Dalla stalla, al latte uht, ai formaggi. A Torino gli allevatori si sono messi in proprio. La storia di Fattorie Tobia

TORINO – Dalla stalla al latte uht e ai formaggi, gli allevatori si sono messi in proprio.

Fattorie Tobia è una storia di innovazione sociale che esalta la filiera corta, sfida multinazionali e grandi caseifici, e che adesso fattura 18 milioni di euro.


Per Fattorie TObia l’apertura di un punto vendita a Torino, alla fine di ottobre, rappresenta l’ultimo traguardo di un percorso di innovazione sociale che sfidando multinazionali, e medi grandi caseifici, ha permesso ad un gruppo di allevatori di mettersi in proprio e di dar vita ad una filiera che dalla mungitura delle vacche in stalla arriva fino alla produzione di latte Uht, formaggi, burro e yogurt.

“Adesso la cooperativa, con 19 soci, ritira mille quintali di latte al giorno, dà lavoro a dieci dipendenti e dovrebbe chiudere il 2025 con un fatturato di 18 milioni di euro, quattro in più dell’anno scorso”, spiega Paolo Druetta, il presidente della cooperativa (foto copertina), che all’epoca del movimento degli autoconvocati era, per tutti, il “mangimista”.

Lo sbarco a Torino, però, non è il punto di arrivo di questa esperienza decennale ma diventa un’opportunità, una vetrina per dimostrare che lo schema di gioco funziona e che può essere utilizzato non solo per il latte: “Siamo convinti che ci sia spazio per portare, mettendoci la faccia, prodotti sani e genuini dalla fattoria direttamente al consumatore”. Si vedrà, quel che è certo è che l’apertura di punti vendita nella pianura torinese, prima a Scalenghe e poi a Volvera, permette di connettere decine di aziende e di dar vita al “Paniere Tobia” che promuove la filiera corta a chilometro zero: c’è il fresco ma anche marmellate, succhi di frutta e passata di pomodoro fino a carni e salumi locali. Nel secondo punto vendita di Volvera c’è spazio per carni e salumi locali. Ancora Druetta: “Collegando soci, negozi e clienti abbiamo creato una rete che permette ai soci di conferire i prodotti in un’unica piattaforma per poi essere venduti nei punti di acquisto aziendali e nei negozi”. La rete si chiama, per ora, Pia (che in piemontese significa prendi) e Porta: gli autisti che guidano il furgone non portano e ritirano solo il latte ma anche prodotti agroalimentari dei soci.

Il filo rosso che collega il presente di Fattorie Tobia al 2015 quando il movimento degli autoconvocati del latte muoveva i suoi primi passi è “la capacità di mettere in pratica – spiega Druetta – proverbi popolari. Abbiamo imparato che uniti si vince e che, se vuoi cambiare le cose devi prima di tutto farlo senza contare sugli altri, insomma: aiutati che Dio t’aiuta”.

E poi ci sono le tecnologie: dieci anni fa la mobilitazione di migliaia di allevatori venne gestita attraverso whatsapp e un simulatore permise di individuare il giusto prezzo del latte alla stalla. Il passaggio dalla stalla alla produzione nasce da una sperimentazione per usare il latte che non viene ritirato nel fine settimana.

L’idea è di mettere nella «macchina del tempo» il latte fresco piemontese: “L’obiettivo – spiega Druetta – è di dare una scadenza più lunga alla materia prima che arriva da stalle gestite per favorire il benessere degli animali”. Siamo nel 2019, l’anno prima del Covid. La pandemia potrebbe mettere a rischio l’attività, ma diventa un’opportunità perché l’attività ridotta dei caseifici permette a chi ha il latte di poter avviare la produzione di formaggio di media e lunga stagionatura e poi di miscele di gelato, yogurt, bevande e dolci già preparati come la panna cotta della coop.

Adesso è arrivata l’ora di “raccontare questa storia – conclude Druetta – anche attraverso i negozi fisici” e “dando una mano per tenere in vita piccole realtà familiari” o rivitalizzando luoghi storici del mondo del latte. E non è un caso che nel 2024 sia stato acquisito un caseificio a Marene.

 

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