Test su 900 aziende. L’UE detta le nuove regole per il vino bio

Muffe, lieviti, batteri. E, soprattutto, percentuale di anidride solforosa. Ma anche tecniche di cantina. E’ su questi “punti” caldi che il confronto sarà più accesso a Bruxelles.
Il regolamento dell’Unione Europea sulle modalità condivise per produrre vino da uve biologiche, la cui entrata in vigore è attesa per la vendemmia 2009 o 2010, è stato illustrato a Siena, sede di Enoteca Italiana, in occasione del convegno “Il vino biologico italiano all’arrivo del regolamento europeo sulla vinificazione biologica”, organizzato in collaborazione con Aiab e Arsia.

Il progetto Orwine. I risultati scientifici del progetto “Orwine”, sui quali la Commissione permanente agricoltura biologica della Commissione europea (Scof), inizierà a discutere da marzo 2009, hanno coinvolto 900 aziende “pilota” di vino “bio” di tutta Europa, circa il 25% della popolazione di riferimento. Dall’indagine, ha spiegato Cristina Micheloni, coordinatrice scientifica dell’Aiab, è emerso “un generale accordo di limitare anche i processi di vinificazione e non solo gli additivi”, finora ammessi per i vini convenzionali, e “purché non derivino da Ogm”. In particolare, per l’anidride solforosa (solfiti), si mira ad una riduzione del 20% rispetto ai vini convenzionali ed in prospettiva l’obiettivo è di scendere, in tempi più lunghi, fino ad una riduzione del 40 %. Mantenendo nella normativa un “legame costante con Ocm e con le norme Oiv”, ha sottolineato Cristina Micheloni.

Primato europeo per l’Italia. L’Italia è leader europeo per estensione di vigneti coltivati a uve biologiche, 34mila ettari; un settore, quello del vino “bio” che ha forti prospettive di crescita e che suscita grande interesse da parte di produttori e consumatori.
“E’ un errore, come sta invece accadendo anche a Bruxelles, diminuire le attenzioni nei confronti dei prodotti biologici – ha detto il presidente di Enoteca Italiana, Claudio Galletti, che è anche assessore all’agricoltura della Provincia di Siena -; le politiche pubbliche devono incentivare e sostenere questi percorsi virtuosi; penso ad alcuni prodotti di eccellenza del nostro territorio, come la chianina, la cinta senese, la cerealicoltura e la viticoltura biologica, che riguarda ormai decine e decine di ettari di vigneti, anche di aziende importanti dal Chianti, al Brunello, al Nobile” .
In occasione del convegno sono stati resi noti anche i primi risultati di un sondaggio sui consumi nell’ambito del progetto “Bio 306°” di Enoteca Italiana su vino e olio extravergine biologico. Il 43% del campione, ha spiegato la responsabile Sandra Panunti, acquista direttamente dal produttore, soltanto l’1% usa Internet, mentre il 49% degli intervistati cerca nel biologico un maggiore “benessere anche per il proprio corpo” e la possibilità “di essere in sintonia con l’ambiente e con la natura”.

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