ROMA – “La crescita costante degli imballaggi immessi al consumo, unita ai risultati positivi sul fronte del riciclo, non può nascondere il fatto che il sistema, così com’è, è economicamente squilibrato e socialmente iniquo.
I Comuni faticano a sostenere i costi crescenti della raccolta differenziata, mentre gli agricoltori sono schiacciati da oneri che finiscono per gravare, alla fine, anche sulle tasche dei cittadini. È il momento di ristabilire un equilibrio, raddoppiando il contributo Conai ai Comuni e affrontando con serietà la questione degli imballaggi a monte”.
Così Mario Serpillo, presidente dell’Unione Coltivatori Italiani (UCI), commenta la Relazione generale 2025 del Consorzio Nazionale Imballaggi (Conai), che fotografa l’andamento del sistema nel 2024.
I numeri riportati da Conai parlano di 14 milioni di tonnellate di imballaggi immessi al consumo, con un incremento dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Il tasso di riciclo effettivo ha raggiunto il 76,7%, con 10,7 milioni di tonnellate avviate a riciclo e un incremento del 2,1% rispetto al 2023. A questi si sommano le tonnellate recuperate tramite valorizzazione energetica, che portano il totale complessivo a 12,1 milioni. Numeri certamente positivi, che pongono l’Italia tra i Paesi più virtuosi in Europa in termini di riciclo pro capite. Tuttavia, avverte Serpillo, “non possiamo fermarci alla fotografia positiva dei risultati ambientali, se ignoriamo i costi di questo sistema e chi li sostiene realmente”.
Secondo la stessa relazione Conai, nel 2024 sono stati versati ai Comuni poco più di 800 milioni di euro per coprire i maggiori oneri della raccolta differenziata. Una cifra che, secondo numerosi amministratori locali e analisti indipendenti, non è più sufficiente a coprire i costi effettivi sostenuti.
“Ci troviamo di fronte a un sistema in cui i ricavi – oltre 1,5 miliardi di euro complessivi – e i margini accumulati non si traducono in un adeguato supporto a chi opera quotidianamente per far funzionare la raccolta e garantire standard ambientali elevati. È fondamentale – afferma Serpillo – assicurare ai Comuni un sostegno economico adeguato rispetto agli oneri che sostengono. Lasciare i territori soli a gestire una parte così rilevante del sistema equivale a compromettere l’intero equilibrio ambientale ed economico”.
Il presidente UCI richiama anche un’altra criticità che emerge con forza dalla lettura dei dati: l’impatto economico della crescita degli imballaggi sulla filiera agricola. Secondo gli ultimi rapporti ISTAT, nel 2022 i costi degli input produttivi agricoli – tra energia, fertilizzanti, materiali e imballaggi – sono cresciuti del 25,3%, mentre i prezzi dei prodotti agricoli sono aumentati solo del 17,7%. Il CREA conferma che, in media, un agricoltore riceve meno di 6 euro ogni 100 spesi dal consumatore per prodotti freschi, e addirittura meno di 2 euro per i prodotti trasformati.
“Questo significa – evidenzia Serpillo – che il peso economico degli imballaggi, spesso invisibile, finisce per schiacciare la marginalità delle imprese agricole, che non riescono a trasferire quei costi a valle, e per far lievitare i prezzi al consumo, aggravando la pressione sulle famiglie.”
In questo contesto, diventa urgente promuovere un cambiamento strutturale che punti non solo a rafforzare il sistema del riciclo, ma anche a prevenire la produzione di rifiuti attraverso la riduzione e la semplificazione degli imballaggi, in particolare nel settore agroalimentare. “Occorre incentivare soluzioni alternative, sostenibili e accessibili, che riducano l’utilizzo di packaging plastico e favoriscano modelli di riuso, specialmente nelle filiere ortofrutticole e nei mercati di prossimità. Serve una strategia che valorizzi le produzioni locali e le filiere corte, le uniche davvero capaci di abbattere i costi strutturali e l’impatto ambientale lungo la catena del valore”.
Serpillo conclude con un appello al governo e agli enti regolatori: “Il sistema italiano del riciclo è una risorsa strategica per l’economia circolare, ma oggi rischia di diventare insostenibile se non si interviene con coraggio. Serve un nuovo patto tra Consorzi, Comuni, agricoltori e consumatori, basato su una redistribuzione più equa delle risorse, sulla trasparenza dei costi e sull’innovazione vera. È in gioco non solo la qualità ambientale del nostro Paese, ma anche la giustizia economica per chi lavora ogni giorno nei campi e nei territori”.