Coronavirus. Giansanti (Confagricoltura): «Decreto Rilancio, giudizio in chiaroscuro. E serve anche il sostegno dell’Ue»

Giudizio in chiaroscuro da Confagricoltura sul Decreto Rilancio presentato nei giorni scorsi dal Premier Giuseppe Conte, oltre alla necessità di stanziare ulteriori risorse, anche europee, per il settore.  A dirlo Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura.

Presidente, qual è il suo giudizio sul Decreto Rilancio?

«Lo stanziamento di 1 miliardo e 150 milioni per far fronte ai problemi dell’emergenza e della ripartenza sono un primo step rispetto alle attese che necessariamente dovranno essere integrate da maggiori risorse europee. Valutiamo positivamente l’impiego di risorse per settori come il florovivaismo e il comparto agrituristico che hanno avuto perdite enormi, ma anche per l’export di settori forti come il vino ed il lattiero caseario; appena il mercato riaprirà a livello globale, dovremo essere subito protagonisti, mantenendo ferme le quote di mercato già acquisite in passato e sforzandoci di accrescerle. Bene anche aver incrementato il fondo per gli acquisti per indigenti di prodotti italiani con denominazioni di origine – quindi carne, frutta, ortaggi e prodotti lattiero caseari – penalizzati dalla chiusura del canale Ho.Re.Ca. Ma, al di là dell’emergenza, è arrivato il momento di mettere mano su tutto ciò che servirà realmente a rafforzare il sistema agroalimentare nazionale, nell’ottica di garantire al Paese l’autosufficienza alimentare, che si è compreso quanto sia fondamentale nelle situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo. Dobbiamo accrescere la produttività, andando a lavorare sulla filiera, puntando sull’innovazione, limitando i gap strutturali. E dobbiamo incidere sulla competitività.  C’è bisogno di lavorare su un progetto strategico puntuale e, in questo quadro, vedo un ruolo cardine per Ismea che, a mio avviso, dovrà diventare una sorta di Mediobanca dell’agroindustria. Un potente driver finanziario per il rilancio dell’agroalimentare nazionale».

Questione “regolarizzazione immigrati”,  secondo lei è sufficiente per risolvere il problema della mancanza di manodopera nei campi? Oppure cosa doveva essere fatto?

«La regolarizzazione dei lavoratori immigrati è un fatto di civiltà, ma non è questa la soluzione alla mancanza di manodopera nei nostri campi. Noi abbiamo chiesto all’inizio dell’emergenza coronavirus l’apertura dei ‘corridoi verdi’ europei per permettere il rientro degli operai agricoli stranieri in occasione dell’avvio della stagione di raccolta. Cosa che, in altri Paesi come Germania e Gran Bretagna, è già stata realizzata celermente. Ogni anno arriva in Italia un numero rilevante di lavoratori specializzati provenienti da altri Paesi. Sono quelli che poi tornano, tendenzialmente nelle stesse aziende agricole, dove hanno stabilito un legame di fiducia con il titolare; sono formati, hanno esperienza, competenza, sono autonomi nello svolgimento del loro lavoro, sono regolarmente assunti dalle nostre imprese tutti gli anni. E sovente hanno le loro abitazioni in Italia. Inoltre, visto che ci sono tanti italiani che durante questa emergenza sanitaria hanno perso il lavoro, avevamo chiesto al Governo di individuare strumenti di semplificazione che consentissero anche a tutti i percettori di sussidi, come il reddito di cittadinanza o la disoccupazione, di poter venire a lavorare temporaneamente nelle nostre aziende agricole senza perdere tali diritti. Non è stato fatto in tempo. Con la piattaforma Agrijob, che abbiamo attivato per primi in italia il 7 aprile scorso, siamo riusciti a mettere in contatto domanda e offerta di lavoro e ci sono casi in cui persone provenienti da altri settori produttivi, rimaste senza stipendio, sono riuscite a trovare uno sbocco in agricoltura. Ma difficilmente si tratta di manodopera con esperienza».

Siamo ancora in tempo per salvare la stagione?

«La natura non aspetta e i mercati non ci danno tempo. Gli imprenditori hanno bisogno di manodopera per far fronte alle grandi campagne di raccolta come quella attuale. Durante il lockdown hanno subìto la distruzione di buona parte delle coltivazioni primaverili, come fragole e asparagi; anche per i fiori non andata meglio. Alcune nostre strutture territoriali si sono organizzate con dei voli charter, e presto arriveranno dal Marocco i primi due aerei con personale qualificato che, dopo il periodo di quarantena previsto, potrà essere impiegato nelle nostre aziende abruzzesi. Non bisogna poi dimenticare che la vendemmia è alle porte. Il comparto vitivinicolo ha già pagato a caro prezzo la crisi Covid: bisogna fare presto».

 

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