Una viticoltura resistente ai cambiamenti climatici e sostenibile all’ambiente. A Panzano in Chianti (Fi) da quasi 30 anni il lavoro dell’Unione dei Viticoltori

PANZANO IN CHIANTI (FI) – Nel 1996 nasce nel piccolo borgo fiorentino, cuore della produzione del Chianti Classico Docg, l’Unione Viticoltori di Panzano in Chianti. Una associazione che prende vita dalla visione di alcuni allora giovani vitivinicoltori decisi ad unirsi per valorizzare il territorio che avevano scelto come luogo di vita, in cui stavano mettendo la loro passione e investendo tutte le loro energie, Panzano in Chianti.

Attualmente sono 23 le aziende dell’Unione Viticoltori di Panzano in Chianti che
hanno scelto di intraprendere una strada condivisa nel segno dell’eccellenza, della
sostenibilità e dell’amicizia, concentrando in un breve spazio territoriale alcune delle
più rinomate aziende al mondo per la produzione di Chianti Classico. Le aziende
aderenti coprono per estensione quasi tutta la UGA (Unità Geografica Aggiuntiva) di
Panzano in Chianti, circa 500 ha vitati con una produzione media a ettaro di 50 ql di
uva.

Abbiamo intervistato il presidente dell’Unione, Giovanni Battista d’Orsi, su alcune delle tematiche attuali del vino, partendo dal modello che ha caratterizzato questo gruppo di produttori fin dalla sua nascita.

Grazie all’impegno dei produttori di vino, Panzano è divenuto uno dei primi bio-distretti in Italia, sicuramente nel vino. Cosa è cambiato dal 1995 a oggi in termini di percezione del vostro progetto?

“Per noi, la certezza di aver fatto la scelta giusta. I fenomeni climatici estremi che da alcuni anni caratterizzano le nostre vendemmie ci rammentano inequivocabilmente che la scelta di rispettare l’ambiente intorno a noi è l’unico modo per convivere con essa. L’agricoltura biologica è la prima forma di sostenibilità, un atteggiamento  che è innato in ogni buon agricoltore che sa che è la terra che gli da mangiare e gli permette di vivere e che va  rispettata esattamente come  si rispetta se stessi e la propria famiglia. Una consapevolezza che spesso è stata minata o fuorviata  da altri il cui interesse era solo la logica del mercato e ai quali poco interessava la vita e lo sviluppo degli agricoltori. Per  noi essere biologici non è un privilegio o una furba strategia di mercato, ma  una necessità dettata dall’amore che abbiamo per il nostro territorio, a cui abbiamo affidato le sorti della nostra vita.

Oggi il Consorzio del Chianti Classico ha delineato le UGA. Forse siete stati precursori in questo senso creando una “unità” ante-litteram: per voi questa ridefinizione del territorio fatta dal Consorzio è un limite o un vantaggio?

“Potrebbe essere semplicemente la conclusione di una visione avuta 30 anni fa da uno sparuto gruppo di giovani imprenditori agricoli innamorati di Panzano , invece mi piace pensare che l’UGA rappreseti  un nuovo inizio della nostra Denominazione Chianti Classico che potrà finalmente valorizzare  le sue infinite peculiarità territoriali declinandole secondo la caratteristiche delle sue aziende a dimostrazione  che  è  nella “diversità” che le UGA potranno compiutamente esprimere  la vera cifra del loro valore e la qualità dei vini prodotti”.

Uno dei “problemi”, soprattutto all’estero, è la confusione del consumatore tra “Chianti” e “Chianti Classico”. In questo senso essere “Viticoltori di Panzano” vi ha agevolato nella promozione e comunicazione del prodotto?

“Certamente si; perché dietro il nome di una denominazione come quella del Chianti Classico, per anni riferita ad un territorio i cui confini geografici potevano essere  confusi, millantati o ancora peggio abusati per gli usi più svariati,  oggi  la definizione dell’ UGA di Panzano (Unità Geografica Aggiuntiva) ci restituisce  definitivamente la nostra legittima identità consentendoci una comunicazione autentica e puntuale dei nostri vini attraverso un territorio specifico e sopratutto riconoscibile”.

L’Unione Viticoltori di Panzano in Chianti fin dall’inizio ha posto grandissima attenzione
alla sostenibilità e al territorio scegliendo di fare viticoltura biologica. Questa scelta di
pochi è stata nel tempo condivisa da altri, ed oggi la viticoltura biologica è
l’elemento che caratterizza e distingue la quasi totalità della superficie vitata di
Panzano, con il progetto ben preciso, che mira a realizzare il primo grande
comprensorio viticolo totalmente coltivato secondo il metodo BIO.

Attualmente non è possibile poter far parte dell’Unione dei Viticoltori di Panzano se
non si è in possesso di una certificazione Biologica o Biodinamica.
Dal 2009 L’unione Viticoltori di Panzano in Chianti finanzia una stazione sperimentale
“la SPEVIS” gestita e coordinata dal Dott. Ruggero Mazzilli con il compito di monitorare
i parassiti della vite a tutela del territorio secondo i principi della sostenibilità e del
rispetto dell’ambiente.

Dal 2019 l’Unione Viticoltori di Panzano in Chianti si è dotata di una rete di centraline
meteorologiche le cui rilevazioni fanno capo alla stazione Sperimentale e ad un
dipartimento dell’Università di Agraria di Milano al fine di sviluppare un modello
epidemiologico per il controllo della peronospora, fungo particolarmente dannoso
per la vite, attraverso pratiche agronomiche che riducano sempre di più i trattamenti
a base di rame e di conseguenza l’impatto ambientale.

Alcune aziende hanno raggiunto anche l’autosufficienza energetica da rinnovabile
attraverso pannelli fotovoltaici e molte di esse praticano in azienda il compostaggio
per il recupero delle biomasse a fini sia energetici che di fertilizzazione dei vigneti.

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