Agricoltura settore primario? Nei programmi elettorali non sembrerebbe proprio. Con qualche eccezione

Agricoltura nei programmi elettorali? Poca e con una visione parziale, come forse era lecito aspettarsi. Ma con qualche eccezione. A tre settimane delle Politiche del 24 e 25 febbraio siamo andati a vedere i programmi dei candidati e di agricoltura o dintorni ne abbiamo trovata purtroppo poca. E’ vero, ormai i programmi non sono più quelli di una volta: prevale la sintesi e l’accorpamento di più temi in macro-argomenti. Vediamo come è andata: emerge che il programma elettorale di FARE di Oscar Giannino dedica un capitolo sufficientemente approfondito proprio all’agricoltura, toccando anche diversi punti di interesse e di attualità. Abbiamo anche provato a contare quante volte fosse presente la parola “agricoltura” (o anche agricolo, agricole, ecc) nei vari programmi e il risultato è abbastanza deludente: 0 per il Movimento 5 Stelle; 1 per il PD; 2 per Rivoluzione Civile di Ingroia; 4 (con un capitolo dedicato) per il PDL. La Lista Civica Monti dedica un capitolo alla “politica agricola” e la parola agricoltura e dintorni viene citata per 5 volte. Insomma, niente di strano, tutto sommato, per la ‘nostra’ agricoltura troppo spesso bistrattata: se pensiamo che il Mipaaf ha avuto quattro ministri negli ultimi tre anni, con alcuni di essi totalmente estranei al settore, non c’è da stupirsi di niente. Senza voler dare giudizi, l’auspicio è che anche per la politica, l’agricoltura torni ad essere il settore primario. 

PARTITO DEMOCRATICO  – Nelle cinque pagine del programma PD, “L’Italia Giusta” l’agricoltura è praticamente inesistente. Solo un richiamo nel capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile, dove il settore agricolo è elencato con altri settori, fra cui servizi e industria. “E’ tempo di cambiare spartito e ridare centralità alla produzione. Una politica industriale integralmente ecologica – si legge – è la prima e più rilevante di queste scelte. Noi immaginiamo un progetto-Paese che individui grandi aree d’investimento, di ricerca, di innovazione verso le quali orientare il sistema delle imprese, nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi. La qualità e le tipicità, mobilità sostenibile, risparmio ed efficienza energetica, le tecnologie legate alla salute, alla cultura, all’arte, ai beni di valore storico e alla nostra tradizione, l’agenda digitale”. Spulciando nel sito PD si trova però un intervento (uscito su L’Unità) di Enzo Lavarra, presidente del Forum PD Politiche Agricole, dal titolo “Italia giusta? Si metta al centro l`agricoltura” . “Nell’Italia giusta – si legge – mettere al centro l`agricoltura italiana, nella differenziazione dei suoi modelli, significa contribuire a creare ricchezza e a tutelare i beni comuni: suolo, acqua, paesaggio”. Siamo d’accordo, e ce lo auguriamo.

FARE PER FERMARE IL DECLINO – Nei 10 interventi per la crescita di Fare per Fermare il Declino si trova un capitolo di approfondimento dedicato all’agricoltura. Una attenzione perlomeno accettabile, che pubblichiamo integralmente:
 
Agricoltura
 
–    La superficie media dell’impresa agricola italiana è di 7,9 ettari a fronte dei  53 di quella francese, i 56 di quella tedesca, i 65 di quella danese, i 79 di quella del Regno Unito e i 152 di quella Ceca. E’ la fotografia di un sistema produttivo che sconta inefficienze decennali, frutto prima di tutto di una eccessiva frammentazione fondiaria e di un utilizzo delle risorse della Politica Agricola Comune finalizzato prevalentemente a sostenere lo status quo piuttosto che a superare le cause profonde di queste inefficienze.
 
–    E’ necessario rimuovere tutti gli ostacoli, prevalentemente di natura burocratica, che ostacolano l’accorpamento fondiario, e riformulare il sistema di erogazione degli aiuti diretti della PAC secondo criteri che incentivino la piccola impresa a cercare forme innovative di aggregazione dell’offerta fin dalle fasi di produzione. Va ripristinata la norma, abrogata dal Governo Monti, che consentiva anche alle società di capitali di poter optare per la tassazione su base catastale.
 
