Biometano: in campagna la transizione parla agromeccanico

ROMA – Il futuro della transizione energetica non passa solo per le grandi infrastrutture o i mega-progetti fotovoltaici. Passa per la campagna.

Lo sviluppo del biometano agricolo rappresenta una delle frontiere più promettenti della decarbonizzazione. Solo entro il 2026, anno in cui è previsto il completamento degli investimenti previsti dal Pnrr, otto nuovi impianti saranno operativi nel Nord Italia grazie al progetto Agri.Bio.Metano, promosso dalla CGBI (Confederazione Generale dei Bieticoltori Italiani), con un investimento di 90 milioni di euro e una produzione prevista di 20 milioni di metri cubi di biometano all’anno.

“Un primo passo, ancora lontano dal potenziale nazionale di 5,6 miliardi di metri cubi producibili in Italia secondo l’Atlante ENEA delle biomasse, ma decisivo per dimostrare che il modello funziona”, afferma Aproniano Tassinari, presidente di UNCAI.

In questo modello, i contoterzisti agromeccanici possono essere la chiave di volta. “Non ci sarà vera transizione energetica senza logistica, standardizzazione e servizi efficienti”, prosegue Tassinari. “E chi meglio dei contoterzisti conosce i flussi agricoli, i tempi delle campagne, le esigenze dei territori? La nostra categoria è pronta a diventare il cuore operativo della bioeconomia”.

Raccogliere biomasse, trasportare sottoprodotti, gestire reflui e digestato in modo sostenibile, supportare tecnicamente gli impianti, fornire mezzi alimentati a gas verde: sono solo alcune delle attività che vedono – o dovrebbero sempre più vedere – coinvolti gli operatori agromeccanici. Non più semplici fornitori di servizi, ma partner tecnologici nella costruzione di filiere energetiche locali.

UNCAI sottolinea come il contoterzismo si trovi in una posizione unica per facilitare economie di scala e ridurre i costi della produzione di biometano, garantendo al tempo stesso standardizzazione dei protocolli e maggiore efficienza operativa, oggi ancora carente in molte aree del Paese.

Ma non basta l’efficienza tecnica.

Il biometano – come tutte le innovazioni che incidono sul paesaggio – deve confrontarsi con il tema del consenso sociale. “Troppo spesso i progetti si arenano davanti al muro dell’opposizione locale, alimentata da cattiva informazione o da una scarsa trasparenza”, osserva Tassinari. “La transizione non può essere calata dall’alto: deve essere discussa, condivisa, costruita insieme alle comunità”.

La promozione del biometano agricolo deve rispondere alle emergenti istanze di sostenibilità e trasformarsi in un volano per l’economia locale e il tessuto sociale, in uno strumento di inclusione per le comunità, stimolando la creazione di nuovi posti di lavoro e rafforzando il legame tra cittadini e ambiente. Ecco allora che i contoterzisti diventano anche mediatori: imprenditori radicati nei territori, professionisti in grado di certificare lavorazioni e garantire processi rigorosi, capaci di fare da ponte tra agricoltori, imprese energetiche e cittadini. “La fiducia non si ottiene con le slide, ma con la presenza quotidiana e il lavoro concreto”, aggiunge Tassinari.

Il biometano può – e deve – essere una delle colonne portanti delle comunità energetiche rinnovabili. Un modo per produrre energia a chilometro zero, valorizzando scarti agricoli e sottoprodotti che diventano risorsa. In questo contesto, i contoterzisti possono offrire non solo i mezzi, ma anche la competenza necessaria per far funzionare il sistema in modo integrato.

“Per passare dalla teoria alla pratica delle comunità energetiche serve qualcuno che sappia tenere insieme i pezzi: la produzione agricola, la gestione energetica, la sostenibilità ambientale ed economica. È esattamente ciò che ogni giorno fa il contoterzista”. In questo quadro, i contoterzisti sono pronti a fare la loro parte. Anzi, a essere l’energia concreta di una filiera che può cambiare il volto dell’agricoltura italiana.

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