Prezzi record del frumento. Ismea: per grano tenero quotazione record dal 1993

ROMA – Si susseguono ormai da mesi i gridi di allarme delle associazioni industriali sui rincari divenuti ormai insostenibili per la filiera molitoria.

A dicembre Italmopa ha denunciato costi raddoppiati della materia prima (+100% grano duro e tenero) e della logistica, accanto ad aumenti esponenziali dell’energia, che oggi pesa per oltree il 50% sui costi di trasformazione dei molini.

Rincari che inevitabilmente si stanno riversando a valle, sui prezzi finali di pasta di semola, pane e derivati dei cereali, aumentati di circa il 12% nel quarto trimestre del 2021 sul corrispondente periodo del 2020, ma che potrebbero subire ulteriori ritocchi al rialzo.

Ismea intervenendo in un webinar organizzato sul tema dal CNA dell’Emilia Romagna il 24 gennaio scorso, ha presentato un’analisi dello scenario nazionale e internazionale del frumento duro e tenero, facendo luce sui molti fattori che stanno determinando questa dinamica rialzista del mercato.

Secondo le rilevazioni dell’Ismea, il frumento tenero nazionale ha raggiunto a dicembre la quotazione record di 325,63 euro/t, la più alta mai rilevata dal 1993, anno di inizio della serie storica. Secondo l’Istituto, le motivazioni alla base di questa fiammata non vanno cercate nei fondamentali del mercato, che vedono un’offerta globale di frumento tenero in crescita dell’1% sul 2020, accanto a una flessione limitata delle scorte (-0,6%), nonostante il sensibile calo dei raccolti in Usa ( -10% sul 2020).

A innescare le tensioni sarebbe stato piuttosto l’aumento dei costi di trasporto e dei noli dei container e la presenza di fenomeni speculativi determinati anche dalle interazioni con il mercato del mais (in forte aumento), che può essere sostituito dal frumento nella produzione di mangimi.

A fronte dell’incremento del 51% della granella, le fasi più a valle hanno segnato un +37,6% del prezzo all’ingrosso delle farine e un +3,4% del pane sfuso a consumo.

Nel caso, invece, del grano duro, l’impennata dei listini del prodotto nazionale (504,51 euro/t a dicembre 21, livello record dal 1993) è la diretta conseguenza della contrazione dell’offerta mondiale nel 2021(-9,6%) determinata dal crollo di quasi il 60% della produzione del Canada, primo produttore ed esportatore globale, colpito lo scorso anno da una grave siccità. Un quadro ulteriormente aggravato anche dai forti rincari dei costi dei trasporti, che hanno fatto lievitare dell’82,8% il prezzo della granella, determinando a cascata rincari del prezzo delle semole all’ingrosso (+87,2%) e della pasta di semola al consumo (+13,4%).

Il mercato italiano è molto esposto alle dinamiche internazionali in quanto strutturalmente deficitario di frumento. Le importazioni soddisfano il 65% del fabbisogno nazionale di frumento tenero e il 35% di quello di frumento duro, mentre il nostro Paese produce mediamente 3 milioni di tonnellate di tenero all’anno e 4,2 milioni di tonnellate di duro.
Oltre la metà della produzione nazionale di pasta di semola prende la via dei mercati esteri, con un export in costante crescita: +37% in volume e +52% in valore negli ultimi 10 anni.

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