Fake news a tavola. Informazione: quando la non esatta interpretazione dei media influenza l’opinione pubblica

“Nutrinformarsi”: il CREA Alimenti e Nutrizione fa chiarezza su luoghi comuni e fake news a tavola

Lo scorso 17 luglio un noto quotidiano ha pubblicato un articolo intitolato: “Onu, agroalimentare sotto accusa: «olio e grana come il fumo»” citando con preoccupazione una proposta dell’Oms in discussione in quel periodo. L’articolo inizia: “Il Parmigiano reggiano, il Prosciutto di Parma, ma anche la pizza, il vino e l’olio d’oliva. Tutti rischiano di fare la fine delle sigarette: tassati, e con tanto di immagini raccapriccianti sulle confezioni per ricordare che «nuocciono gravemente alla salute»”.

La notizia che l’Oms avrebbe paragonato questi prodotti all’alcol e al fumo, rendendoli così soggetti a tassazioni e o etichettature speciali, ha scatenato un clamore mediatico che nel giro di poco tempo ha coinvolto anche le istituzioni e il mondo dell’agroalimentare.

La notizia sembrava collegata al rapporto chiamato “Time to Deliver” che fornisce raccomandazioni, per prevenire e controllare le malattie croniche non trasmissibili, relativamente a un consumo moderato di sale, acidi grassi saturi e trans e zuccheri, politica ormai consolidata e già ampiamente recepita dai governi nazionali. Nel documento non vengono però mai nominati specifici alimenti da eliminare né sono presenti riferimenti al parmigiano o a qualsiasi altro prodotto agroalimentare italiano.

In seguito alla polemica, i chiarimenti da parte dei rappresentanti della stessa Oms sono stati interpretati come una “marcia indietro” dell’Onu sull’argomento.

A pochi giorni del primo articolo, il quotidiano nega il riferimento al rapporto e pubblica uno stralcio di una delle bozze del documento previsto per la discussione all’Onu in cui sono espressamente menzionati i cosiddetti “best buys” e “full fiscal powers” per disincentivare l’acquisto e il consumo di prodotti “health-harming”. Pertanto la notizia pubblicata farebbe riferimento ad una bozza, mettendo però in evidenza soltanto due aspetti, tassazione e etichettatura speciale.

Nella Dichiarazione finale non si menzionano più “best buys” e “full fiscal powers” ma si fa riferimento a misure politiche, legislative e regolatorie, comprese misure fiscali se ritenute appropriate, e all’importanza di fornire informazioni sul contenuto di sale, zuccheri e grassi, anche con l’utilizzazione di un’etichettatura appropriata e comprensibile per il consumatore.

Casi mediatici come questo dimostrano quanto diversi settori coinvolti possano avere posizioni divergenti, nonostante un comune obiettivo, e quanto possa il trattamento dell’informazione influenzare l’opinione pubblica.

Sarebbe quindi auspicabile da parte dei mezzi di comunicazione maggiore cautela e oggettività, tenendo conto che le raccomandazioni nutrizionali riflettono l’evidenza scientifica e hanno come scopo quello di proteggere la salute della popolazione.

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