Violino (Friuli VG), qualità fiulana legata al territorio per farsi strada in Europa

Intervista di agricultura.it all’assessore all’agricoltura della Regione Friuli Venezia Giulia Claudio Violino

Assessore Violino, che 2011 è stato per l’agricoltura della sua regione, faccia un breve bilancio.

Se dal punto di vista dei numeri l’annata non è stata positiva – e lo confermano anche i dati del 6° censimento nazionale dell’agricoltura – con molte aziende che hanno chiuso e le aziende zootecniche che continuano ad essere in difficoltà, c’è da dire che parallelamente ci sono stati dei segnali positivi che arrivano in particolare dal settore agroalimentare, che sembra essere in crescita e che quindi ci da buone possibilità di manovra anche per il futuro. Per quanto riguarda le attività dell’assessorato mi sembra giusto ricordare l’approvazione della legge che vieta l’utilizzo di semine OGM in regione, approvata con larga maggioranza all’interno del consiglio regionale e che ci ha permesso di essere una delle prime regioni ad attuare questo tipo di normativa, approvata tempestivamente per evitare una deregulation totale nel settore, che ha visto la regione come “teatro” principale, con semine abusive e relativi sequestri da parte della magistratura. Ovviamente abbiamo continuato anche sul versante della promozione e attraverso il marchio Tipicamente friulano abbiamo dato visibilità a molti prodotti locali promossi anche presso le tradizionali sagre, senza dimenticare la partecipazione a molte fiere nazionali e internazionali, quali Vinitaly, Bordeaux, Monaco e la recente partecipazione a Milano ad Artigiano in Fiera, che ha avuto un forte riscontro da parte degli operatori e dei visitatori e ha rafforzato i rapporti di collaborazione con la Lombardia in prospettiva dell’Expo 2015. Inoltre posso dire che abbiamo fatto alcuni passi in avanti per quanto riguarda la questione della Direttiva Nitrati: abbiamo reso pubblici i dati di uno studio effettuato dallo Joanneum Institut di Graz, che ha confermato come non sia la sola agricoltura una fonte di inquinamento. Inoltre, proprio in virtù di questi risultati, c’è stato nella prima parte dell’anno un accordo – recepito da Bruxelles – con Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna affinchè si effettuino studi più approfonditi per poter rivedere i limiti della Direttiva.

Cosa le piace e cosa non le piace della proposta di riforma della Pac, presentata recentemente (12 ottobre) dalla Commissione Europea, per quanto riguarda la sua regione?

La nuova Pac ci mette inevitabilmente di fronte a molte nuove sfide.  Le politiche europee in termini di economia e produttività agricola sono sempre state utili, ma soprattutto coerenti. Nel corso degli anni l’Europa è sempre stata sensibile ai mutamenti dello scenario economico e di conseguenza è stata in grado di modulare le sue azioni in materia di politica agricola. E anche in questa situazione non è da meno. I tre capisaldi su cui si dovrebbero fondare le prossime azioni della Pac sono la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, la gestione del territorio e l’attenzione ad una agricoltura più sostenibile. Queste saranno le linee guida: a noi poi tocca decidere su cosa puntare per la realizzazione del PSR. La decisione fondamentale dovrà rispondere a questa domanda, per quanto ci riguarda: è meglio supportare lo svantaggio, e quindi dare supporto alle aree rurali più svantaggiate o premiare l’eccellenza? Per quanto riguarda la politica agricola che abbiamo impostato,  crediamo che puntare sull’eccellenza e sulla qualità sia la scelta premiante in questo momento, soprattutto in relazione alle dimensioni della nostra agricoltura, fatta di piccoli numeri. Non mi piace invece che ancota una volta si voglia privilegiare la “proprietà” agricola rispetto all’impresa agricola, e cioè il fatto che si continui a premiare la rendita rispetto al lavoro. E non mi piace, una volta di più, la burocrazia richiesta da questi interventi, che vista anche la “farraginosità” dell’AGEA italiana rendono defatiganti tutte le procedure, ritardando i risultati e quindi i finanaziamenti che queste pratiche dovrebbero portare alle aziende.

Quali sono i principali punti di forza e le maggiori criticità della “sua” agricoltura?

Mi sento di dire che l’agricoltura friulana in futuro o sarà friulana o non sarà. Mi spiego meglio: visti i nostri piccoli numeri, la nostra agricoltura può avere uno sviluppo solo se lega le sue produzioni al territorio. Da diverso tempo ormai mi sto quasi “impuntando” per sviluppare un nuovo modello economico, non solo agricolo, che possa dare sviluppo all’intero nostro territorio, composto da tante piccole ma eccellenti realtà che devono sgomitare per farsi conoscere in Europa e per affermare il loro essere friulani. Va, in sostanza, ridato ruolo alla capacità di intervento dell’agricoltura e della politica agricola, e la parola chiave che mi sento di proporre per i prossimi anni è identità ed originalità, anche in agricoltura. E con questa nostra stessa faccia ci mostriamo al mondo, all’europa, perché in noi deve ri-nascere l’orgoglio di essere friulani. Ed è anche per questo che la peculiarità agricola della nostra regione deve essere mantenuta, e aiutata anche attraverso le azioni e gli input che arrivano da Bruxelles. Questo ancora di più, ovviamente, a partire dalle eccellenze agroalimentari, vino Friulano e prosciutto di San Daniele in primis.

Fra i problemi del mondo agricolo la forse eccessiva burocrazia: quali sono le principali azioni fatte in questa direzione e quelle in programma?

Riconosco perfettamente che per gli agricoltori la burocrazia sia un ostacolo; però purtroppo non ne possiamo prescindere completamente, una parte burocratica è necessaria. Il nostro problema principale, come Regione Fvg, in questo momento, sono i ritardi nei pagamenti dovuti ai problemi che ci sono in Agea. Per questo stiamo cercando di trovare una strada che possa semplificare questi passaggi e dare agli agricoltori maggiori certezze. Capisco che la situazione sta diventando insostenibile per l’agricoltura di montagna. Ecco perché dovremo affrontare in modo chiaro il nodo dell’organismo pagatore se non a livello regionale, almeno per il Nord Italia. Se vogliamo che i soldi da Bruxelles arrivino più velocemente, dobbiamo iniziare a gestirli il più vicino possibile, anche fisicamente, alle aziende. Affrontare la questione della diversificazione di Agea in tre macro aree potrebbe essere una soluzione da valutare con attenzione.

Infine, dia un voto da 0 a 10 allo stato di salute dell’agricoltura del Friuli Venezia Giulia. 

È sembre difficile riuscire a dare un voto, ma mi sento di riconfermare il 6 dato lo scorso anno, magari con mezzo punto in più, perché anche nei nostri imprenditori agricoli si sta diffondendo la consapevolezza di poter offrire prodotti competitivi e di grande qualità. L’agricoltura del Friuli Venezia Giulia sta cambiando pelle, dobbiamo riconoscerci negli imprenditori agricoli di domani, un 6 ½ di incoraggiamento.

Andrea Frullanti

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