Denominazione Teran può essere menzionata sull’etichetta dei vini croati. Sentenza Tribunale UE respinge ricorso Slovenia

Con la sentenza Slovenia/Commissione (T‑626/17), pronunciata il 9 settembre 2020, il Tribunale dell’Unione europea ha respinto il ricorso della Slovenia diretto all’annullamento del regolamento delegato (UE) 2017/1353 (in prosieguo: il «regolamento impugnato»), in forza del quale la denominazione «Teran» può essere menzionata, a rigorose condizioni, come varietà di uve da vino sull’etichetta dei vini prodotti in Croazia.

Il ricorso verteva sulla denominazione vinicola «Teran», utilizzata sia in Slovenia sia in Croazia. Sin dall’adesione della Slovenia all’Unione europea, tale nome poteva figurare sull’etichettatura di determinati vini sloveni. Si trattava, in un primo tempo, di una menzione tradizionale complementare associata al vino di Kras in quanto «vino di qualità prodotto in regioni determinate». Successivamente, la denominazione è stata riconosciuta come denominazione di origine protetta (DOP).

Poiché il nome della varietà di uve da vino «Teran» è utilizzato anche in Croazia, quest’ultima, prima della sua adesione all’Unione, aveva espresso le proprie preoccupazioni in merito alla possibilità di continuare a utilizzare tale nome per l’etichettatura dei propri vini dopo la sua adesione, per via della protezione già concessa alla denominazione slovena. Dopo tale adesione, la Commissione europea ha dunque tentato, invano, di trovare una soluzione negoziata tra la Croazia e la Slovenia. Infine, quasi quattro anni dopo l’adesione della Croazia all’Unione, la Commissione si è avvalsa del potere conferitole per adottare una deroga in materia di etichettatura al fine di consentire alle DOP e alle pratiche esistenti in materia di etichettatura di coesistere pacificamente dal momento in cui una DOP è registrata o applicabile. Essa ha quindi adottato il regolamento impugnato al fine di includere il nome «Teran» nell’elenco di cui all’allegato XV del regolamento n. 607/2009[3], contenente l’elenco delle varietà di uve da vino che contengono o sono costituite da una DOP o da un’indicazione geografica protetta che potevano, a titolo di deroga, figurare sull’etichetta dei vini. La Commissione ha adottato il regolamento impugnato con effetto retroattivo alla data di adesione della Croazia all’Unione, avvenuta il 1° luglio 2013. Dal regolamento impugnato risulta inoltre che la denominazione «Teran» può essere menzionata come varietà di uve da vino sull’etichetta dei vini prodotti in Croazia, ma unicamente per la denominazione di origine «Hrvatska Istra», e a condizione che «Hrvatska Istra» e «Teran» appaiano nello stesso campo visivo e che il nome «Teran» figuri con un carattere di dimensioni inferiori a quelle utilizzate per «Hrvatska Istra». In forza dell’articolo 2 del regolamento impugnato, i vini croati muniti della DOP croata «Hrvatska Istra» prodotti prima dell’entrata in vigore del regolamento impugnato possono continuare a essere venduti fino a esaurimento delle scorte.

A sostegno del ricorso, la Slovenia ha dedotto, in particolare, in relazione all’effetto retroattivo del regolamento impugnato, motivi vertenti sulla violazione dell’articolo 100, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1308/2013, il quale costituisce la base giuridica del regolamento impugnato, e sulla violazione dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

Da un lato, relativamente alla base giuridica del regolamento impugnato, il Tribunale ha constatato che la Commissione aveva in effetti applicato retroattivamente l’articolo 100, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1308/2013, il che non era previsto dal legislatore. Nondimeno, occorreva verificare se tale applicazione retroattiva determinasse un vizio sostanziale del regolamento impugnato. A tale riguardo, il Tribunale ha concluso che la Commissione non si era avvalsa di un nuovo potere per quanto riguarda il periodo compreso tra il 1° luglio 2013 e il 1° gennaio 2014. Tale articolo 100, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1308/2013 si inserisce infatti nella diretta continuità di una disposizione simile del regolamento n. 1234/2007, che era in vigore ed era applicabile alla data di adesione della Croazia all’Unione.

