Oggi il glifosato, domani i neonics. Guidorzi e Mariani (Agrarian Sciences): imbroglio chiama imbroglio

di Alberto Guidorzi e Luigi Mariani su Agrarian Sciences

Verso l’epilogo dell’imbroglio del glyphosate L‘annosa vicenda del Glyphosate si avvia alla conclusione. Infatti, il solo parere dello IARC (International Agency for Research on Cancer), benché ritenuto inattendibile da tutti gli altri istituti mondiali che hanno valutato la cancerogenicità del glyphosate e non scevro da interrogativi di non terzietà, è stato sufficiente ad impedire fino ad ora la riomologazione dell’erbicida. In altri termini le autorità europee hanno chiesto pareri scientifici di conferma o meno circa l’avviso delo IARC ad organismi a ciò demandati, ma dato che questi pareri non li hanno supportati nell’accrescere i dubbi, sembrano propensi a dar credito alle paure inconsulte di una opinione pubblica cronicamente disinformata.
Dunque per i fautori del “daglial glyphosate” (Coldiretti in primis che lo vede come un mezzo per adottare ridicole politiche neo-autarchiche) l’imbroglio mediatico è pienamente riuscito e attendiamo la decisione delle autorità europee, rinviato al 6 novembre 2017 dopo che era stato constatato l’assenza del sostegno sufficiente per approvare la proposta della Commissione europea. Ago della bilancia sarà la Germania che, per problemi legati alla formazione del nuovo governo Merkel in cui i verdi avranno un ruolo essenziale, potrebbe schierarsi a favore del bando dell’erbicida.


Un imbroglio analogo per i neonicotinoidi Nella stessa posizione del glyphosate si trova ora una categoria di insetticidi della classe dei neonicotinoidi (che di seguito chiameremo “neonics”) incolpati di uccidere le api e altri insetti pronubi. Infatti, in Europa tre neonics sono già sospesi e a fine anno si deve decidere la non riomologazione. La querelle dura ormai da molto tempo ed è partita da un fenomeno molto strano, il cosiddetto CCD (colony collapse disorder) che ebbe il suo culmine nel 2006 allorché si giunse a profetizzare l’estinzione delle api. A distanza di 10 anni però nessun fenomeno di collasso degli alveari ha avuto luogo e anzi in tutte le parti del mondo il numero di colonie di api o è aumentato o è ritornato ai numeri ante-CCD. La scienza nel frattempo ha approfondito la propria indagine evidenziando che le malattie delle api sono le più importanti cause di moria mentre le numerose altre cause incidono in modo minore e i neronics ancora meno. La conclusione riconosciuta da tutti gli esperti è che nei casi di CCD studiati occorre prendere in considerazione una serie numerosa di concause.

Gli ambientalisti si impossessano dell’argomento api – Non poteva mancare che dell’argomento api – che tanto fa presa sull’opinione pubblica perché indebitamente assurte a simbolo di naturalità quando in realtà si tratta di animali domestici dal oltre 5000 e dunque profondamente modificati dall’uomo – si impossessassero i movimenti ambientalisti i quali in modo del tutto demagogico hanno additato come unica causa di CCD i sistemi di protezione chimica dei raccolti messi in atto dalla moderna agricoltura. La realtà è che nel passato, molto più di adesso, sono stati usati prodotti assai tossici per l’uomo e molto nocivi per gli insetti non bersaglio anche in virtù di improvvide tecniche di distribuzione. Di questa situazione non proseguibile nel tempo se ne sono fatti carico agronomi avveduti e gli stessi produttori di antiparassitari, per cui oggi assistiamo all’abbandono di molti di questi fitofarmaci, sostituiti da altri il cui impatto sugli insetti non bersaglio è molto minore e la cui nocività per l’uomo alle dosi consigliate è praticamente nulla.

