IGP. Coppa di Parma: il 2021 è stato un anno col segno più per produzione e fatturato. Bene anche l’export

PARMA – Numeri in lieve aumento nel 2021 per la Coppa di Parma IGP: si conferma il trend positivo osservato già nel 2020. Crescono i volumi di produzione: secondo i dati forniti da ECEPA – Ente di Certificazione Prodotti Agro-Alimentari, nel 2021 i kg di carne suina lavorata sono stati 4,25 milioni (+1,2% rispetto al 2020). La produzione etichettata fa registrare un +2,7%, raggiungendo un volume di 1,85 milioni di kg. A parità di aziende associate al Consorzio di Tutela (21), cresce di una trentina di unità – per un totale di 550 persone – il numero di occupati, tra addetti diretti e lavoratori legati all’indotto. Il fatturato al consumo passa dai 68 milioni di euro del 2020 ai 70 milioni di euro del 2021: +2,9% in 12 mesi.

Con una quota pari al 70% del turnover del comparto, la grande distribuzione rimane il canale di commercializzazione principale. Cresce l’apprezzamento dei consumatori per le vaschette di Coppa di Parma IGP pre-affettata: l’incidenza, sul totale delle vendite in GDO, sale dal 25% al 30%. Nel 2021 sono stati 440.000 i kg di carne suina destinati al pre-affettato: +2,3% rispetto al 2020, una crescita in termini percentuali però inferiore a quella registrata tra 2019 e 2020, profondamente influenzata dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Passando al segmento ho.re.ca., che per il comparto della Coppa di Parma IGP è importante soprattutto in termini di reputazione e di valorizzazione del prodotto, il 2021 è stato un anno altalenante: i primi sei mesi sono stati difficili, per via delle chiusure o dell’operatività limitata imposta ai locali, mentre il secondo semestre ha fatto registrare una ripresa significativa.

Buone le notizie anche sul fronte export: dopo un 2020 complicato causa Covid-19, l’incidenza delle esportazioni sul turnover del comparto della Coppa di Parma IGP cresce, sfiorando l’8%. La principale area di destinazione è rappresentata dai Paesi di area UE, con una quota export del 55,6%: i più importanti partner commerciali stranieri sono Germania, Francia e Benelux. Ma è il Canada in assoluto il singolo maggior importatore di Coppa di Parma IGP, con una quota export del 38,6%. Il Regno Unito rappresenta una quota export del 2,1%.

Queste le parole di Fabrizio Aschieri, Presidente del Consorzio di Tutela della Coppa di Parma IGP: «La premessa doverosa è che anche il 2021, come il 2020, è stato un anno particolare, per via dell’emergenza sanitaria da Covid-19: però il comparto della Coppa di Parma IGP ha dimostrato di saper reagire al mutato contesto in modo efficace. Possiamo essere soddisfatti perché, sia a volume che a valore, abbiamo chiuso il 2021 facendo registrare performance positive. Alcuni trend che avevamo osservato già nel 2020 si sono consolidati: mi riferisco, in particolare, alla crescita del segmento del pre-affettato e alla contrazione delle vendite al banco taglio. La prima ha compensato la difficoltà della seconda».

Per quanto riguarda il 2022, secondo il Presidente Aschieri sarà importante dare ulteriore impulso all’export: «Sono convinto che i margini di crescita saranno significativi. In particolare, come confermano i dati relativi al Canada, il mercato nordamericano ha enormi potenzialità: per tutto il comparto sarebbe fondamentale ottenere il via libera alla commercializzazione della Coppa di Parma IGP negli Stati Uniti. Insieme con il Mipaaf, stiamo portando avanti un’attività di suasion, che speriamo possa presto dare i propri frutti».

Il 2022 segnerà anche un rilancio dell’attività di promozione, con il ritorno del Consorzio di Tutela della Coppa di Parma IGP a eventi e fiere internazionali: tra i principali appuntamenti in calendario, Vinitaly, al fianco di Enoteca Regionale Emilia-Romagna, e Cibus. In un’ottica di breve/medio periodo, le criticità maggiori sono quelle legate all’incremento in doppia cifra dei costi di filiera per i produttori: dall’energia elettrica al trasporto su gomma, dalla plastica agli imballaggi di cartone. Questi fattori – che colpiscono la totalità dell’agroalimentare italiano – rischiano di penalizzare la redditività del comparto. Un altro dossier sensibile è rappresentato dal costo della materia prima: la crescente domanda cinese di carni suine, infatti, sta determinando rincari significativi.

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