Nel 50esimo compleanno del K2, Antonio Ciaschi ci porta alla scoperta della montagna italiana

Era il 31 luglio del ’54 quando due italiani, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, guidati da Ardito Desio, salirono per la prima volta sulla vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo. Una grande impresa italiana che nel 2004 sarà ricordata e celebrata con una serie di iniziative promosse, tra gli altri, dal CAI e dagli Scoiattoli di Cortina con il progetto alpinistico e scientifico K2 2004 – 50 anni dopo, che avrà come capo onorario il ministro per le Politiche agricole e forestali Gianni Alemanno. In occasione dell’evento, e della tradizione alpinistica tricolore, andiamo invece a conoscere meglio la montagna italiana, con il Direttore Generale dell’Istituto Nazionale della Montagna (IMONT), Antonio Ciaschi.

Perché un Istituto Nazionale della Montagna?

In Italia, fino a pochi anni fa, mancava un ente pubblico totalmente dedicato alla ricerca su e per la montagna. Soprattutto, mancava una struttura che intervenisse concretamente a favore delle genti e delle tradizioni di montagna, per migliorarne la qualità della vita e promuoverne il patrimonio culturale, storico e scientifico.
L’Istituto Nazionale della Montagna (in sigla IMONT), come si chiama ora l’Istituto Nazionale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica sulla Montagna (INRM), ha colmato questo vuoto diventando punto di riferimento per tutti coloro che amano, studiano e vivono la montagna. Perché le montagne vanno studiate e protette: oltre a tutto, sono una fonte di acqua, energia e biodiversità fondamentale per l’uomo e per l’intero pianeta. Principio, questo, suggellato dalla Conferenza sulla Terra di Rio de Janeiro, svoltasi nel 1992, nella quale è stato affermato che "l’ambiente montano è essenziale per la sopravvivenza dell’ecosistema globale". E poi ribadito nel 2002, con l’Anno Internazionale delle Montagne, indetto dalle Nazioni Unite.

Facciamo brevemente un po’ di storia dell’Istituto

L’Istituto Nazionale della Montagna è un ente pubblico nazionale di ricerca non strumentale, posto sotto la vigilanza del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’ente è nato come Istituto Nazionale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica sulla Montagna (INRM), in base alla legge n. 266 del 7 agosto 1997: ha poi cominciato concretamente a operare nel 2000.
Dal 9 gennaio 2003 l’Istituto è in gestione commissariale, in seguito alle disposizioni legislative previste dall’art. 6-bis della legge n. 284 del 27 dicembre 2002 e del relativo decreto di attuazione (DM del 19 gennaio 2003). L’INRM, in base alla proposta di riordino del Commissario Straordinario (pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale" del 1 aprile 2004, serie generale n. 77), è stato ora trasformato in Istituto Nazionale della Montagna.

Quali sono i compiti dell’IMONT?

L’IMONT coordina, svolge e promuove attività di ricerca con obiettivi di eccellenza e di rilevanza strategica in ambito nazionale e internazionale, nel quadro della cooperazione e integrazione europea e della collaborazione con le università e altre istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private; cura la valorizzazione, lo sviluppo precompetitivo e il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca svolta. Completato l’iter di riordino, l’Istituto conserverà gli attuali compiti di ricerca e amplierà il proprio orizzonte ai problemi del vivere in montagna, in particolare quelli sociali ed economici. L’Istituto svolgerà anche attività di supporto scientifico e di servizio per l’individuazione delle linee di indirizzo per le politiche del territorio montano e per la consulenza tecnica dei governi nazionale, regionali e locali. Dunque, per l’IMONT si aprono nuove opportunità di sviluppo per il futuro, dal momento che l’Istituto sembra assumere una duplice configurazione: collegato alla comunità scientifica e direttamente interconnesso all’amministrazione centrale, a quelle regionali e locali. Accanto alla tradizionale attività di ricerca scientifica e tecnologica, alcune attività dell’Istituto potrebbero così essere orientate verso la definizione di una nuova struttura tecnica di supporto progettuale delle amministrazioni di governo ai vari livelli: un Istituto che proponga soluzioni e strumenti tecnici e di supporto dei decisori politici e che, attraverso un progetto unificante di coordinamento, coniughi le iniziative scientifiche con le esigenze del mondo reale, per la costruzione di un grande progetto culturale, economico e sociale per una montagna possibile.

In quali aree progettuali è maggiormente impegnato l’Istituto?

L’IMONT è impegnato in diversi progetti tesi alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico, culturale, scientifico e naturalistico della montagna italiana. È altresì impegnato in una serie di attività di ricerca finalizzate all’approfondimento di temi di grande interesse per lo sviluppo socio-economico e ambientale delle aree montane, con particolare riferimento agli strumenti attuativi di politiche per la sostenibilità ambientale e all’implementazione degli strumenti tecnologici e informatici per il superamento degli ostacoli allo sviluppo dei territori montani. Infatti, l’Istituto ritiene fondamentale l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in una strategia complessiva, che preveda una significativa integrazione e un coordinamento di tutti i progetti e le attività messi in campo, anche per contribuire, in cooperazione con altri soggetti, al superamento del divario tecnologico, al superamento degli ostacoli allo sviluppo dei territori montani, alla riduzione dello spopolamento e dell’isolamento attuale e per consentire la più ampia fruibilità delle informazioni e dei dati raccolti.

