PADOVA – Mancano pochi giorni al via alla raccolta delle olive sui Colli Euganei, ma si preannuncia un’annata difficile a causa della mancanza di prodotto in molti areali.
Nonostante questo l’olivicoltura in provincia di Padova va preservata, perché garantisce la tutela del paesaggio, limitando l’avanzamento boschivo e tutelando la biodiversità. E anche se le annate sono spesso difficili, è importante il sostegno degli enti pubblici per garantire quelle che sono produzioni di nicchia ma di altissima qualità e personalità.
A dirlo è Leonardo Granata, presidente degli olivicoltori di Confagricoltura Padova e del Veneto, a margine di un convegno che si è svolto a Salò sul “Valore dell’olivicoltura di collina, dalla tradizione al futuro”, organizzato da Confagricoltura Veneto e Brescia.
“La nostra olivicoltura non è neanche da paragonare, dal punto di vista quantitativo, a quella del Sud – sottolinea Granata -, ma la nostra zona di produzione, anche se marginale, dona olio di alta gamma e contribuisce a creare un contesto pregiato sia sotto il profilo paesaggistico, che ambientale e turistico. La Regione Veneto lo ha capito e si sta muovendo molto bene, perché sta varando proposte di legge incentrate sulla figura del produttore e sulla promozione dei prodotti di qualità, oltre che sul miglioramento dei macchinari nei frantoi.
Anche le Università di Padova e Verona si stanno muovendo bene, svolgendo un importante lavoro di ricerca sugli oliveti, che negli ultimi anni hanno patito problemi di cascola e fitopatie”.
Anche la stagione 2025 passerà agli annali come difficile non solo per la mancanza di olive, ma anche per una percentuale molto alta di mosca olearia. “Purtroppo le condizioni climatiche non ci hanno aiutato – spiega Granata -, a causa dell’eccesso di piogge che ha portato ad un elevato grado di umidità.
A questo si aggiunge la mancanza di molecole fondamentali per contrastare l’insetto. Oggi ci sono prodotti che costano di più e funzionano meno contro nemici infidi e dannosi. Si parla di un calo produttivo possibile tra il 40 e il 50%, anche se le rese potrebbero essere in crescita dal 6-8% dello scorso anno al 14-15%. Una magra consolazione, dato che il prodotto sarà pochissimo”.
In Veneto ci sono circa 5.000 ettari a oliveto (dati 2024 di Veneto Agricoltura), per un valore di circa 12 milioni di euro. Circa il 70% delle piante (3.600 ettari) è situato in provincia di Verona, sulle colline tra lago di Garda, Valpolicella e Valpantena. La provincia di Padova conta 450 ettari. Le aziende olivicole venete sono 4.500 con 63 frantoi attivi e due Op (Organizzazioni di produttori), che aggregano 1.400 imprese su 1.666 ettari. Due le denominazioni: la Dop Veneto, che comprende gli areali Veneto Euganei e Berici, oltre che Veneto Valpolicella e Veneto del Grappa; e la Dop Garda riguardante 19 Comuni del Veronese. La Regione Veneto sostiene le imprese del settore con una specifica misura del Csr 2023-2027 per la promozione dei prodotti di qualità, con 137.000 euro di stanziamento, e con un bando Pnrr per il miglioramento dei macchinari dei frantoi, che ha visto finanziate tutte le domande per 805.000 euro.
“Autunni e inverni miti, così come stagioni fredde in prefioritura e temperature elevate nel periodo di fioritura-allegagione, possono influire negativamente sul potenziale produttivo – ha detto al convegno di Salò Giovanni Battista Tornielli, dell’Università di Padova, che ha presentato uno studio sull’influenza del clima realizzato insieme ai colleghi Benedetto Ruperti, Francesco Tarateo e Anita Zamboni -. Interventi agronomici in prefioritura o ad inizio attività vegetativa, come abbiamo sperimentato, possono avere buoni risultati sulla cascola, soprattutto in alcune varietà. Bisogna però concentrarsi ancora sulla ricerca e sviluppare sistemi predittivi relativi alle anomalie climatiche, costante degli ultimi anni, mettendo a punto protocolli specifici di mitigazione”.
“L’olivicoltura del Nord, e del Veneto, è indispensabile per il successo dell’olivicoltura nazionale – ha detto Alberto De Togni, vicepresidente vicario di Confagricoltura Veneto -. Per il successo del Piano olivicolo nazionale, che dovrebbe vedere la luce all’inizio del 2026, è necessario che vengano sostenute sia la realtà produttiva del Sud, con l’impianto di nuovi oliveti, sia quella del Nord, situata in areali collinari, creando tutte le opportunità necessarie per investire in tecnologie all’avanguardia. Questo anche al fine di consentire un abbattimento dei costi di produzione e rendere il più agevole possibile il lavoro in oliveto”.