Lettera. Dalle chiacchiarate con Decio Scardaccione ai Patti agrari. Nel Dopoguerra uomini veri, e oggi?

Pubblichiamo una lettera giunta alla redazione dal nostro lettore Giuseppe Corrado, agricoltore di Nova Siri (Matera). 

NOVA SIRI (MT) – Circa 150 anni non sono pochi, ma tanto è durata l’affittanza dei fondi rustici a Nova Siri (Matera) che prima della fine dell’800 prese in fitto il mio bisnonno, dei quali nei giorni scorsi ho acquisito la proprietà, assistito dal primario studio notarile ‘’Carriero’’ di Matera e dal mio Avvocato Vincenzo Paolo Pavese del foro di Matera.

L’agricoltore Giuseppe Corrado

Si realizza in tal modo un sogno durato un secolo e mezzo. Il mio bisnonno di umili origini – era un bracciante agricolo – ebbe l’intuizione, di prendere in fitto questi ed altri terreni che, a partire dagli anni ‘’70’’ del secolo scorso, sono stati acquistati dal compianto mio padre e poi da me, grazie alle leggi sui patti agrari che si sono sviluppate dopo il 1960.

Queste norme hanno prima regolato l’affittanza in termini di durata minima contrattuale, prevedendo scadenze in linea con le necessità dell’impresa agraria. Prima di allora la durata era annuale o al massimo triennale, senza alcun diritto di riaffitto. Oggi, il termine e ben più lungo, con diritto al riaffitto; ma l’aspetto essenziale è stata che all’affittuario (coltivatore diretto e imprenditore agricolo professionale) è stato riconosciuto anche il diritto di prelazione in caso di vendita.

Tutto questo è merito del lavoro encomiabile di uomini del passato, che hanno ridato dignità ai lavoratori della terra, un ricordo va anche a mio nonno che ha combattuto anche con i mezzi della politica affinché questi diritti fossero riconosciuti per legge. Ricordo che egli ebbe un fitto colloquio con il compianto Sen. Decio Scardaccione, sia quando era professore universitario a Bari, che da direttore dell’Ente di sviluppo di Puglia, Molise Basilicata e, successivamente da Senatore della Repubblica.

La politica dal dopoguerra in poi era fatta di uomini veri come il compianto ministro Giovanni Marcora ed il lucano Scardaccione. Deve essere dato merito a loro se oggi raccogliamo i frutti del lavoro svolto in silenzio, ma con lungimiranza.

Mi preme raccontare un episodio che ha coinvolto mio nonno ed il Sen. Scardaccione, che era solito venire in azienda con il calesse dalla stazione non essendoci strade, ma delle meno agevoli mulattiere che collegavano l’azienda con il centro abitato. Durante un incontro il nonno, a proposito di patti agrari, di cui si parlava sin dalla riforma agraria del 1950, disse al Senatore che se ritenesse giusto commutare un’affittanza di fondi rustici continuativa di circa 100 anni in proprietà. Il Senatore Scardaccione guardando il nonno gli disse: “avete idee socialiste’’, ma da quella chiacchierata scaturirono poi le leggi sui patti agrari che non erano un esproprio.

La prelazione ha funzionato da calmiere in caso che il proprietario dei fondi si fosse deciso a vendere, e la durata minima di affittanza di 15 anni ha dato certezze al conduttore.

Il valore dell’immobile lo determinava il locale Ispettorato provinciale dell’agricoltura e, le banche a loro volta, a richiesta, concedevano il mutuo per l’acquisto.

Ritengo che questi sono esempi di buona politica agraria di allora, accompagnata da fattive collaborazioni dei sindacati agricoli.

Oggi viviamo paradossalmente l’opposto: siamo proprietari formali, in quanto la commercializzazione dei prodotti è in mano in via quasi esclusiva alla GDO, oltre che ai titolari di brevetti varietali, i quali non si limitano a richiedere la ‘’sola‘’ royalty, ma impongono anche la commercializzazione.

Dobbiamo aspettare un altro secolo e mezzo come per le leggi sui patti agrari, per vedere le sindacali agricole combattive come nel dopoguerra?

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