Come si esplica la presenza dell’IMONT sul territorio nazionale?

 Fin dal suo nascere, l’Istituto ha rafforzato la sua presenza sul territorio e si è attivato nello stabilire interazioni con tutti i soggetti detentori di competenze scientifiche e tecnologiche inerenti al territorio montano. Per questo ha anche stipulato una serie di convenzioni con enti di ricerca, università e amministrazioni locali su tutto il territorio nazionale per essere più vicino alla esigenze del territorio e per rispondere al suo ruolo istituzionale. L’IMONT ha anche delle sedi decentrate: il Centro Internazionale di Ricerca per la Montagna (CIRMONT) in Carnia, il Centro Internazionale per la Ricerca Limnologica in Montagna (CIRLIM) a Gravedona (Como) e il Centro di Ricerca ed Alta Formazione per la Prevenzione del Rischio Idrogeologico (CERAFRI) a Stazzema (Lucca). Si tratta di tre centri, costituiti nell’anno 2002, ubicati nella parte centro-settentrionale del Paese. Queste realtà possono rappresentare i nodi di una rete della ricerca che sia in grado di rispondere adeguatamente alle esigenze specifiche che emergono nelle realtà montane dell’arco alpino e dell’Appennino settentrionale: l’obiettivo dell’IMONT è di infittire tale rete di ricerca e di estenderla anche nel resto del Paese.
L’Istituto è anche impegnato nel realizzare una rete di osservatori di cultura e di scienza per le montagne dell’Europa e del Mediterraneo: Gorizia, Palermo e Genova rappresenteranno le prime tappe di questo sistema integrato di comunicazione, rivolto in particolare ai territori montani appartenenti ai Paesi dell’Est europeo e del Mediterraneo, finalizzato alla tutela e al rilancio dele aree montane, allo sviluppo ecocompatibile e all’allargamento dei rapporti in ambito euro-mediterraneo.
Il riordino legislativo prevede poi che l’Istituto, in linea con le sue finalità istituzionali, diventi la sede della banca dati della montagna italiana, con l’obiettivo, tra l’altro, di supportare i soggetti che a vario titolo si occupano di scienza e di ricerca sulla e per la montagna e di governo dei territori montani.

Quanto conta la comunicazione verso l’esterno per un Istituto di ricerca come il vostro?

Diamo molta importanza alla comunicazione con l’esterno. Questo perché la montagna ha soprattutto bisogno di essere conosciuta e di uscire dagli stereotipi che hanno fino ad ora ridimensionato la sua importanza nonostante la sua incidenza in termini di risorse, di economie e di conoscenze. Esiste una cultura della montagna che deve, dunque, essere diffusa al grande pubblico e che non deve restare appannaggio delle non moltissime persone che ci lavorano e ci vivono.
Abbiamo una rivista, "SLM – Sopra il livello del mare", che si occupa di scienza e di cultura. Cerchiamo con questo strumento di approfondire i temi legati soprattutto allo studio della montagna e alla cultura che le sue popolazioni e i suoi territori esprimono. Sta diventando uno strumento sempre più importante e richiesto e questo giustifica la decisione di quest’anno di cambiarne la periodicità e di trasformarla da trimestrale a bimestrale. Il nostro sito (www.imont.gov.it), che peraltro sta subendo una trasformazione e apparirà tra pochi giorni in una veste completamente rinnovata, illustra le attività dell’Istituto, la sua missione e i suoi obiettivi. C’è poi un’altra cosa che mi preme sottolineare.

Ovvero?

Sta per essere inaugurata la collana editoriale dei "Quaderni della Montagna". Si tratta di un’importante iniziativa, attraverso la quale l’Istituto intende offrire un contributo significativo alla diffusione e alla circolazione dei risultati della ricerca che ha avuto o ha per oggetto l’ambito montano: un obiettivo, irrinunciabile, tanto più nel momento in cui l’Istituto è chiamato a nuovi compiti. I "Quaderni della Montagna" nascono da uno sforzo congiunto, frutto del coinvolgimento e del confronto delle strutture di ricerca interne ed esterne all’IMONT, volto alla valorizzazione della qualità e della rilevanza della produzione scientifica, che resta forse la principale ragione d’essere del nostro Istituto. Infatti, per rispondere adeguatamente alla complessità dei temi che la ricerca nazionale e internazionale riconosce come prioritari, è necessario stimolare le capacità di "fare sistema" e procedere alla costruzione di una rete che riesca a integrare saperi e competenze di aree differenti: un risultato che può essere compiutamente raggiunto solo attraverso i mezzi e le capacità operative che un Istituto di ricerca di rilevanza nazionale può attivare.

Lorenzo Benocci*

* intervista pubblicata sul numero 3/2004 di AF-Agronomi & Forestali 

 

Nella foto Antonio Ciaschi

 

 

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