Mercato legno, il bosco c’è ma l’Italia lo importa per il 90%. Il rilancio passa dalla certificazione

Negli ultimi cinquant’anni il prezzo medio del legno da opera è diminuito dell’81 per cento, mentre nello stesso arco di tempo, in proporzione, è aumentato il costo del lavoro. Un metro cubo di legno oggi vale 90 euro. Cinquant’anni fa valeva 162 euro attualizzati. A fronte di un comparto legno arredo che oggi vale in termini di produzione 40miliardi di euro – 78mila aziende per 420mila addetti – , la filiera del legno è al terzo posto come export manifatturiero italiano ma la terza voce di deficit come import dopo il petrolio e la carne. 10,8 milioni sono, invece, gli ettari di superficie boschiva ma, in sostanza, si continua ad importare per il 90% molto legno da estero (Europa per le conifere e altri continenti per le latifoglie pregiate) e ad esportarlo trasformato. E’ quanto emerso dal convegno "Gestione forestale, buone pratiche e valorizzazione dei prodotti legnosi quali strumenti per rilanciare l’economia montana" organizzato dal Conaf, Consiglio nazionale dell’ordine dei dottori agronomi e dottori forestali e dalla federazione Friuli Venezia Giulia a Tarvisio (UD).

Italia virtuosa – Ma se il quadro generale è preoccupante e impone scelte e programmazione immediate c’è un’Italia virtuosa ed è quella della certificazione della catena legnosa. Con 790mila ettari di superficie boschiva (circa il 9% del totale) e 1800 aziende certificate Pefc e Fsc – i due sistemi riconosciuti a livello mondiale – l’Italia si colloca al sedicesimo posto tra le nazioni con maggiore superficie certificata e quarta al mondo come numero di aziende. Il Trentino Alto Adige con 600mila ettari è la prima regione d’Italia per bosco e aziende certificate, seguito dal Friuli Venezia Giulia con 81mila ettari e dal Veneto 68mila ettari. "A fronte di una grave crisi che sta attraversando il comparto – spiega Andrea Sisti presidente Conaf – il valore dell’ecosistema bosco e dei suoi prodotti aumenta grazie anche al lavoro di professionisti qualificati come i dottori forestali che assistono le aziende e le istituzioni nel processo di valorizzazione e corretta gestione del patrimonio boschivo italiano. Con una sempre maggiore conoscenza e diffusione di sistemi di certificazione universalmente riconosciuti sarà possibile elevare il livello di sostenibilità e di qualità dei processi gestionali e produttivi dei nostri boschi restituendogli quel valore economico che meritano". "Il confronto transnazionale su questi temi nelle aree alpine – hanno detto i consiglieri Conaf Graziano Martello e Mattia Busti – è necessario per identificare le più moderne ed efficaci pratiche forestali in grado di riportare valore alle aziende che creano economia". Come ha, infatti, illustrato il professor Davide Pettenella dell’Università di Padova, dai 420milioni di euro di valore della produzione legnosa del 1980 pari all’1% del settore primario (41miliardi di euro) si è passati ai 389milioni del 1990 lo 0,93% del settore primario (42miliardi di euro) ai 480milioni del 2000 l’1,01% del settore primario (47miliardi di euro) per arrivare ai 396milioni del 2010, lo 0,87% a fronte di un settore primario del valore di 45miliardi di euro.

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