Ortofrutta. Agrumi, a Taranto crollano del 48% i prezzi. Meno consumi, troppi costi di produzione

TARANTO – Sono crollati del 48% i prezzi degli agrumi sulla piazza di Taranto, con il rincaro del carrello della spesa e il cambiamento climatico che hanno decimato i raccolti, mentre i consumatori hanno tagliato gli acquisti di frutta che crollano dell’8% in quantità rispetto allo scorso anno, ai minimi da inizio secolo.

E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, sulla base del rapporto Ismea, con lo scenario illustrato nel corso del focus sugli agrumi del Golfo di Taranto a Massafra, quando è aumentata la superfice in produzione di agrumi del 13,7% nel 2022 rispetto all’anno precedente, mentre si assiste ormai in maniera strutturale al crollo delle quotazione, andamento ciclico in ogni campagna.

“I prezzi non sono assolutamente remunerativi. E’ stata l’ennesima annata da dimenticare”, lancia l’allarme il presidente di Coldiretti Taranto, Alfonso Cavallo. “Si tratta di un trend drammatico che ha effetti pesanti sul piano economico e occupazionale per le imprese agricole, ma anche dal punto di vista ambientale e per la salute dei consumatori, su cui è necessario intervenire con misure di trasparenza per promuovere i consumi sul mercato interno di prodotti del territorio e favorire le esportazioni”, aggiunge Cavallo.

Al calo dei consumi si aggiunge l’arrivo incontrollato di agrumi di provenienza estera che contribuisce notevolmente – dice ancora Coldiretti Taranto – ad appesantire il livello economico e occupazionale delle imprese agricole regionali, ma che ha anche riverberi negativi nei riguardi dei consumatori, su cui è necessario intervenire con misure di trasparenza per promuovere i consumi dei prodotti del territorio. Il risultato è un calo dei consumi che sono scesi per le arance sotto i 15 chili a persona all’anno – insiste Coldiretti Taranto – per effetto di una diminuzione che negli ultimi 15 anni varia da oltre il 20% per le arance ad oltre il 50% per i mandarini e le clementine.

“E’ necessaria l’istituzione di un tavolo agrumicolo permanente, considerato che la crisi del comparto è strutturale, e un Piano agrumicolo regionale che preveda il sostegno per nuovi impianti e una rigenerazione del patrimonio agrumicolo in provincia di Taranto”, chiede il direttore della Coldiretti regionale, Pietro Piccioni.

Per ridurre la volatilità e stabilizzare i prezzi occorre – insiste la Coldiretti Taranto – realizzare rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione  con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti e l’avvio da parte della Regione dia avvio a un immediato piano promozionale del prodotto agrumicolo regionale, anche in accordo con la Distribuzione Organizzata.

“Non è certo un periodo particolarmente positivo – spiega Lorenzo Bazzana, responsabile economico settore ortofrutta della Coldiretti nazionale – per le produzioni ortofrutticole, strette tra cambiamenti climatici, insetti e patogeni alieni, crisi economica e calo dei consumi. Gli italiani hanno ridotto i consumi di ortofrutta dell’8% nell’ultimo anno e rispetto al 2000 i consumi si sono quasi dimezzati. Servono iniziative importanti per rilanciare la produzione, ridare un giusto reddito ai produttori e stimolare i consumi perché, ai livelli attuali, meno di 300 grammi di ortofrutta al giorno, rischia di esplodere la spesa sanitaria del nostro paese. Si deve lavorare per rendere più distintive la nostre produzioni, con una identità legata al territorio ed alla qualità e rilanciare i consumi di ortofrutta, agrumi in particolare, alla base di quella dieta mediterranea che ha permesso agli italiani di raggiungere record di longevità e salute. Distintività, qualità, accordi di filiera e lotta alle pratiche sleali per un giusto reddito, sono gli strumenti per rilanciare l’economia ortofrutticola”, aggiunge Bazzana.

Le imprese agricole impegnate nella produzione di agrumi in provincia di Taranto sono 1.041, il 9% del totale dell’imprenditoria agroalimentare jonica, con una produzione di clementine, arance e mandarini di 2,5 milioni di quintali – dice Coldiretti Taranto – un patrimonio da valorizzare attraverso un piano straordinario agrumicolo ed un sostegno al reddito. Intanto, la Puglia ha detto addio a oltre 8 milioni di piante di frutta fresca in Puglia negli ultimi quindici anni con la scomparsa che riguarda tutte le principali produzioni, con il taglio maggiore che ha interessato limoni (-27%), arance (-23%), mele (-17%), clementine e mandarini (-3%).

 

Un trend pericoloso anche dal punto di vista ambientale con degrado e all’abbandono che favorisce le alluvioni e le frane. A preoccupare è anche l’impatto climatico: le coltivazioni, come le foreste, possono generare benefici ecosistemici che non sono solo la rimozione di CO2 ma, ad esempio, il miglioramento della biodiversità e della qualità dell’aria, secondo un’analisi di Rete Clima. Una pianta adulta – precisa Coldiretti Taranto – è capace di catturare dall’aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili e un ettaro di piante elimina circa 20 chili di polveri e smog in un anno. In altre parole, quindi con la strage di piante da frutto è venuta a meno in Italia la capacità di assorbimento di ben 2 milioni di chili di inquinanti all’anno.

Per sostenere le esportazioni, la crescita e le nuove opportunità di lavoro occorre investire sulla competitività del Made in Italy a partire dall’apertura a nuovi mercati esteri e dal superamento delle grandi difficoltà create dall’embargo russo. Servono nuovi mercati e maggiori tutele per i produttori – insiste Coldiretti Puglia – circa il prezzo di vendita dei prodotti che possa tutelarli e consentirgli la copertura dei costi di coltivazione, gestione e raccolta dei prodotti così da poter distribuire maggiori ricchezze anche ai lavoratori.

L’impennata dei costi di produzione ha colpito tutte le fasi dell’attività aziendale – rileva Coldiretti Taranto – dal riscaldamento delle serr+e ai carburanti per la movimentazione dei macchinari, dalle materie prime ai fertilizzanti, con spese più che raddoppiate anche per gli imballaggi, con gli incrementi che colpiscono le retine e le buste (+72%), alla carta per bollini ed etichette fino al cartone ondulato per le cassette (+77%), stesso trend di rincari per le cassette in legno, mentre si allungano anche i tempi di consegna, in qualche caso addirittura quintuplicati.

Alle barriere commerciali si aggiungono i danni causati dalla concorrenza sleale – denuncia Coldiretti Taranto – con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso spinto addirittura da agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea.

 

E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute, secondo il principio di reciprocità. La crisi della frutta italiana mette a rischio non solo la salute dei cittadini ma anche il futuro delle oltre diecimila giovani imprese agricole che hanno scelto di investire nel settore ortofrutticolo, il più gettonato dagli agricoltori under 35, conclude Coldiretti nel sottolineare che si tratta di “una nuova generazione di imprenditori che hanno assicurato in questi anni un apporto importante dal punto di vista dell’innovazione di prodotto e della sostenibilità delle coltivazioni che non possiamo ora permetterci di perdere.

 

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