Attento lupo. Le uccisioni dei lupi in Maremma impongono una riflessione collettiva

Nella sua celebre canzone-filastrocca Lucio Dalla ci cantava di una vita “che qualche volta fa un po’ male”, piena di insidie, e che un “omino piccolo così” affronta con tranquillità e amore, ricordandosi sempre che c’è un lupo a cui fare attenzione. Ben diversa la realtà mostrataci dalla cronaca recente, segnata dalle spietate uccisioni di lupi nella Maremma toscana e dall’ostentazione dei loro cadaveri a mo’ di minaccia mafiosa. Alcuni uomini, questa volta sì piccoli, hanno illusoriamente pensato che l’uccisione del lupo potesse rappresentare la soluzione dei loro problemi in un tempo di crisi.
Un vecchio conflitto quello tra uomo e il lupo, ora alla ribalta, ma purtroppo mai sopito nelle campagne italiane. Questo animale, progenitore del nostro più fedele amico o mostro che sia, continua a impaurire e contrapporre gli uomini in un carosello che lascia poco, anzi, pochissimo spazio alla razionalità. Nel bene o nel male continua ad essere lui il protagonista delle vicende, siano esse canzoni, favole, leggende, uccisioni di pecore o sanguinosi atti di bracconaggio. Nel nuovo mondo dei social network una figura così non poteva che esplodere mediaticamente con tentativi di strumentalizzazione ideologica provenienti da tutte le direzioni in una rincorsa dell’affermazione acritica della propria posizione ideologia o peggio del proprio interesse economico con toni che sfumano dal grottesco al ridicolo.
Questo nuovo panorama sconcertante appare come un campo minato dove ognuno fa dalla propria personale verità la Verità suprema, mettendo così le basi per una impossibilità alla risoluzione del conflitto. In questo calderone la stampa appare nel panico e continua a lanciare messaggi contrastanti e contraddittori alimentando un sensazionalistico senza informazione ormai ingestibile e che non porta nessun contributo costruttivo.

Mancanza strumenti culturali – Alla base di tutto questo è impossibile non constatare la mancanza nella società civile degli strumenti culturali necessari per gestire questo problema. Sì badi bene, questa mancanza non si deve attribuire ai soli allevatori, naturalmente al centro del problema, bensì essa è generalizzata e caratterizza, in rigoroso ordine alfabetico, allevatori, agricoltori, amministratori, animalisti, cacciatori e giornalisti. Forse, o almeno ci piace sperarlo, solo il Corpo Forestale dello Stato sembra in grado di mantenere un pizzico di lucidità in questo momento di buio della ragione. E qui però troviamo subito un primo problema, ossia l’insufficienza del controllo del territorio. La Forestale è un corpo depotenziato per le note vicende storiche, ed è oggi vicariato da corpi più gestibili come la Polizia Provinciale. Quest’ultima però appare relegata nelle superstrade a controllare il traffico con i suoi autovelox, o negli angoli bui delle città a contenere la prostituzione. Ci sono, poi, le Guardie Ambientali Volontarie, un altro sottoprodotto del vuoto istituzionale, che con i loro limiti contribuiscono alla complicazione della situazione. Oltre ai corpi, anche le leggi risultano inadeguate con il quadro sanzionatorio della legge sulla caccia fermo da 22 anni. Il colpevole dell’uccisione di una specie particolarmente protetta potrà vedersi sospeso il porto d’armi per 1-3 anni solo dopo una condanna definitiva, mentre il ritiro definitivo del porto d’armi è previsto solo per i recidivi, ossia in questo caso chi uccide due lupi!

Debolezze dell’intero sistema – Il lupo, insomma, sta scoperchiando pesantissime debolezze delle istituzioni che oggi stanno cercando di correre ai ripari, ma che per anni hanno scelto di non fare scelte per non scontentare a turno ora quella ora questa categoria, demandando così al bracconaggio la gestione del più importante predatore della fauna italiana. L’argomento è evidentemente complesso ma vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti. Il fine ultimo dovrebbe essere sviluppare una pastorizia fiorente e di alta qualità che possa svolgersi in mezzo ad un ecosistema integro in cui anche il lupo possa svolgere il suo ruolo di predatore apicale. La sfida non è semplice e purtroppo non ci sono soluzioni preconfezionate da comprare; l’unica, ma davvero l’unica, è che le diverse categorie decidano di lavorare insieme liberandosi di schemi e barriere ideologiche che ci fanno solo sprofondare in un nuovo medioevo.