Il progresso ha così portato all’imporsi di due categorie di insetticidi: i piretroidi ed i neonicotinoidi, che in sostanza hanno copiato le molecole di due insetticidi naturali come il piretro e la nicotina. Gli ambientalisti radicali e le lobby del biologico hanno capito subito che i neonics ben si prestavano per un attacco all’agricoltura produttiva funzionale alla loro strategia di presa del potere. Al contrario i piretroidi non dovevano essere attaccati in quanto in agricoltura biologica si usano le piretrine naturali e quindi non si poteva demonizzare le molecole di sintesi visto che l’uso di formulati naturali pressoché identici era per il produttore biologico l’unico strumento valido per un’agricoltura a torto presentata come più rispettosa dell’ambiente. I neonics poi erano stati adottati per la concia dei semi deposti nel terreno alla semina, e qui si deve ricordare che il numero di semi è solo leggermente superiore al numero di piante che si vogliono portare a raccolto il che implica che, a scanso di indesiderati cali produttivi, la salvaguardia si debba esplicare fin dal momento della germinazione. Gli studi usati per la strategia della demonizzazione dei neonics furono due, il primo pubblicato nel 2012 (qui) e l’altro nel 2014 (qui). A seguito di tali pubblicazioni i social divulgarono all’opinione pubblica la notizia secondo cui Il nuovo studio di Harvard dimostrerebbe in modo incontrovertibile la causa delle morie delle api. Eppure tali lavori dal punto di vista metodologico erano criticabilissimi in quanto prendevano in considerazione solo 18 alveari le cui api erano state alimentate con dello sciroppo di mais contenente o l’uno o l’altro dei due neonics (imidacloprid e clothianidin) per 13 settimane. Le risultanze furono queste: sei colonie su 12 trattate con neonics avevano mostrato molte perdite all’uscita dell’inverno, ma anche una delle sei di controllo (non trattate) era collassata. Si deve dire che l’autore Chensheng (Alex) Lu non è mai stato un entomologo e pertanto il suo lavoro una volta esaminato da specialisti di apicoltura fu stroncato da numerose critiche qui di seguito elencate:
  1. aveva generalizzato un fenomeno osservato esaminando solo 18 alveari;
  2. aveva sperimentato solo in laboratorio alimentando artificialmente le api con quantità di neonics esagerate rispetto alle condizioni reali (molti hanno fatto notare che l’alimentazione forzata conteneva dosi di neonics di 135 parti per miliardo che sono grossomodo 100 volte superiori a quelle che in realtà le api potevano ingerire bottinando su coltivazioni derivate da seme conciato, che ha contenuti in neonics di 1-3 parti per miliardo);
  3. con dosi così elevate le api non avrebbero potuto teoricamente sopravvivere solo per pochi giorni, il che non è avvenuto;
  4. per mascherare il problema di cui al punto precedente, l’autore avrebbe artatamente procrastinato il conteggio del numero delle api solo all’uscita dell’inverno;
  5.  il disegno sperimentale e l’analisi statistica non erano affidabili, secondo quanto affermato dall’entomologo dell’università dell’Illinois May Berenbaum.
Circa la critica di cui il punto 2 si deve considerare che nel corso della crescita le pianta di mais, girasole e colza ottenute da seme conciato diluiscono progressivamente le quantità di neonics per cui all’epoca della fioritura, cioè quando le api bottinano i loro fiori, le concentrazioni di neonics sono di gran lunga più ridotti rispetto a quelli presenti nel seme. Vi è anche da dire che lo studio di Chensheng (Alex) Lu era stato rifiutato da “Nature” per cui è stato pubblicato sulla rivista italiana “Bulletin of insectology” e l’unico link trovato per questa rivista è questo: (qui). Vi sono stati anche due studi effettuati in Francia dall’INRA. Nel primo l’alimentazione era artificiale e si verificava poi se le api rientravano effettivamente nell’alveare mentre nel secondo le api erano lasciate libere di alimentarsi su coltivazioni con seme conciato e non. Ebbene, il secondo esperimento ha smentito i risultati del primo, dimostrando che l’esposizione delle api ai neonics presenti nei fiori di piante i cui semi erano conciati con neonics non ha alcun effetto sulla produzione di miele (qui).
Pertanto la sospensione, decretata dalla Commissione UE, che è in atto dalla primavera 2013 in tutta Europa (l’Italia autonomamente aveva preceduto la decisione UE) ha avuto un impulso enorme proprio da questi studi largamente mediatizzati, ma di dubbia validità scientifica.


