Servitù di passaggio,i casi in cui la plusvalenza è tassabile

Maggiore chiarezza in tema di servitù di passaggio. L’Agenzia delle Entrate si è recentemente pronunciata chiarendo definitivamente un caso controverso e non proprio infrequente.

Il pronunciamento – Con la risoluzione n. 379 del 10 ottobre, l’Agenzia è stata chiamata ad esprimere il suo parere circa l’assoggettabilità o meno ad imposta sui redditi in un caso di costituzione di servitù di passaggio volontaria a favore di un Ente pubblico. Per la servitù il proprietario del fondo servente percepisce un corrispettivo erogato in rate annuali. L’Agenzia delle Entrate considera la costituzione della servitù di passaggio un diritto reale la cui cessione è assimilabile alla cessione del terreno rilevante ai fini dell’imponibilità reddituale.

La plusvalenza – Per il calcolo della plusvalenza, l’Agenzia suggerisce di adottare un criterio di tipo proporzionale fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale del terreno limitatamente alla parte corrispondente alla costituzione della servitù ed il corrispettivo percepito per la cessione del diritto. La percentuale ricavata deve essere applicata al prezzo di acquisto del terreno. Dalla differenza tra il corrispettivo percepito ed il valore ottenuto dalla sopra riportata formula si ottiene la plusvalenza da assoggettare ad imposizione fiscale. La plusvalenza così calcolata dovrà essere ricondotta nella dichiarazione dei redditi dell’anno in cui viene percepito il relativo corrispettivo. In caso di pagamento rateale, proporzionalmente all’importo percepito nell’anno. La cessione in commento, quindi, diventa rilevante fiscalmente solo nell’ipotesi in cui il terreno sul quale è costituita la servitù sia stato acquistato da meno di 5 anni, oppure, a prescindere dalla data di acquisto, nell’ipotesi che lo stesso sia divenuto edificabile. In tutti gli altri casi non è rilevante ai fini delle imposte sui redditi.

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