Pac cassa integrazione degli agricoltori. Lo sfogo: «Rinunciamo alle risorse europee in cambio di prezzi remunerativi per i nostri prodotti»

L’agricoltore Giuseppe Corrado

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un nostro lettore, Giuseppe Corrado, agricoltore di Nova Siri (Mt)

Ormai abbiamo passato i sessant’anni di Unione Europea (Roma 1957) e con essa da lì a poco tempo l’istituzione del sostegno della Politica agricola comune. All’inizio la Pac aveva come interesse centrale quello di tutelare da un lato i consumatori facendo pagare meno le derrate alimentari e dall’altro lato ripagare gli agricoltori per i prezzi contenuti sul libero mercato.

In tal modo, i benefici agricoltori e consumatori, si può dire, siano andati di pari passo, almeno fino alla fine degli anni Ottanta. In tutti questi anni, le associazioni sindacali agricole hanno svolto un lavoro egregio, tra una dovuta rappresentanza ed una proficua interlocuzione con i governi nazionali perché rimpinguassero le casse della Ue. Dagli inizi anni Novanta un po’ in sordina, ma poi in modo sempre più evidente, la GDO ha preso il controllo dei mercati delle derrate alimentari ed oggi controlla il 90 per cento dei consumi. Questo fenomeno ha comportato conseguenze pesantissime per gli agricoltori, perché una volta consolidato il mercato saldamente nelle proprie mani hanno fatto i loro interessi, pagando meno in campagna (prezzi da strozzinaggio) rivendendo allo scaffale con un ricarico anche di 10 volte.

Nel contempo, c’è stata la crisi di rappresentanza dei sindacati agricoli. Questi hanno smarrito il loro ruolo di pungolo verso la politica e non si sono resi conto o facendo finta di non rendersi conto, che la Pac di oggi non è altro la cassa integrazione per gli agricoltori.

Invece di battersi contro un manipolo di catene di supermercati che impone i prezzi di acquisto e di vendita vessando agricoltori e consumatori (esattamente l’opposto di quello che i padri costituenti vollero 60 anni orsono), le organizzazioni sindacali perdono tempo e fiato a far convegni in tutta Italia (autocelebrandosi sui social e non solo) per la Pac come la vorremmo. Salvo poi – come sempre – la Ue ci proporrà e si accetterà il pane che passa il convento. Vorrei dire agli attori sindacali che sarebbe più giusto battersi per avere prezzi in campagna adeguati e quindi prodotti agricoli pagati per il giusto valore, tale da remunerare i sacrifici di quasi un milione di aziende agricole Italiane. Lancio una provocazione: rinunciamo alla Pac, ma in cambio esigiamo prezzi remunerativi per i nostri prodotti.

Occorrerebbe un’azione sindacale coraggiosa di denuncia, sfidando la politica a prendere le opportune e conseguenti responsabilità. I Sindacati dovrebbero battersi contro per la globalizzazione selvaggia che è la vera vitamina della GDO, la quale compra all’estero pagando ancora meno del meno che viene corrisposto a noi agricoltori del continente. Ovviamente, la Pac sarebbe da togliere definitivamente solo quando ci sarà una riforma agraria di respiro europeo e di conseguenza nazionale tale da ridare dignità al mondo agricolo: non vorrei ancora agricoltori al ‘guinzaglio’ ma agricoltori liberi. La scommessa sta tutta lì.

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