SIENA – Dopo alcuni anni di chiusura, la nuova Enoteca Italiana Siena è pronta ad aprire le porte dei bastioni in Fortezza Medica per la prossima estate. Un luogo che ha fatto la storia del vino italiano.
Storia di vite si potrebbe chiamare. Non solo per la pianta che regala i frutti da cui si produce il vino ma per il crocevia incredibile di vicende, personaggi e momenti che hanno attraversato la storia di un ente come l’Enoteca Italiana di Siena.
La riapertura nel mese di giugno, come primo evento ospiterà il Concorso Internazionale Città del Vino.
Ne abbiamo parlato con l’amministratore delegato di Enoteca Italiana Siena, Elena D’Aquanno.
A giugno Enoteca Italiana Siena riapre i battenti all’interno della Fortezza Medicea dove tutto ebbe inizio nel 1933 con la Prima Mostra Mercato dei Vini Tipici d’Italia. Cosa la affascina di più: il peso della storia dell’Enoteca Italiana o la sfida di reinventarla in chiave contemporanea?
Entrambe le cose – sottolinea D’Aquanno -, ma se devo scegliere, direi la sfida di reinventarla. La storia è importantissima, parliamo di un luogo che nel 1933 ha segnato l’inizio di un racconto nazionale sul vino italiano, ma oggi abbiamo la responsabilità di non lasciarla ferma nel passato. Quello che mi affascina è dare nuova vita a questa eredità, renderla viva, attuale, capace di parlare alle persone di oggi.
L’Enoteca Italiana tra memoria e futuro: qual è, secondo lei, il vero genius loci di questo luogo e come intende farlo parlare alle nuove generazioni di winelovers?
Il genius loci della Fortezza è l’incontro tra solidità e visione. È un luogo che è stato costruito per durare, e oggi può diventare un punto d’incontro tra chi ama il vino, la cultura, la bellezza. Farlo parlare ai giovani significa non cadere nella nostalgia, ma saper raccontare storie vere, coinvolgenti, esperienze che lascino il segno. Vogliamo che chi entra in Enoteca si senta parte di un viaggio, non solo di una degustazione.
Museo del vino, ristorante, eventi culturali. Recentemente ha parlato di un Hub polifunzionale. Come immagina questo ecosistema e quale sarà la sua cifra distintiva rispetto ad altre realtà enoturistiche italiane?
Sarà un luogo dove le cose si tengono insieme: cultura, gusto, memoria, bellezza. Non vogliamo fare l’ennesima vetrina di vini. Enoteca Italiana sarà uno spazio dove ogni dettaglio – dall’esposizione al cibo, dagli eventi al museo – racconterà la stessa passione. Rispetto ad altre realtà, qui ci sarà un’anima forte, radicata nella storia ma capace di osare. Non un contenitore, ma un’esperienza viva.
Ha parlato di un Museo sensoriale del Vino che deve raccontare l’eccellenza del vino italiano. Ma in un mondo che comunica sempre più per immagini, esperienze e storytelling immersivo, come si traduce oggi l’eccellenza di un territorio in un’esperienza che emozioni?
Con sincerità, prima di tutto. Non serve spettacolarizzare: serve autenticità. Le persone vogliono emozionarsi, sì, ma in modo vero. Per questo abbiamo pensato a un museo che si possa toccare, vedere, annusare. Un luogo dove impari qualcosa senza sentirti a scuola, dove vivi storie attraverso immagini, suoni, materiali. Dove ogni vino racconta non solo com’è fatto, ma da chi è fatto e perché.
La Fortezza Medicea è un simbolo molto importante per la città di Siena. Quanto conta, oggi, restituire significato e visione a luoghi iconici spesso dimenticati, e che ruolo ha il vino in questa rigenerazione culturale urbana?
Il vino è un attivatore potente. Porta persone, crea relazione, racconta territori. Riportare il vino dentro la Fortezza significa ridare senso a uno spazio che per anni è rimasto muto. Non lo stiamo “recuperando”, lo stiamo facendo parlare di nuovo. E quando un luogo torna a parlare, la città cambia. E si riaccende anche un certo orgoglio di appartenenza.
Da donna manager con esperienze in più settori, quale aspetto ritiene più urgente da portare nel mondo del vino e della sua comunicazione?
Serve più sincerità, più inclusione e un modo di comunicare che parli davvero alle persone. A volte il mondo del vino sembra chiuso in se stesso, difficile da capire se non sei un esperto. Vorrei portare più semplicità e calore: raccontare le storie vere che ci sono dietro ogni bottiglia, dare spazio a nuove voci, soprattutto a quelle giovani e femminili. Il vino è fatto di persone, territori, passione: dobbiamo tornare a raccontarlo così, senza complicazioni.
Siena può tornare ad essere una capitale del vino?
Sì, ne ha tutto il diritto e il potenziale. La storia ce l’abbiamo, la bellezza anche. Quello che serve è credere davvero in questa possibilità e lavorare insieme. Non bastano i ricordi del passato: dobbiamo creare qualcosa di forte oggi, che metta al centro il vino, le persone, la città. L’Enoteca Italiana sarà il cuore di questo rilancio, ma Siena ha bisogno di sentirsi coinvolta tutta intera: istituzioni, cittadini, produttori. Se facciamo squadra, Siena può tornare protagonista.