–    Il sostegno al reddito dovrebbe essere ripensato come una forma di welfare a termine, teso ad accompagnare l’impresa improduttiva senza traumi fuori dal mercato, piuttosto che un sistema di erogazione ed intermediazione di microrendite, e un modo per sostenere in eterno attività produttive inefficienti e decotte.
 
–    La tassazione patrimoniale sui terreni e fabbricati rurali deve essere oggetto di una profonda riforma, che includa in un’unica voce anche i contributi generali di bonifica, e che consideri la vocazione strumentale dei fabbricati rurali. Gli aumenti sconsiderati dell’IMU agricola vanno rivisti, così come vanno superati gli astrusi regimi di deroghe ed esenzioni su base territoriale. I consorzi di bonifica vanno sottoposti a una severa valutazione delle performances, che preveda la possibilità di soppressione di quegli enti che non rispettino elementari rapporti tra costi per i contribuenti e benefici per la collettività.
 
–    I criteri attraverso i quali vengono erogati gli aiuti allo sviluppo, attraverso i Piani di Sviluppo Rurale redatti dalle regioni, devono essere fondati su una rigorosa analisi scientifica che riconosca il contributo positivo dell’innovazione tecnologica e dell’intensificazione agricola per la biodiversità e la salvaguardia ambientale. Oggi una grossa fetta di questi aiuti vengono elargiti a realtà associative, consortili, sindacali, politiche, nonché agli stessi enti locali, che non hanno nulla a che fare con l’agricoltura. Un modo attraverso il quale la politica, mediante la PAC, contribuisce a finanziare sé stessa e uno spreco di risorse al quale va posto rimedio al più presto.
 
– Non si può continuare a negare, alle imprese agricole italiane, il diritto di avvalersi delle tecnologie che migliorano le rese unitarie o garantiscono rese analoghe con minori imputs produttivi. Il bando all’uso delle varietà geneticamente modificate iscritte al catalogo comune europeo, per le quali nessuna evidenza scientifica ha mai dimostrato pericoli per la salute umana e per l’ambiente, deve essere rimosso. Allo stesso tempo va rimosso l’anacronistico bando alla ricerca in campo aperto sulle biotecnologie agrarie, che potrebbe rappresentare un fondamentale strumento per il recupero e la difesa di importanti varietà tradizionali italiane.
 
–    Anche le norme che impongono agli agricoltori limiti all’utilizzo di semente autoprodotta sono in contraddizione con i più elementari principi di libertà di impresa, e vanno superate.
 
– I consorzi che tutelano le Denominazioni di Origine hanno lo scopo di garantire al consumatore che un determinato prodotto provenga da un determinato luogo e sia stato fatto secondo un determinato disciplinare di produzione. Qualsiasi altra funzione, pur riconosciuta dalla legge, di controllo dell’offerta e di stabilizzazione del mercato rappresenta una violazione dei principi della libera concorrenza, oltre a un disincentivo agli investimenti proprio nei settori a più alto valore aggiunto. La fine del sistema di contingentazione delle superfici viticole e la liberalizzazione dei diritti di reimpianto dei vigneti, prevista per il 2015, va vista come un’opportunità di sviluppo e di rilancio per il settore vinicolo italiano.
 
–    Una riforma strutturale delle norme che regolano l’attività venatoria, in un senso più rispettoso dei diritti di proprietà, potrebbe condurre a nuove opportunità di reddito per l’impresa agricola, a una maggiore salvaguardia della fauna selvatica e a consistenti risparmi per lo Stato e gli Enti Locali.
 
–    L’art. 62 del decreto liberalizzazioni, che impone una contrattualizzazione forzata di tutte le transazioni commerciali che abbiano come oggetto prodotti agroalimentari, costituisce un’intollerabile intromissione dell’autorità pubblica nei rapporti tra soggetti privati. Se l’intenzione dichiarata del decreto, che impone un termine massimo di 30 giorni per il pagamento di prodotti deperibili e 60 per tutti gli altri, sarebbe quella di riequilibrare il peso del piccolo produttore di fronte alla GDO, si può dire che l’obbiettivo viene mancato clamorosamente. In primo luogo perché quello che non si riflette sui tempi di pagamento si rifletterà inevitabilmente sul prezzo o sulla scelta di diversi fornitori, specialmente esteri. In secondo luogo perché i primi a fare le spese di questo sistema sono proprio gli agricoltori, che non possono più liberamente scegliere di pagare “a raccolto” i loro fornitori, finendo costretti a dover ricorrere al credito (in un periodo di feroce stretta creditizia) per finanziare gli acquisti.
 
