Toscana, negli ultimi venti anni pastorizia crollata del 56% dei capi. Rilancio Cia: più valore al prodotto, OCM di settore ed innovazione

Un milione di capi di ovini in Toscana di cui 500mila in provincia di Grosseto nel 1999. Venti anni dopo (2019) la Toscana conta circa 440mila capi e nel grossetano si arriva a 180mila capi. Un crollo verticale (-56% a livello regionale) che significa aziende agricole ed allevamenti che non ci sono più, che spariscono anno dopo anno. E’ questa la drammatica fotografia scattata oggi a Grosseto da Cia Agricoltori Italiani Toscana e Cia Grosseto, in occasione dell’assemblea regionale dei pastori, di fronte ad allevatori da tutta la Toscana (Grosseto, Siena e Pisa in particolare le province con più allevamenti, per una Toscana rappresenta il 6% della pastorizia nazionale) ed istituzioni, con la presenza dell’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi.

La riduzione e la forte volatilità del prezzo del latte alla stalla è una delle principali criticità degli allevatori che va affrontata e superata attraverso una serie di interventi che distribuiscano in maniera equilibrata e sostenibile il valore o marginalità. In primo luogo la debolezza dei produttori all’interno della filiera.  La scarsa propensione a ragionane in ottica di comparto, va a discapito del potere contrattuale, lasciando a pochi soggetti che governano il mercato, la possibilità di stabilire le regole commerciali; se aggiungiamo che gli oneri di produzione in capo agli allevatori sono in costante aumento, risulta quanto mai necessaria un’azione che miri a ristabilire i rapporti all’interno della filiera stessa.

Le azioni da intraprendere – secondo Cia Toscana – per il rafforzamento e la crescita dovranno passare obbligatoriamente dalle risposte specifiche alle singole criticità, solo così sarà possibile avere un’azione complessiva e di sistema. Tutte le parti in gioco dovranno eseguire al meglio il loro compito, a partire dall’Associazione allevatori, che dovrà tornare a svolgere con efficienza il proprio ruolo principale rispetto alla tutela della qualità ed alla ricerca.

«Far crescere il reddito derivante dall’allevamento – ha sottolineato Luca Brunelli, presidente Cia Agricoltori Italiani Toscana – deve rappresentare l’impegno primario e l’obiettivo con un rilancio che dovrà passare da specifiche azioni mirate alla risoluzione dei problemi contingenti, ma anche da una strategia che possa garantire una prospettiva concreta di sviluppo per il settore. Altra tematica riguarda la necessità di intervenire sugli aspetti commerciali, oggi le difficoltà maggiori sono legate alla valorizzazione del prodotto, in particolar modo DOP e IGP, ed alla collocazione su nuovi mercati sia nazionali che esteri, oltre che al rafforzamento in quelli esistenti».

«Un settore che è da tempo alle prese con una crisi strutturale – ha spiegato il presidente di Cia Agricoltori Italiani di Grosseto Claudio Capecchi –  che si concretizza con la mancanza di reddito per le nostre aziende; fra le cause la non adeguata valorizzazione dei prodotti sia della carne sia del formaggio. Ci sono difficoltà nel far conoscere i prodotti sui mercati internazionali: servono ricerca ed innovazione e fare investimenti in questa direzione. Senza dimenticare l’emergenza dei predatori perché se non riusciamo a risolvere questo problema annoso, rischiamo di vanificare qualunque tipo di strategia che possiamo mettere in atto».

«Difficoltà ad avere una giusta remunerazione per un lavoro faticoso ed ruolo fondamentale come quello del pastore – ha detto Mauro Di Zio, vicepresidente Cia Agricoltori Italiani –  come ultimo baluardo di permanenza nelle aree interne, e contribuisce a mantenere quel paesaggio, difendendolo agli incendi e dai dissesti idrogeologici. Le aree interne grazie alla pastorizia hanno la possibilità di avere una presenza sul territorio, altrimenti avremmo delle conseguenze molto gravi per tutti. Settore che ha grandi potenzialità se però riesce a far emergere la distintività delle proprie produzioni. Servono iniziative da mettere in campo per la promozione e nuove strutture per un settore che ha bisogno di essere innovato». Inoltre una considerazione sui recenti dazi Usa: «Dazi e conflitti a livello internazionali portano a conseguenze nefaste anche sul nostro territorio –ha aggiunto Di Zio -, bisogna proseguire sugli accordi bilaterali fra Europa e resto del mondo perché è l’unica strada per favorire opportunità per l’agroalimentare italiano e favorire nuovi mercati».

Le proposte della Cia Toscana: Riaffermare il ruolo strategico della ricerca, anche attraverso il rilancio del centro genetico di Asciano; Sostenere il processo verso la destagionalizzazione della produzione; Rivedere il piano di gestione del lupo per il contenimento del numero dei capi, riconoscere gli i giusti indennizzi sia per il danno che per lo smaltimento delle carcasse, incentivare le attività a difesa degli animali; Avviare una strategia di comunicazione condivisa sul problema della predazione e dei selvatici in genere; Rafforzamento del premio accoppiato previsto dalla PAC e OCM specifica per il settore; Consolidamento dell’attività svolta con il PSR sia in termini di investimenti, di ricambio generazionale, di difesa della biodiversità e avvio delle misure specifiche per i servizi di consulenza e sul benessere animale; Rafforzamento della filiera toscana attraverso la definizione di accordi con le parti interessate e riconoscimento del valore del comparto produttivo; Ricerca di nuovi mercati attraverso iniziative di promozione e di informazione – valorizzazione della filiera corta; Rafforzamento del ruolo dei consorzi in ottica di mercato e di governance; Razionalizzazione degli adempimenti burocratici, in particolar modo quelli igienico sanitari riferiti alle piccole aziende Infine la costituzione di un tavolo di filiera nazionale per il settore latte ovino.

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