Grano duro biologico, il prezzo è crollato di 3 euro a tonnellata. Ora viene pagato come il frumento convenzionale

BARI – Crolla il prezzo del grano duro biologico. Alla borsa merci di Bari, si è registrato l’ennesimo ulteriore calo: il prezzo è stato ribassato di ben tre euro a tonnellata, scendendo quasi allo stesso importo pagato per quello convenzionale.

Il grano biologico buono va da un minimo di 318 euro a 323 a tonnellata, mentre quello più comune va da un minimo di 308 euro a 313 a tonnellata. L’invasione del grano duro biologico importato dalla Romania, con costi di produzione decisamente inferiori, sta tagliando fuori dal mercato i produttori di grano duro della provincia di Bari e Barletta-Andria-Trani.
Ormai, denuncia Felice Ardito, presidente di Cia-Agricoltori Italiani Levante, «anche il contributo concesso dalla Regione Puglia ai produttori di grano duro biologico non riesce più a coprire il minor prezzo contrattato sui mercati. Vendere il grano duro biologico a meno di 40 euro a quintale non è assolutamente conveniente né può essere sostenibile per la sopravvivenza delle nostre aziende. Paradossalmente, le farine e le paste biologiche messe in vendita ai consumatori non hanno subìto alcuna significativa riduzione». Per il bio, le importazioni sono aumentate del 30% negli ultimi due anni.
Il grano duro pugliese, nonostante sia tra i migliori al mondo, continua a perdere fette di mercato. Quando il prezzo di un prodotto crolla, ci sono due possibilità: o è crollata la domanda o è aumentata l’offerta. La domanda di grano duro biologico risulta in aumento e quindi non può che essere aumentata l’offerta in maniera esponenziale, soprattutto a causa delle crescenti importazioni dalla Romania e dai Paesi extra Ue.
La produzione di frumento si colloca alla base della filiera della pasta, che, benché strategica per l’agroalimentare italiano, è caratterizzata da problematiche di ordine competitivo, strutturale e organizzativo. Fattori questi che molto spesso attivano, in una spirale negativa, la sequenza: bassa qualità, scarsa remunerazione, riduzione degli investimenti, abbassamento ulteriore della qualità.
Conseguenza principale di questi problemi è la difficoltà di cogliere le opportunità nell’ambito di questa importante filiera, non consentendo all’imprenditore agricolo un’adeguata valorizzazione sul mercato della propria produzione e il suo orientamento alla domanda delle industrie di trasformazione.
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