–    Numerose evidenze supportate dalle risultanze di indagini investigative hanno portato alla luce tali e tante incongruenze nella gestione delle anagrafi bovine e dell’intero sistema di gestione delle quote latte e delle erogazioni in agricoltura, da suggerire la possibilità, tutt’altro che remota, che l’Italia non abbia mai sforato la quota nazionale ad essa assegnata, e che di conseguenza i prelievi sugli allevatori siano di fatto illegittimi. Qualsiasi decisione in merito alla riscossione dei tributi agli allevatori deve essere subordinata alla piena chiarezza su queste vicende.

RIVOLUZIONE CIVILE INGROIA – Nel sintetico programma di Antonio Ingroia si accenna alle imprese agricole, si parla di ‘legalità’ e di valorizzazione fiscale per le imprese che investono in ricerca e innovazione. C’è poi un capitolo sull’ambiente, in cui si parla di modello di sviluppo che tenga conto dei cambiamenti climatici, e di agricoltura di qualità “libera da ogm”.

Questi i due punti del programma da evidenziare:  

Per le piccole e medie imprese, le attività artigianali e agricole – Deve partire un grande processo di rinascita del Paese, liberando le imprese dal vincolo malavitoso, dalla burocrazia soffocante. Vanno premiate fiscalmente le imprese che investono in ricerca, innovazione e creano occupazione a tempo indeterminato. Vanno valorizzate le eccellenze italiane dall’agricoltura, alla moda, al turismo, alla cultura, alla green economy.

Per l’ambiente – Va cambiato l’attuale modello di sviluppo, responsabile dei cambiamenti climatici, del consumo senza limiti delle risorse, di povertà, squilibri e guerre. Va fermato il consumo del territorio, tutelando il paesaggio, archiviando progetti come la TAV in Val di Susa e il Ponte sullo Stretto di Messina. Va impedita la privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua. Va valorizzata l’agricoltura di qualità, libera da ogm, va tutelata la biodiversità e difesi i diritti degli animali. Vanno creati posti di lavoro attraverso un piano per il risparmio energetico, lo sviluppo delle rinnovabili, la messa in sicurezza del territorio, per una mobilità sostenibile che liberi l’aria delle città dallo smog.

POPOLO DELLE LIBERTA’ – Nei 23 punti del programma elettorale del PDL c’è spazio per l’agricoltura (al punto 11), quindi per l’energia (13) e per l’ambiente (14). Un programma di intenti molto schematico: si parte ovviamente con l’eliminazione dell’IMU sui fabbricati rurali, fino ad una maggiore presenza dell’Italia per la nuova PAC.

11 Agricoltura:
–    Eliminazione dell’IMU sui terreni e i fabbricati funzionali ad attività agricole
–    Rilancio della imprenditoria giovanile in campo agricolo attraverso la riduzione fiscale per i giovani che aprono imprese agricole e attribuzione di appezzamenti del demanio agricolo per creare nuove imprese
–    Maggior tutela degli interessi italiani nel negoziato per la Politica Agricola Comune (PAC)
–    Tutela delle produzioni italiane tipiche dalla contraffazione

13 Energia:
-Piano energetico nazionale: deve tenere conto dello sviluppo delle fonti rinnovabili, dello stato della rete, degli impianti previsti;
-Diminuzione delle tasse (accise) che incidono sul costo dell’energia;
-Nuove azioni per favorire la concorrenza nel settore energetico e contrastare gli oligopoli;
– Sviluppo del sistema di incentivi per le energie rinnovabili evitando di creare rendite di posizione dannose;
–    Più incentivi per gli investimenti in nuove tecnologie finalizzate alla riduzione dei consumi energetici;
–    Incrementare gli investimenti per la realizzazione della smart grid, finalizzati ad aumentare l’efficienza delle reti di trasmissione di energia elettrica

