La pizza fai da te costa meno di 1/3 e batte l’inflazione

L’ingresso della pasta base per pizze, rustici e dolci nel paniere Istat riconosce la nuova tendenza alla preparazione casalinga dei cibi come la pizza, che consente di spendere appena un terzo del prezzo pagato per acquistarla fuori casa. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i cambiamenti del paniere Istat decisi per il 2009 con l’ entrata di quattro nuove “voci”: la pasta base per pizze, rustici e dolci, il mais in confezione, la chiave usb e i film in dvd.

Vince il fai da te – La moltiplicazione dei prezzi, dalle materie prime agricole ai prodotti, finiti ha spinto – sottolinea la Coldiretti – un numero crescente di consumatori verso il fai da te casalingo che si è diffuso nella preparazione dello yogurt, del pane, della pasta o della pizza con un vero boom nell’acquisto di macchine agevolatrici. Il costo degli ingredienti per preparare una pizza margherita di buona qualità non supera i due euro tra farina, lievito, pomodoro, mozzarella, extravergine e basilico e inoltre – sostiene la Coldiretti – si evita il rischio, diffuso in pizzeria, di consumare senza saperlo concentrato di pomodoro cinese, extravergine tunisino o mozzarelle taroccate ottenute da latte, paste fuse e cagliate provenienti dall’estero.

Risparmio – Un risparmio dimostrato anche dal successo della pagnotta fatta in casa che arriva a costare fino a quattro volte meno rispetto a quella acquistata dal fornaio, con una crescita esponenziale  dei cittadini che si improvvisano panettieri per combattere il caro prezzi e garantirsi un prodotto sano e genuino. Per fare un chilo di pane – spiega Coldiretti – serve poco piu’ di mezzo chilo di farina, acqua, lievito, più un paio di cucchiaini di olio. La pagnotta viene poi cotta in forno per un’ora circa a 220 gradi. Considerando il prezzo della materia prima e quello dell’energia consumata, il costo dello sfilatino fatto in casa non supera i novanta centesimi. Lo sviluppo di questa nuova tendenza è dunque favorito – conclude la Coldiretti – dall’esigenza di tagliare costose intermediazioni con l’aumento della forbice tra produzione agricola e consumo ed i prezzi che moltiplicano in media di quasi il 500 per cento dal campo alla tavola.

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