Agricoltura ad alta specializzazione. Consulenti e comunicatori: le nuove tecnologie vogliono nuove figure professionali

BOLOGNA – Oggi oltre il 90% delle macchine sono connesse a sistemi di manutenzione e supporto da remoto. Una evoluzione che richiede nuove mansioni ad alta specializzazione. Si va dallo specialista del connected support al consulente in integrated solutions.

Per arrivare al technical communicator, che ha accesso diretto a tutto il flusso delle informazioni che provengono dal processo produttivo.

Il punto su come le tecnologie stanno cambiando il mondo del lavoro anche nella filiera agricola è stato fatto oggi a EIMA, salone internazionale delle macchine agricole, in corso a BolognaFiere, durante un incontro promosso dalla rivista Trattori, dal titolo “Le nuove competenze scendono in campo”.

Le tecnologie innovative richiedono lo sviluppo di nuove competenze e di un modo nuovo di fare agricoltura lungo tutta la filiera, dai campi alla trasformazione del prodotto. Un cambiamento che chiama in causa i coltivatori ma anche i costruttori di macchine agricole, che sono spesso gioielli di innovazione ma quasi sempre non vengono utilizzati al massimo delle loro potenzialità. “Per questo le specializzazioni professionali sono fondamentali”, spiega Giovanni Lorenzi, Harvesting customer support specialist di John Deere, il gruppo statunitense che è tra i maggiori produttori mondiali di trattori.

In tutti i casi si tratta di tecnici in grado di far funzionare una macchina al 100% delle proprie funzionalità. Già oggi in Italia ci sono strutture deputate a sostenere la crescita delle nuove competenze richieste dalle imprese. Come la Fondazione Riccagioia 5.0 di Torrazza Coste, in provincia di Pavia, riferimento nazionale per l’innovazione dell’ecosistema agricolo, a cui si devono progetti di formazione professionale e di alternanza scuola-lavoro in collaborazione con gli istituti agrari. La strada da percorrere è però ancora “ad ostacoli”. Spesso, infatti, come è emerso dall’incontro, gli imprenditori agricoli non hanno la percezione dell’innovazione tecnologica come un facilitatore della produzione. E anche se le cose stanno progressivamente cambiando, questa convinzione la si riscontra soprattutto tra le piccole e medie imprese, che ricorrono alla tecnologia solo in funzione dei possibili vantaggi percepiti.

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