14 “Ambiente, green economy e qualità della vita”:

–    Nuovo piano per il riassetto idrogeologico del Paese;
–    Messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, da realizzare attraverso benefici fiscali e finanziamenti agevolati;
–    Rifiuti: realizzare cicli integrati regionali di smaltimento, con l’obiettivo dell’autosufficienza; incentivare la raccolta differenziata e la riduzione della produzione dei rifiuti;
–    Valorizzare il sistema dei parchi e delle aree protette, attraverso l’uso della leva fiscale, per favorire nuove imprese e occupazione;
–    Green economy: puntare su quattro settori strategici: eco-innovazione, fonti rinnovabili, riciclo dei rifiuti e mobilità sostenibile;
–    Tutela degli animali da compagnia e affezione e cancellazione delle spese relative agli stessi dal redditometro;
–    Misure contro gli abbandoni degli animali come strumento di lotta al randagismo;
–    Smart Cities: dare impulso allo sviluppo delle città “intelligenti”, coinvolgendo capitali privati e utilizzando stimoli fiscali;
–    Nuovo rapporto sinergico ambiente-turismo

MOVIMENTO 5 STELLE – Beppe Grillo
Molto spazio ovviamente nel programma dei grillini c’è sul fronte delle energie, dove si parla di energie da fonti rinnovabili e di biogas. Nel capitolo sull’economia inoltre si dice anche di  “Favorire le produzioni locali” che può valere senz’altro anche per le produzioni agricole. Ma nel complesso la parola "agricoltura" non compare mai.

Energie:

–    Legalizzazione e incentivazione della produzione di biocombustibili, vincolando all’incremento della sostanza organica nei suoli le produzioni agricole finalizzate a ciò;
–    – Incentivazione della produzione distribuita di energia termica con fonti rinnovabili, in particolare le biomasse vergini, in piccoli impianti finalizzati all’autoconsumo, con un controllo rigoroso del legno proveniente da raccolte differenziate ed escludendo dagli incentivi la distribuzione a distanza del calore per la sua inefficienza e il suo impatto ambientale;
–    Incentivazione della produzione di biogas dalla fermentazione anaerobica dei rifiuti organici.

LISTA CIVICA MONTI – Nelle 25 pagine dell’Agenda Monti si trovano due punti dedicati all’economia verde e alla politica agricola. Una sorta di prosecuzione del lavoro avviato dal Governo Monti con il ministro Catania: si parla di semplificazione e rilancio del sistema agroalimentare.

La politica agricola – Nel corso dell’attuale legislatura sono state prese diverse misure di semplificazione e rilancio del sistema agroalimentare, ma non è stato possibile portare a compimento alcune importanti iniziative legislative e amministrative avviate. Per aiutare la crescita sostenibile del settore agroalimentare italiano occorre fermare la cementificazione e limitare il consumo di superficie agricola come proposto nel disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo, adottare un grande piano di gestione integrate delle acque si può tutelare il territorio sia dal rischio di dissesto idrogeologico che di carenza idrica.
Bisogna prendere misure per assicurare che agli agricoltori non rimanga una quota troppo bassa del valore aggiunto generato lungo le filiere agroalimentari, favorendo una maggiore aggregazione dell’offerta che dia agli agricoltori una adeguata forza contrattuale sul mercato ed eliminando intermediazioni inutili e parassitarie che sottraggono reddito.
Serve dare una maggiore protezione agli agricoltori dalle crisi, climatiche o di mercato, cicliche o meno incentivando le pratiche assicurative a livello nazionale e comunitario. Bisogna affrontare il problema di come assicurare un migliore accesso al credito agrario specializzato. Serve infine tenere la guardia alta sulla tutela del “made in Italy”, proteggendo le produzioni nazionali con attività di repressione dell’agro-pirateria, e, sul piano internazionale, rafforzandola la lotta alla contraffazione e all’Italian Sounding. E’ infine necessaria una forte politica di sostegno all’export per imprese agricole ed industriali contando sul ruolo rafforzato dell’ICE per il settore.   

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