Più ossobuco e biroldo, addio kebab. Ma la qualità deve avere dei confini?

Dopo Lucca anche la Lombardia scende in guerra contro i kebab. Mai più kebab nei centri storici lombardi. Ma neanche fast food o take away. Questo è il senso della proposta di legge su cui è chiamata a decidere la giunta guidata da Roberto Formigoni. Il paladino di questa battaglia lombarda sia l’assessore all’Urbanistica regionale Davide Boni, che ritiene necessario difendere i negozi artigianali e tradizionali, milanesi e lombardi, sostituiti con troppa facilità, in alcune zone, da kebab e negozi etnici che nulla hanno a che vedere con le radici storico-culturali dei centri lombardi. L’innovazione, contenuta nel piano di governo di territorio, dovrà essere approvato dal consiglio prima del 31 marzo. Solo a Milano ad esempio i locali della ristorazione gestiti da extracomunitari sono 668, in crescita del 29,2 per cento rispetto ai 517 dell’anno precedente. Nei giorni scorsi il comune di Lucca ha invece approvato un regolamento che riguarda per bar locali e ristoranti, che prevede che si mangi solo italiano, o meglio lucchese. La motivazione? Salvaguardare la tradizione culinaria e la tipicità architettonica, strutturale, culturale, storica e di arredo non è ammessa l’attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività svolta sia riconducibile ad “etnie diverse".

Concorde il ministro Zaia – “Bene ha fatto il Sindaco di Lucca ad impedire l’apertura di nuovi ristoranti etnici e fast food nella cinta muraria della sua città. Non è una battaglia contro qualcosa o qualcuno ma a difesa del nostro territorio e della nostra agricoltura”. Questo il commento del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia, che alla vigilia delle festività natalizie aveva invitato i consumatori italiani a non mangiare ananas durante le feste.  “Se i nostri ragazzi mangiano una fetta di prosciutto o di salame DOP – ha proseguito Zaia -, oltre ad alimentarsi coltivano la cultura del loro Paese e del loro territorio. Abbiamo a disposizione 4500 prodotti tipici. Ognuno di questi rappresenta la cultura e la storia di un tratto del nostro paese. I nostri giacimenti culturali sono anche giacimenti enogastronomici.”

Allievo e maestro – “Credo che in fondo il Sindaco di Lucca sia un mio allievo. Il filone – aggiunge il Ministro -, su cui lavora è il mio. Ben vengano questo tipo di iniziative”. “E’ certamente possibile conciliare le esigenze dei ristoranti etnici, ha aggiunto Zaia, con quelle della nostra agricoltura. Basterebbe che i loro cuochi usassero i prodotti di prossimità che hanno a disposizione sul nostro territorio”. 

Riso cantonese con uova padane – “Non vedo perché, ha concluso il Ministro, non si possa preparare il riso alla cantonese con le nostre uova, il nostro prosciutto e una delle straordinarie varietà di riso che crescono nel nostro territorio. Perché non preparare il kebab con agnello, manzo o pollo delle nostre fattorie? Ne guadagneremmo tutti in salute sia per la bontà dei prodotti che, ha concluso, per il risparmio di carburante che ne deriverebbe. Non è possibile che per ogni caloria ingerita ce ne siano decine o addirittura centinaia bruciate per il trasporto”.

Qualità senza confini – Made in Italy, purché di qualità. Etnico, purché di qualità. Ha ragione il ministro Zaia nel promuovere la merenda con pane e prosciutto italianissimo, o con un altro dei nostri prodotti tipici. Ha ragione anche nel promuovere i nostri prodotti all’interno dei ristoranti etnici sparsi per l’Italia. Ma pensiamo anche che la qualità non debba avere confini imposti da un decreto comunale più o meno ottuso. E poi perché non far scegliere al cliente dove andare a mangiare? Il decoro dell’esercizio commerciale è tutt’altra storia, così come il rispetto dell’architettura. Inoltre è opportuno mettersi dall’altra parte della barricata qualche volta. Che succederebbe se all’estero ci ripagassero della stessa moneta? Se la Cina chiudesse o solo “riducesse” le frontiere, o se i ristoranti Usa ci rimandassero indietro i nostri vini pregiati? Insomma, tuteliamo e salvaguardiamo il nostro made in Italy, ma senza scelte per forza autarchiche. Anche i dati che ha fornito oggi la Coldiretti dimostrano quanto i nostri prodotti siano apprezzati all’estero, dal vino alla pasta. Per cui, meglio lasciare la libertà di scelta. Kebab o pizza napoletana, la scelta al consumatore.

Lorenzo Benocci 

Informazione pubblicitaria