I neonicotinoidi e i bombi – Poichè la sospensione imposta nel 2013 sta per scadere si pone la questione della riomologazione o meno dei neonics in agricoltura da parte della Commissione UE e ciò spinge gli ambientalisti e rilanciare l’allarme per condizionare di nuovo l’opinione pubblica. Provvidenziale al riguardo si è rivelata l’uscita nel settembre 2017 di un nuovo lavoro subito mediatizzato (che chiameremo G. Baron) e che diceva che i bombi (Bombus terrestris) morivano per colpa dei neonics (qui) mentre assai meno mediatizzato è stato un altro, peraltro apparso sullo stesso numero di Nature, che smentiva il primo e che chiameremo D. Stanley, (qui). Per inciso i bombi sono imenotteri apoidei la cui attività di pronubi è importante per la fecondazione di molte specie entomofile (ad esempio il trifoglio).

Si noti che i due lavori oltre a essere stati pubblicati contemporaneamente da Nature, hanno un autore in comune (l’entomologo Nigel Raine dell’Università di Guelph in Ontario) e presentano un approccio diverso, nel senso che il primo esamina la regina prima del momento della deposizione, mentre il secondo esamina tutta la colonia matura.
Potreste chiedervi: “perché non si sono studiate di nuovo le api?” La risposta è semplice: se 10 anni prima si era detto che sarebbero sparite le api, mentre oggi verifichiamo che le api sono aumentate di numero, come si può pensare di essere credibili nel portare avanti esperimenti sul rapporto api e neonics, quando in tale lasso di tempo l’uso di questi è aumentato enormemente? Anche un bambino capirebbe che se i neonics fanno morire le api e l’uso di questi insetticidi aumenta a dismisura si dovrebbe constatare una falcidia nelle api domestiche, cosa però non avvenuta.
1° studio (G.Baron) – Lo studio è stato condotto in Inghilterra e le regine fecondate di B terrestris sono state poste ad alimentazione artificiale con sciroppo contenente 2,4 parti per miliardo (ppb) di Thiamethoxan definendo la quantità “realistiche e conformi alle condizioni naturali”. Si è osservata una diminuzione del 26% nelle regine che depongono uova dopo la diapausa invernale e un ritardo nella data d’inizio delle nuove colonie, dal che si è dedotto che l’insetticida aumenta la probabilità di estinzione delle popolazioni di bombi. La lettura dei risultati tuttavia non permetterebbe di trarre le conclusioni sopraddette in quanto per la metà a 2/3 del tempo di deposizione le regine di bombus “avvelenate” deponevano più uova che non il testimone non avvelenato e solo dopo questo tempo le cose si invertivano. Gli specialisti ci dicono che la spiegazione sta nel fenomeno per cui dosi basse di pesticidi inducono modifiche di comportamento quali ad esempio l’intensificazione della deposizione.
Le dosi di 2,4 ppb dell’insetticida sono poi tutt’altro che realistiche: infatti uno studio sul campo fatto in Inghilterra dall’agenzia britannica di ricerca sull’alimentazione e l’ambiente ha indicato 2,4 ppb come valore massimo reperibile in un ambiente mentre in altri due ambienti in prova si sono riscontrate 0,885 ppb e zero ppb. Inoltre, ammesso che anche le 2,4 ppb siano dosi realistiche, non è sicuramente realistico obbligare i bombi ad alimentarsi per 14 e 27 giorni con una tale quantità di pesticida, in quanto se in questo periodo si fossero alimentate liberamente le quantità di insetticida sarebbe stata nettamente inferiore per la semplice ragione che i bombi sarebbero andati a bottinare anche su piante che non contenevano il neonics.
L’aver mediatizzato in modo abnorme un lavoro che mostra varie pecche ha diffuso nell’opinione pubblica un messaggio del tutto negativo nei confronti dell’agricoltura produttiva in onore al vecchio adagio secondo cui “calunnia, calunnia, qualche cosa resterà”.
2° Studio (D. Stanley) – Anche in questo caso si sono analizzati gli effetti dell’alimentazione artificiale utilizzando dosi di neonics negli sciroppi pari rispettivamente a 2,4 e 10 ppb di Thiamethoxan e per una durata che arrivava fino a 27 gg, con conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle dello studio precedente: «non abbiamo trovato nessun impatto con l’esposizione all’insetticida sul guadagno in peso della colonia o il numero e la massa degli individui sessuati, benché le colonie esposte alla dose di 2,4 ppb abbiano prodotto dei maschi più grandi»
