‘Vendete meglio il vino’: il consiglio dei buyers stranieri al Vinitaly

Vinitaly è stato soprattutto accordi commerciali, nello stand del Veneto (Padiglione 4, settori D4 E4), dove si sono fatti affari e contratti fra una trentina di buyer stranieri e le imprese venete che hanno voluto confrontarsi direttamente, a tu per tu, con questa forma di commercializzazione programmata. Buoni gli affari ma ottimi anche i consigli emersi dal confronto, che sicuramente contribuiranno a migliorare ulteriormente il posizionamento mercantile dei vini veneti, i più esportati d’Italia, per un valore di un miliardo 144 milioni e mezzo, dati 2012.

Export – Perché questi incontri B2B sono stati anche l’occasione per approfondire le tendenze in atto nei mercati d’origine dei buyer e per ricevere da loro consigli sulle migliori tecniche per le aziende italiane per penetrare questi mercati. Stiamo parlando soprattutto di quelli più recenti ma anche promettenti: Estremo Oriente, Singapore e Corea in particolare, dove non a caso i viticoltori veneti stanno cercando di farsi spazio. L’Amarone è il vino veneto più conosciuto, dalla Corea al Brasile, e tutti i buyer hanno evidenziato la preferenza dei loro consumatori per i vini rossi, che sono quelli per tradizione più conosciuti. A seguire però si sta facendo largo vigorosamente il Prosecco, che è anche tra i vini a maggiore crescita e apprezzamento. Più in generale i paesi asiatici, tradizionalmente amanti e consumato dei rossi, stanno scoprendo i vini spumanti, partendo da quelli più dolci. Negli Stati Uniti la passione per il Prosecco sta conquistando sempre più posizioni in un pubblico trasversale e la stessa parola “Prosecco” è ufficialmente entrata nel vocabolario di quel Paese. Diverso il caso di Paesi come la Svezia, che già conoscono bene i nostri vini e che nell’ultimo periodo dimostrano un rinnovato apprezzamento per i vini passiti.

Consigli utili – Gli operatori stranieri hanno fornito non pochi consigli, anche sugli elementi da migliorare per continuare a crescere nei loro mercati. Tra i primi c’è quello dei prezzi, che ad esempio in Russia risultano  troppo alti e tali da scoraggiare i consumi: una bottiglia di Amarone al supermercato può costare 100 euro. I consumatori russi cercano vini ad un prezzo più modesto, ed in particolare sono estremamente attratti  dai prodotti più “fashion”, con un marchio forte, che percepiscono come di maggiore qualità. Uno degli elementi su cui puntare, talvolta trascurato, è quello delle etichette, che spesso non sono facilmente comprensibili. Non basta tradurre le informazioni italiane nella lingua del  paese di destinazione, bisogna anche sapere quali informazioni desidera avere quel tipo di consumatore. Vale anche per il nome, che in Italia spesso ha un significato ma all’estero no: è un problema segnalato anche dagli operatori statunitensi, dove, pur abituati ai nomi italiani, faticano spesso a pronunciare e quindi a ricordare i nostri marchi.

Più marketing – In generale gli operatori stranieri hanno suggerito di potenziare gli strumenti di marketing e le operazioni di promozione sui mercati per formare i consumatori locali, anche grazie all’assistenza di enti e istituzioni in grado di agevolare le aziende. Un elemento in più potrebbe venire dal supporto delle ambasciate: ad esempio in paesi ad alta tassazione come la Thailandia, le ambasciate francese e australiana che sono particolarmente  attive e collaborative e lo stesso dovrebbero fare quelle italiane. Ma anche Paesi come la Svezia, dove la vendita di vino è monopolio di Stato, richiedono complesse procedure per entrare nel mercato e solo con l’aiuto delle istituzioni è possibile operare al meglio. E’ stato infine corale il suggerimento di una  maggiore collaborazione con i ristoranti italiani nel mondo, purché siano davvero ristoranti italiani: “come è possibile che un ristorante italiano in Malesia venda come “vino della casa” un vino cileno?”

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