Servono più risorse per Mezzogiorno e agroalimentare. Stefàno commenta il Def

DARIO STEFANO

«E’ arrivato il momento di abbandonare l’approccio esclusivamente incentrato su spending review e rigore nei conti. Se vogliamo rilanciare davvero il Paese e renderlo competitivo, dobbiamo liberare gli investimenti pubblici, soprattutto per infrastrutturare il Sud e per accompagnare concretamente quei settori che possono contribuire a creare nuova occupazione, come per esempio l’agroalimentare, nell’ottica di uno sviluppo che sia sostenibile anche dal punto di vista ambientale». E’ il commento del senatore Dario Stefàno (misto), capogruppo in Commissione Agricoltura e Presidente del Movimento La Puglia in Più, al Documento di Economia e Finanza attualmente all’esame del Parlamento.

11/01/2013 Roma Sel, Sinistra Ecologia e Libertà presenta la campagna di comunicazione per le elezioni politiche 2013. Nella foto Dario Stefano
11/01/2013 Roma Sel, Sinistra Ecologia e Libertà presenta la campagna di comunicazione per le elezioni politiche 2013. Nella foto Dario Stefano

Sogni «Il Def non deve restare un libro dei sogni nè deve essere una mera fotografia delle entrate e delle spese dello Stato ma deve rappresentare il primo punto di caduta – continua Stefàno – degli impegni assunti dal governo Gentiloni che ha, pubblicamente e a più riprese, asserito di voler rimettere il Mezzogiorno al centro della sua programmazione. Ma come facciamo a recuperare il gap se nel Cipe abbiamo già visto, ad esempio, che il costo delle opere non prioritarie localizzate al centro-nord è pari al 72% e al Sud è solo il 27%? Come facciamo a rimettere in moto l’economia se non invertiamo la rotta sugli investimenti pubblici che negli ultimi anni sono crollati del 18,1% e solo nell’ultimo anno di un preoccupante 4,5%? Nel documento che ispirerà la legge di bilancio, il governo è chiamato a una operazione di riequilibrio degli investimenti per correggere una tendenza pruriginosa: oggi la spesa della PA centrale, da sempre più parassitaria, registra un aumento del 9,5% mentre quella per le amministrazioni periferiche, più vicine, nei fatti, ai bisogni dei cittadini, si è sgonfiata di quasi il 14%. Dobbiamo garantire più autonomia agli enti locali ma la strada non è certo quella di sottrarre risorse ai loro bilanci».

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