La ricerca

Omeopatia applicata agli ovini? Perché no. Risultati positivi sono infatti emersi dalle sperimentazioni promosse dall’Arsia (Agenzia Regionale per lo Sviluppo dell’Innovazione nel settore Agricolo – forestale) ed eseguite dalla Scuola internazionale di medicina veterinaria omeopatica di Cortona su un allevamento (150 capi) di un’azienda sempre nella cittadina aretina. «Dopo alcuni mesi – ha spiegato Franco Del Francia – si è registrato un benessere oggettivo sulle pecore, con un aumento della resistenza immunitaria, un miglioramento della qualità del latte, con un prodotto finale (formaggio) qualitativamente superiore». Risultati al centro dell’incontro tecnico organizzato dall’Arsia, che si è tenuto quest’oggi ad Asciano, presso il Centro genetico Assonapa di Pian delle Cortine.
E, come ha poi sottolineato Del Francia la pratica omeopatica sulle pecore è totalmente compatibile con l’ambiente (perché non da luogo a residui negli alimenti, non ci sono molecole), e produce un effettivo risparmio agli allevatori, che a fronte di una spesa annua di circa 3 euro, effettuano un solo trattamento antiparassitario in 12 mesi (anziché 4-5), e esclude la necessità di vaccini. Come si fa ad usare omeopatia negli ovicaprini? «Tramite una ricetta prescritta da un veterinario-omeopata – aggiunge Del Francia – e poi va semplicemente diluita in acqua».
Sempre più allevatori in Toscana fanno ricorso a questa pratica, considerata fino a qualche tempo fa “alternativa”. Una regione che rappresenta, con 550mila capi di ovini e 4600 aziende la quarta “forza” nazionale nel comparto ovicaprino, dopo Sardegna, Sicilia e Lazio. Nell’ultimo decennio il comparto è diminuito del 22,7% (pari a 162mila capi), anche se altri comparti hanno registrato una diminuzione maggiore (bovini – 31,2%). Ma dati incoraggianti giungono dal “biologico”, dove è consigliato l’uso della medicina omeopatica e della fitoterapia. In Toscana sono infatti 120 le aziende che allevano ovini in regime biologico per 5650 capi, contro i 2025 del 2001 (+35%).
«La vera novità – sostiene Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia – è la collaborazione che si è instaurata in questi ultimi anni fra il mondo scientifico, a differenza delle iniziali perplessità che gli accademici mostravano per la medicina omeopatica (Università di Pisa, Scuola omeopatica di Cortona, Istituto sperimentale zooprofilattico Lazio e Toscana). Un percorso condiviso che ha portato in breve tempo alla definizione di collaborazioni su progetti di ricerca e sperimentazione. Questa iniziativa di divulgazione dei risultati dell’attività sperimentale rivolta agli operatori del settore ovino della nostra regione, ha voluto costituire, attraverso il confronto tra i partecipanti alla tavola rotonda (coordinata dal preside della Facoltà di Veterinaria di Pisa, Vittorio Tellarini), un momento di approfondimento sulla tematica della definizione di medicina omeopatica negli allevamenti di diverse specie animali, con l’intento di fornire delle risposte concrete agli allevatori che operano soprattutto nel biologico».
Tutto è partito nel 1995, quando, la Toscana è stata la prima regione in Italia, ad emanare un regolamentato su questo settore (L.R. n.54) ed a promuovere le prime ricerche nel settore delle medicine veterinarie non convenzionali.
Nello stesso anno infatti l’Arsia ha iniziato ad interessarsi di omeopatia in campo veterinario commissionando alla Scuola internazionale di veterinaria omeopatica di Cortona diversi lavori che hanno riguardato la specie ovina e bovina.
E dai risultati incoraggianti delle sperimentazioni dell’ultimo decennio, è emersa l’esigenza di estendere le ricerche a casi dove fosse possibile promuovere una partecipazione nell’esame e nella elaborazione dei dati raccolti da parte di enti delegati al controllo e alla ricerca nel campo sanitario. Così il coinvolgimento nelle attività sperimentale dell’Istituto zooprofilattico del Lazio e della Toscana ha permesso di affiancare alle osservazioni cliniche, la produzione di dati certi e incontestabili sui profili immunitari dei soggetti esaminati, grazie all’analisi dei campioni di sangue testati in laboratorio. Parametri che hanno fornito dei dati obiettivi sullo stato di resistenza alle malattie e sullo stato del benessere animale.
«L’incontro dell’Arsia – ha detto l’assessore all’agricoltura della provincia di Siena, Claudio Galletti – ha dato utili indicazioni per i nostri allevatori, mostrando risultati importanti da tenere in seria considerazione, in un settore che ultimamente sta attraversando delle difficoltà non indifferenti sia per problemi di mercato che sanitari».

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