CONCLUSIONI – Insetticidi, fungicidi, acaricidi, ecc. rientrano nella categoria dei fitofarmaci e cioè dei “farmaci per le piante”. Già nel nome, farmaco porta con sé il concetto di “veleno”, il che ci rinvia al fatto che fondamentale è la questione delle dosi impiegate che devono renderlo efficace contro in nemici delle colture non esponendo al contempo a rischi gli operatori e gli insetti pronubi. Ciò detto non si può non rimarcare che per le sospensioni applicate in Europa ai neonics si dette credito agli studi di Chensheng (Alex) Lu, mediatizzandoli in modo esasperato allo scopo di influenzare l’opinione pubblica. Al contempo si trascurarono i risultati di altri studi che delineavano il fenomeno come qualcosa di assai più variegato come questi due studi: (qui) e (qui).
Inoltre non si considerò il parere di altri specialisti del settore come Angela Grandish (qui), la quale a proposito degli esperimenti di laboratorio con sciroppi con aggiunta di neonics li definisce “irrealistici” rispetto alla condizioni reali di pieno campo, affermando in particolare che: « nel mondo reale gli insetti pronubi non si nutrono permanentemente di polline e nettare di una sola specie di piante e per la durata di settimane, per cui non sono esposti alle concentrazioni presenti in tale specie. Vari studi poi mostrano che il 95% delle piante coltivate provenienti da sementi conciate con neonics non presentano più alcuna traccia di neonics quando sono in fioritura. E’ necessario quindi che i risultati di laboratorio vengano interpretati in base a quanto accade nel mondo reale e non presi alla lettera”.
Questo per il passato. Per il presente si adotta la stessa strategia ingannatrice verso l’opinione pubblica in quanto si dà pubblicità oltre misura allo studio che colpevolizza i neonics (G.Baron) facendo al contempo passare sotto silenzio lo studio che li scagiona (D. Stanley). Questo è il sistema vigente imposto dalle lobby ambientaliste di cui l’opinione pubblica è per svariate ragioni succube.
Insomma si stanno proibendo due prodotti (glyphosate e neonics), rendendo impossibili pratiche agricole che rispetto al passato impattano assai meno l’ambiente e salvaguardano maggiormente la salute umana. Una è l’agricoltura conservativa che tra l’altro è oggetto di contributi pubblici specifici e che con l’abolizione dell’uso del gliphosate viene in gran parte vanificata.
L’altra è la semina in posto di un numero di piante solo leggermente superiore alle esigenze produttive, ma conciate con i neonics come ad esempio la bietola da zucchero dove si seminano 130.000 semi/ha conciati per raccogliere 100.000 radici/ha. La stessa cosa dicasi per il mais, per i cereali a paglia dove si seminano 6-8 per il primo e 300/400 semi/mq per i secondi ed in funzione delle caratteristiche varietali. Il colza poi è la pianta che ha parassiti temibilissimi allo stato di plantula. L’usare meno seme non è una moda, ma è un modo di diminuire i costi, inoltre anche se si usasse più seme il problema della salvaguardia del raccolto rimarrebbe. Infatti nel passato si disinfestava prima il terreno con prodotti clorurati (ambientalmente e tossicologicamente molto negativi) e poi all’emergenza della plantule si doveva intervenire a pieno campo (spesso non solo una volta) con irrorazioni di organoclorurati o esteri fosforici che non rispettavano nessun vivente. Rifiutare anche i prodotti più recenti e a bassissimo impatto ambientale significa privare l’agricoltura di una serie di presidi sanitari utili a tutelare il prodotto senza alcun vantaggio concreto per il consumatore, che anzi subirà aggravi di prezzo dovuti al calo di produttività.

Alberto Guidorzi Agronomo. Diplomato all’ Istituto Tecnico Agrario di Remedello (BS) e laureato in Scienze Agrarie presso UCSC Piacenza. Ha lavorato per tre anni presso la nota azienda sementiera francese Florimond Desprez come aiuto miglioratore genetico di specie agrarie interessanti l’Italia. Successivamente ne è diventato il rappresentante esclusivo per Italia; incarico che ha svolto per 40 anni accumulando così conoscenze sia dell’agricoltura francese che italiana.

Luigi Mariani Docente di Storia dell’ Agricoltura Università degli Studi di Milano-Disaa, condirettore del Museo Lombardo di Storia dell’Agricoltura di Sant’Angelo Lodigiano. E’ stato anche Docente di Agrometeorologia e Agronomia nello stesso Ateneo e Presidente dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia.
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