, sempre in un’ottica di sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare".

I risultati della ricerca – "Fra gli aspetti positivi della ricerca svolta sul polpo – ha spiegato Francesco Lenzi, di Maricoltura Rosignano Solvay – la sua grande adattabilità alla cattività e gli elevati indici di accrescimento, con alta sopravvivenza delle paralarve oltre i 35-40 giorni che hanno permesso poi l’eccezionale risultato di arrivare per alcuni esemplari ai cinque mesi: tutti aspetti importanti in un’ottica di produzione finalizzata al mercato. Tra gli aspetti critici rimane ancora la messa a punto della parte nutrizionale che rappresenta uno degli elementi che hanno ancora bisogno di approfondimento in future ricerche". L’acquacoltura toscana dunque, è viva e va sempre più in una direzione che punta alla differenziazione delle produzioni, all’ammodernamento delle strutture, al ricambio generazionale nelle aziende e, non a caso, Aldo Manetti, presidente della II Commissione agricoltura del Consiglio regionale toscano, ha parlato del comparto come di una “eccellenza” sia in termini di apertura alla ricerca e alla sperimentazione che in quelli di sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare.

L’acquacoltura toscana – Quaranta impianti di acquacoltura, di cui 25 di acqua dolce, con una produzione annua di 4000 tonnellate di pesce, con il 68% proveniente da allevamento di specie marine. Sono questi alcuni numeri che danno la misura del comparto in Toscana, settore in crescita grazie anche alla possibilità di introdurre nuove specie – come è stato spiegato durante i lavori – quali, ad esempio, molluschi e ostriche, e incrementare le produzioni marine offshore con l’obiettivo di prospettare anche la riconversione di parte degli operatori toscani.

Anna Savelli

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