Agricoltori sempre più imputati e meno protagonisti, l’Europa ammetta i propri errori. Paolo De Castro commenta le proteste del mondo agricolo

BRUXELLES – A poche ore dall’intervento politico del presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, sulle proteste degli agricoltori in Europa, abbiamo intervistato sul tema, e non solo, l’eurodeputato Paolo De Castro, già presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo e Relatore della Riforma UE sulle IG.

“Come ho detto in aula a Strasburgo qualche giorno fa, non c’è un provvedimento specifico che mette in difficoltà il mondo agricolo europeo, ma c’è un clima generale che ormai è arrivato a saturazione perché gli agricoltori si sono sentiti abbandonati o addirittura hanno visto nell’Europa, nella Commissione in particolare, un nemico dell’agricoltura. Per la prima volta dopo tanti decenni gli agricoltori che sono stati sempre i più europeisti delle forze sociali, si sono trovati a essere antieuropei addirittura e questo è frutto di un clima generale che li ha visti non più protagonisti della transizione ecologica, ma come imputati, il problema della transizione, loro che invece sono la soluzione”.

Le parole della presidente Von der Leyen che effetto avranno?

“Sicuramente positivo che si sia espressa, le sue parole sono arrivate dopo un dibattito in commissione agricoltura di ieri con il nuovo presidente di questo comitato per il dialogo strategico per l’agricoltura. Abbiamo detto che è il momento che l’Europa riconosca gli errori che ha fatto Bruxelles e gli errori sono stati ancora una volta quello di fare una transizione ecologica contro gli agricoltori e non averli resi protagonisti di un progetto comunitario”.

Più o meno il contrario di quanto avvenuto negli Stati Uniti.

“E’ paradossale dirlo ma come hanno fatto gli Stati Uniti  con l’inflaction induction Act, mettendo sul piatto 20 miliardi di dollari per aiutare i farmers americani a una transizione ecologica perchè tu puoi dire agli agricoltori di ridurre la chimica, puoi dire agli agricoltori di essere più sostenibili, ma devi fornire loro anche una traiettoria nuova, un progetto con gli strumenti per poter raggiungere l’obiettivo prefissato”.

Un passo in avanti sulle TEA?

“E’ una vita che chiediamo questo provvedimento, finalmente si è mosso qualcosa per una norma che permetta le nuove biotecnologie sostenibili e che le metta al pari delle altre tecniche di miglioramento genetico.  Ricordiamolo a chi ne è convinto: non c’entrano niente con gli OGM, basta con questo continuo riferimento. In questo caso non ci sono mix di geni, si lavora sullo stesso patrimonio genetico. L’Europa non l’ha ancora fatto e siamo agli ultimi mesi di legislatura”.

La legislatura termina con degli “scatti finali” di non poco conto.

“Per esempio con il regolamento sui fitofarmaci che dice agli agricoltori di ridurre del 50% la chimica, però non dà soluzioni se non dire arrangiatevi. Ma come combattono le malattie gli agricoltori se gli togliamo la chimica, è ovvio che occorra fornire delle alternative che possono passare dalla precision farming, dalla genetica. Stessa cosa per quanto riguarda il provvedimento sulle emissioni industriali: ma è possibile fare una direttiva sulle emissioni industriali e paragonare le stalle alle fabbriche? Come se in Italia le emissioni dell’Ilva di Taranto possano essere paragonate a quelle di una stalla che produce latte per il Parmigiano Reggiano. Mettici anche questo sentiment negativo contro l’agricoltura a cui poi si sono aggiunti anche provvedimenti nazionali vedi in Germania la norma che voleva eliminare i sussidi per il gasolio, vedi in Olanda il programma di abbattimento del 30% dei capi eccetera, ovvio che il settore si ribelli”.

Sulla carne in laboratorio come andrà a finire?

“Non è un problema italiano, anzi l’Italia è stata apripista da questo punto di vista, ma è un problema molto sentito da molti paesi europei, quindi il documento italiano francese e austriaco contro i cibi coltivati è stato sottoscritto da ben nove altre delegazioni. L’argomento mette inevitabilmente preoccupazioni per ragioni etiche, perché c’è una concentrazione di potere nelle mani di pochi; per ragioni di salute perché ancora non sappiamo tutti questi antibiotici o questi ormoni che devono essere utilizzati per la moltiplicazione cellulare che effetti avranno sulla salute umana; ovviamente anche per ragioni di carattere economico perché se noi cancelliamo la zootecnia nelle nostre colline e nelle nostre montagne, chi fa poi la cura del del del nostro territorio e del nostro paesaggio? Stiamo tuttavia ancora parlando di creare una riflessione più approfondita e dire alla commissione e a tutto il mondo di trovare un’approfondita valutazione, come si sta facendo anche in Italia con un Comitato scientifico ad hoc”.

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