Il Tribunale ha poi ricordato che la disposizione che costituisce la base giuridica di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto in questione deve essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo. Pertanto, la sola base giuridica sulla quale la Commissione poteva fondarsi per adottare il regolamento impugnato era l’articolo 100, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1308/2013. Inoltre, le disposizioni in questione dei regolamenti n. 1234/2007 e n. 1308/2013 non prevedevano alcuna limitazione temporale all’azione della Commissione. Il Tribunale, dopo aver constatato che la Commissione non poteva adottare il regolamento impugnato prima dell’adesione della Croazia all’Unione, in quanto essa non aveva alcuna competenza territoriale prima di tale data, ne ha concluso che la Commissione aveva agito conformemente all’impianto sistematico e al tenore letterale delle disposizioni in questione.

D’altro lato, per quanto riguarda l’argomento secondo il quale la Commissione avrebbe violato i principi della certezza del diritto, del rispetto dei diritti acquisiti e della tutela del legittimo affidamento conferendo un effetto retroattivo al regolamento impugnato, il Tribunale ha ricordato che il principio della certezza del diritto osta a che sia conferito un effetto retroattivo agli atti dell’Unione, salvo il caso in cui lo scopo perseguito dall’atto impugnato esiga che gli venga conferito un effetto retroattivo e il legittimo affidamento degli interessati sia stato debitamente rispettato.

In primo luogo, quanto all’obiettivo perseguito dal regolamento impugnato, il Tribunale ha constatato che esso mirava a proteggere le pratiche giuridiche di etichettatura esistenti in Croazia al 30 giugno 2013 e a risolvere il conflitto tra tali pratiche e la protezione della DOP slovena «Teran». Esso perseguiva dunque un obiettivo di interesse generale che imponeva di conferirgli un effetto retroattivo. La Commissione non poteva infatti adottare il regolamento impugnato prima della data di adesione della Croazia all’Unione e doveva riferirsi al momento di tale adesione per valutare l’esistenza di particolari pratiche di etichettatura. Inoltre, essa aveva potuto legittimamente tentare di cercare una soluzione negoziata tra i due Stati, tenuto conto della sensibilità della questione. Infine, il Tribunale ha sottolineato che un effetto retroattivo siffatto si imponeva per via della necessaria continuità delle pratiche giuridiche in materia di etichettatura.

In secondo luogo, il Tribunale ha verificato se la Commissione avesse fatto sorgere nei produttori di vini sloveni aspettative fondate, secondo le quali alla Croazia non sarebbe stata concessa alcuna deroga con effetto retroattivo per quanto riguarda la menzione del nome «Teran» sull’etichetta dei vini prodotti sul suo territorio. Dopo un’analisi delle circostanze della fattispecie,

esso ha constatato che non si può concludere che la Commissione abbia fornito assicurazioni precise, incondizionate e concordanti. Ha ricordato che il conferimento di un effetto retroattivo al regolamento impugnato si imponeva alla luce delle circostanze del caso di specie. Secondo il Tribunale, la Slovenia non aveva dimostrato che la portata e le modalità dell’effetto retroattivo del regolamento impugnato avessero pregiudicato il legittimo affidamento dei produttori di vini sloveni.

IMPORTANTE: Contro la decisione del Tribunale, entro due mesi e dieci giorni a decorrere dalla data della sua notifica, può essere proposta dinanzi alla Corte un’impugnazione, limitata alle questioni di diritto.

IMPORTANTE: Il ricorso di annullamento mira a far annullare atti delle istituzioni dell’Unione contrari al diritto dell’Unione. A determinate condizioni, gli Stati membri, le istituzioni europee e i privati possono investire la Corte di giustizia o il Tribunale di un ricorso di annullamento. Se il ricorso è fondato, l’atto viene annullato. L’istituzione interessata deve rimediare all’eventuale lacuna giuridica creata dall’annullamento dell’atto.

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