L’Italia del vino dice no ai trucioli nel bicchiere

Qualità garantita, trasparenza in origine e produzione. Ecco quali sono i punti di forza su cui scommetere ancora una volta per il rilancio del vino italiano di fronte alle sfide di un mercato globale. Una conferma che emerge alla luce del decreto che vieta l’utilizzo dei trucioli di quercia nei vini DOCG e DOC nel nostro Paese. Una normativa, quella firmata dal Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Paolo De Castro, che indirizza consorzi, aziende e produttori in un’unica direzione: conservare tipicità e caratteristiche uniche di un prodotto che, dopo un breve periodo di crisi, sta nuovamente conquistando i mercati europei e mondiali. «Negli ultimi cinque anni – ha affermato De Castro – l’export italiano di vino è cresciuto di 500 milioni di euro, e nel 2007 sfonderà il muro dei 3 miliardi complessivi. Un risultato ottenuto senza trucioli e con il decreto che ne vieta l’utilizzo diamo garanzie per la competitività futura delle nostre cantine di qualità».
Un secco no, quindi, ai trucioli nei vini che sono e devono rimanere la miglior espressione della qualità made in Italy nel mondo. Ed il provvedimento non poteva che ottenere il favore dei produttori e dei consorzi di tutela pronti a proseguire nella loro “battaglia” di difesa di quello che, oltre a un patrimonio, rappresenta un simbolo della storia e della cultura rurale italiana. «Un decreto legge – ha commentato Massimo Romeo, presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano – che ha saputo guardare alla tradizione e al rispetto per la produzione di una bandiera del nostro Paese. Le nuove tendenze dell’UE in enologia da sempre fanno parlare e a volte dividono il mondo dei produttori. La cosa importante è che, come in questo caso, il buon senso prevalga e che si tutelino sempre le nostre tradizioni che sono, a nostro parere, oggi più che mai, la carta vincente per il futuro dei nostri vini». Parole di soddisfazione per il provvedimento anche per Giordano Pascucci, presidente della Cia Toscana, che ha specificato: «Ai vini toscani i trucioli non servono, perché la stragrande maggioranza dei viticoltori locali vuole continuare a contraddistinguersi nel mercato per produzioni tipiche, affermando e valorizzando i vitigni autoctoni e la biodiversità, rafforzando il legame del vino con il territorio di origine».
Ma se i 345 vini Docg e Doc italiani sembrano ora essere al riparo dalla minaccia di un “falso barrique”, stessa cosa non si può dire per la vasta quantità (122) di Igt che, tuttavia, hanno attirato negli ultimi anni il favore dei mercati esteri, Nero d’Avola su tutti. Ma c’è già chi corre ai ripari contro i chips e dopo Torrecuso (BN) un’altra città del vino si schiera contro i trucioli. E’ il caso di Montefalco, capitale umbra del vino di qualità, dove il sindaco ha deciso di “estendere la tutela” anche alle produzioni minori. L’indotto economico e occupazionale che deriva dalla produzione vitivinicola – si legge nell’ordinanza del sindaco Valentino Valentini – può essere considerato di notevoli dimensioni. E’ quindi assolutamente indispensabile tutelare le produzioni vinicole di qualità prodotte sul territorio comunale e Montefalco ha intrapreso la strada della qualità globale.
Un primo passo nel lungo percorso di valorizzazione della tipicità del vino italiano è stato quindi compiuto, ma lunga resta ancora la strada affinchè in un calice di vino ci si possa continuare a riconoscere il sapore di una terra e di una tradizione capaci di infondere il vero gusto delle nostre produzioni. La speranza sembra comunque vivere su presupposti solidi come le parole del ministro De Castro: «Dobbiamo migliorare ancora e per essere competitivi sui vini di qualità certificata non vogliamo puntare a risparmi di costi con metodi che, come i trucioli, producono danni all’immagine e alla qualità, ma dobbiamo migliorare nella competitività nei mercati esteri e nella crescita dimensionale delle imprese».

Cristian Lamorte

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