ROMA – “Siamo vittime di una profonda ingiustizia. Eppure, non chiediamo fondi: l’unica nostra richiesta è di garantire al settore dell’olio di sansa condizioni di libero mercato, tutelando un settore storico, profondamente radicato al Sud”.
Giuseppe Masturzo, presidente del Gruppo olio di sansa di ASSITOL, l’Associazione Italiana dell’Industria olearia, passa al contrattacco e risponde alle critiche ricevute nelle ultime settimane dopo le due sentenze del Consiglio di Stato, che hanno dichiarato illegittimo il ricorso indiscriminato agli incentivi per usi energetici della sansa vergine, sulla quale va invece applicato il principio dell’impiego a cascata.
La sansa vergine è un sottoprodotto della lavorazione delle olive in frantoio, impiegata per produrre olio alimentare e biomasse, valorizzato dal lavoro delle aziende che trasformano la sansa vergine e ne estraggono un olio destinato all’alimentazione. L’olio di sansa fa quindi parte a tutti gli effetti della “famiglia” degli oli d’oliva e ha, da sempre, il ruolo di apripista dell’olio d’oliva nei nuovi mercati esteri, in virtù del suo gusto più neutro nei Paesi non ancora abituati al sapore dell’extra vergine.
Questa materia prima, essenziale per il lavoro dei sansifici, dal 2012 è utilizzata anche per la produzione di energia. Tale destinazione è sostenuta da incentivi sostanziosi, che hanno determinato quasi immediatamente una forte distorsione del mercato, sottraendo sansa vergine alle aziende a favore dei produttori di biogas e biometano avanzato. Ecco perché, già nel 2015, ASSITOL ha denunciato la situazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato: è stata poi la stessa Authority a segnalare “le rilevanti distorsioni” di mercato della sansa vergine al Parlamento.
“Nonostante questo primo riscontro istituzionale, non è successo nulla – racconta il presidente Masturzo – per questo, abbiamo deciso di ricorrere alla giustizia amministrativa”. La vicenda si è chiusa lo scorso luglio, con due sentenze del Consiglio di Stato che, dando ragione all’Associazione, hanno confermato il grave quadro distorsivo creato a partire dal 2012. Ma soprattutto, Palazzo Spada ha detto chiaramente nelle due pronunce che va seguito il principio dell’uso a cascata delle biomasse – il cosiddetto food first – ammettendo quello energetico per la sansa vergine soltanto dopo che le autorità responsabili abbiano accertato “che non siano, plausibilmente, possibili usi non energetici”. In sintesi, la sansa vergine può essere incentivata, ma dando assoluta precedenza all’utilizzo alimentare.
“Ci siamo dichiarati da subito disponibili a collaborare con le istituzioni e con i produttori di biometano – osserva Masturzo – per definire un ragionevole periodo di transizione, con l’obiettivo di evitare contraccolpi negativi alla filiera olivicola-olearia. Ad oggi, però, nessuno ci ha convocati, anche solo per ascoltare le nostre ragioni e siamo stati persino attaccati. Non vogliamo discriminare nessuno, ma soltanto difendere un principio di equità, tutelando così aziende centenarie, che operano soprattutto nel Sud Italia, dando lavoro a decine di persone”.
Nell’attesa che si avviasse un dialogo costruttivo, è di pochi giorni fa il tentativo di inserire un emendamento nel D.L. “Terra dei fuochi”, poi correttamente dichiarato improponibile secondo il quale sarebbe lo stesso produttore di biometano, destinatario degli incentivi, a certificare che, in relazione alla sansa vergine da lui usata, non siano stati possibili, in precedenza, usi non energetici. “Il controllato, in pratica, farebbe anche il controllore di sé stesso – fa notare il presidente dei sansifici -, escludendo l’autorità pubblica, il GSE, dalle sue funzioni di controllo”.
ASSITOL non vuole privilegi
“Chiediamo alle istituzioni che la normativa sugli incentivi alle sanse vergini recepisca, in pieno e nella sostanza, il contenuto delle sentenze del Consiglio di Stato – conclude Masturzo – permettendoci di competere ad armi pari con il comparto delle bioenergie ed eliminando, una volta per tutte, le distorsioni di mercato che rischiano di uccidere il comparto”.