Ucraina. Cai, grano tenero in leggero rialzo (+2%) dopo settimane di perdita. Il mais resta stabile

ROMA – Si ferma, almeno momentaneamente, la corsa al rialzo del prezzo del mais, mentre registrano piccole oscillazioni verso l’alto sia il grano tenero (+1,5%) sia il grano duro (+2%), che per la prima volta dopo settimane di stabilità inizia a salire. Lo comunica CAI – Consorzi Agrari d’Italia, in base alla rilevazione settimanale della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento in Italia per le contrattazioni fisiche dei prodotti agricoli. A determinare questo scenario, in un mercato che resta comunque molto instabile, lo sblocco dell’export dall’Ungheria almeno per i contratti già in essere, che allontana il rischio scorte zero per il nostro Paese.

Diverso, sottolinea Cai, il discorso per il lieve rincaro del grano duro, che passa da 515 a 525 euro a tonnellata (+10 euro), le cui quotazioni sono strettamente collegate alla scarsa disponibilità di prodotto per le minori produzioni dei Paesi che guidano il mercato, Canada in primis. Il costo del grano tenero sale, rispetto alla scorsa settimana, di 6 euro a tonnellata, attestandosi tra 408 e 417 euro a tonnellata, con punte di 440 per i cereali più proteici. Il mais, invece, resta stabile a 405 euro a tonnellata, così come l’orzo fermo a 384 euro a tonnellata, mentre il sorgo sale a quota 385 euro a tonnellata (+1,8%) e la soia tocca quota 700 euro a tonnellata, in rialzo di 12 euro rispetto alla scorsa settimana (+1,8%).

Rispetto alle rilevazioni del 17 febbraio, ultima settimana prima dell’inizio della guerra, il grano tenero ha subito una impennata del 32,9%, il mais del 41%, sorgo e orzo del 39,8%, la soia del 11,3%. L’Italia importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44% di grano duro necessario per la pasta, il 47% di mais e il 73% della soia, questi ultimi due prodotti fondamentali soprattutto per l’alimentazione animale.

Alla luce di questa situazione CAI – Consorzi Agrari d’Italia, ricordando che il costo dei prodotti agricoli incide sul 10% massimo del prezzo del prodotto finale al consumatore, ribadisce come gli aumenti nel breve periodo di prodotti derivanti dal grano tenero, quali pane, farine e biscotti, sono dovuti principalmente al caro energia e ai rincari di trasporti, imballaggi, carburante.

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