Problema fra tanti  – Il lupo è solo uno dei problemi della pastorizia; in un panorama dove il prezzo del latte è fermo da una quindicina di anni e quello della carne di agnello bloccato, dove i costi di foraggio, gasolio, farmaci e quant’altro serve per mantenere un allevamento sono saliti in modo esponenziale; dove le norme e i giusti regolamenti sanitari per il benessere animale impongono ulteriori aggravi. Ecco, è in questo panorama che si inserisce il lupo che attacca il gregge, riesce a uccidere alcune pecore, ma peggio traumatizza le altre provocandone l’aborto e diminuendo la loro produzione di latte. In questa situazione l’idea di trovare nel lupo il capro espiatorio appare quanto meno illusoria.
Sarebbe però anche ingiusto dare tutta la colpa alle istituzioni e al loro immobilismo. Forse senza una visione di insieme, ma ingenti risorse, che è bene sottolineare sempre di origine comunitaria, sono state e saranno investite per gestire i diversi problemi che il conflitto uomo-lupo impone. La Regione Toscana, inoltre, ha stipulato importanti formule assicurative, mentre le associazioni di categoria, stanno cercando di costruire soluzioni pratiche e assistenza fattiva agli allevatori, insieme a nuove politiche che uniscano al necessario rimborso anche l’incentivo e la promozione del prodotto.
Su tutto ciò però incombe l’ombra della burocrazia, questa sì il vero mostro, che con la sua lentezza impedisce anche alle buone norme di essere applicate in tempi compatibili con il normale esercizio di una attività commerciale. In questo senso una rilettura delle leggi regionali ed una semplificazione normativa appare quanto mai necessaria e pressante per non rendere vano ogni sforzo.

Non solo agricoltura – Non si deve nemmeno pensare che tutti i problemi scoperchiati rientrino nel campo dell’agricoltura. Il randagismo canino, per esempio, rientra nel campo della sanità pubblica, ed è in questo ambito che debbono essere trovate le risorse necessarie. I cani randagi possono essere molto pericolosi per le pecore e rappresentano anche un problema per la purezza del lupo. Secondo alcuni media addirittura l’incontro di cani e lupi avrebbe prodotto un nuovo ennesimo mostro, un ibrido soprannaturale, una figura quasi mitologica dalla forza inaudita e in grado di attaccare il suo più acerrimo nemico, l’uomo. In realtà c’è ben poco di mitologico in un incrocio che al massimo produce lupi pezzati, striati o con i “calzini”, non belli, ma con tutte le caratteristiche e il ruolo ecologico di un animale selvatico e che, giustamente, la legge riconosce come tali. Alla fine della storia, il lupo forse riuscirà a sopravvivere, come ha dimostrato di saper fare in un terreno a lui così ostile come l’Italia, ma la battaglia sarà vinta solo raggiungendo un livello di civiltà collettivo che permetta al singolo di poter comprendere la necessità di convivere con gli altri animali e di poter contare sulla collettività per affrontare un problema grande o piccole che sia. Se continuerà a dominare l’ignoranza, l’arroganza e il non rispetto delle leggi e delle regole del vivere comune chi avrà perso sarà la nostra civiltà.

FRANCESCO PEZZOagricultura.it

Chi è Francesco Pezzo – Nato a Siena nel 1968 è un biologo che si occupa di fauna selvatica e di conservazione della natura. Il suo interesse è particolarmente rivolto alla comprensione delle relazioni tra organismi e ambiente e allo sviluppo di strategie per la conservazione degli habitat. Ha conseguito il dottorato di Ricerca in Zoologia presso l’Università di Oxford occupandosi dell’ecologia degli uccelli acquatici. È stato docente di Ecologia Animale e di Ornitologia presso l’Università di Siena e ricercatore presso l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) di Bologna. Nella sua carriera ha partecipato a progetti di ricerca in Italia e all’estero tra i quali quattro campagne italiane in Antartide (ENEA) e tre spedizioni in Himalaya (EvK2-CNR). Dal 2009 è un collaboratore del Museo di Storia Naturale di Grosseto e segue progetti di ricerca e monitoraggio degli uccelli nel Parco Regionale della Maremma e nelle Oasi WWF della Toscana meridionale. È anche membro del comitato scientifico del Centro Ornitologico Toscano che, per conto della Regione Toscana, svolge il monitoraggio di tutte le specie di uccelli della regione per la redazione del nuovo atlante ornitologico regionale.

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