Agroalimentare, Ismea: le importazioni (+5,4%) corrono meno dell’export (+5,7%) nel 2023. Migliora il disavanzo della bilancia commerciale

ROMA – Il 2023 segna per l’agroalimentare italiano una riduzione di oltre il 12% del deficit della bilancia commerciale dovuta a una dinamica delle esportazioni più accelerata rispetto a quella dell’import, nel contesto di rientro delle tensioni inflazionistiche sui prezzi delle materie prime agricole, di cui l’Italia è un grosso utilizzatore.  

Lo rende noto Ismea mercati.

Le esportazioni agroalimentari, l’anno scorso, hanno messo a segno un nuovo record, portandosi a 64 miliardi di euro, con un +5,7 % sul 2022. Per 55,3 miliardi di euro, le vendite sono riconducibili a bevande e alimenti trasformati (+5,8%), a cui si aggiungono 8,8 miliardi di esportazioni di prodotti agricoli (+5,5%).

Gli alti prezzi delle commodity agricole, seppure in calo dopo le tensioni del 2022, hanno continuato a sostenere le importazioni agroalimentari, il cui valore ha superato i 65 miliardi di euro (+5,4% su base annua); di questi, 43,3 miliardi si devono ai trasformati industriali (+6,9%) e quasi 22 miliardi ai prodotti primari (+2,6%).
 Questi andamenti, in termini di saldo commerciale, hanno comportato un disavanzo di 889 milioni di euro nel 2023, con una riduzione di 126 milioni rispetto all’anno precedente. 

Germania, Francia e Stati Uniti
 si confermano i tre maggiori sbocchi commerciali, con il 37% delle vendite complessive, anche se a spingere i fatturati all’estero sono stati soprattutto Polonia (+15,5%), Romania (+17,3%), Croazia (+18,2%) e Austria (11%). Al contrario, l’agroalimentare italiano ha segnato una battuta d’arresto in mercati, altrettanto significativi, quali Giappone, Canada e Repubblica Ceca.

Vini e spumanti
pasta prodotti della pasticceria e panetteria restano le categorie più esportate, seguite dal caffè torrefatto e dai formaggi stagionati.


I maggiori fornitori, per quanto attiene alle importazioni, sono Germania, Francia, Stati Uniti, Paesi Bassi e Polonia, con quasi il 50% di incidenza sul totale.
 Il caffè (non torrefatto) è il prodotto che ha generato l’anno scorso il maggiore esborso su fronte delle importazioni, seguito da olio extravergine di oliva (di cui l’Italia è anche un grosso esportatore), mais, bovini vivi e tagli suini destinati alla lavorazione industriale.

Sono dati che confermano l’importanza del ruolo di trasformatore dell’Italia nell’agroalimentare, con il settore agricolo, tuttavia, che oltre a garantire all’industria nazionale materie prime e prodotti di qualità, contribuisce a rafforzare le esportazioni, grazie soprattutto al prestigio e alla rilevanza economica del comparto ortofrutticolo.
   

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