I cinquant’anni di Mukki. Storia fiorentina

Scenario lattiero italiano – Lo scenario lattiero – caseario italiano negli ultimi anni è passato da una situazione di relativa tranquillità ad una di forte incertezza e turbolenza. L’accentuarsi della concorrenza, anche estera, la costante diminuzione del consumo di latte fresco, la legittimazione del latte microfiltrato, la crescita della grande distribuzione con il prodotto fresco a marchio proprio in vendita a prezzi molto bassi, hanno messo il comparto a dura prova. Senza contare, poi, i grandi eventi che nel frattempo si sono verificati e le cui conseguenze sono ancora tutte da verificare: la vicenda Parmalat, l’acquisizione di Yomo da parte di Granarolo, la questione delle quote latte, l’entrata nell’Unione europea di nuovi Paesi produttori di materia prima. In questo scenario la Mukki, così come molte altre aziende simili, sono state costrette ad individuare nuove strategie per affrontare tanti e tali problemi.

Nuove strategie – La Mukki ha voluto però  guardare oltre. Il processo di privatizzazione, al momento non ultimato, non ha impedito che una grande azienda come la Centrale si dotasse di un piano industriale moderno e ambizioso. Un progetto che si integra nella grande opera per la Firenze del futuro. Tra qualche anno in via Circondaria passeranno i treni dell’Alta Velocità ferroviaria. Tra pochi mesi la Mukki avrà un nuovo stabilimento nell’area Mercafir, in quello che sta diventando il polo agroalimentare fiorentino. Risorse umane qualificate e motivate avranno gli strumenti per dare alla Toscana prodotti ancora migliori, garantendo al sistema zootecnico regionale un supporto fondamentale. Dunque è doveroso un riconoscente pensiero a tutti coloro che hanno creduto nella nuova Mukki. Dapprima ai dipendenti. Poi ai Comuni soci, alle forze imprenditoriali, sindacali, politiche e, soprattutto, ai nostri affezionati consumatori. Conoscere da una vita la Mukki per i suoi prodotti, come tutti i normali cittadini che vanno al supermercato o nel negozio sotto casa a fare la spesa.

Sperimentazione della Centrale – E ritrovarsi un giorno a presiedere la Mukki, azienda pubblica protagonista del sistema agroindustriale della Toscana. E’ stata un’esperienza entusiasmante. Perché la Centrale non è un’azienda come tutte le altre. Rappresenta, per quelli della mia generazione, il sinonimo del buon latte, quello che nell’immagine stereotipata, si va a prendere appena munto dal lattaio. Un’immagine del passato, che oggi non esiste più, mentre sopravvive la realtà di un alimento buono, sano e dall’origine certa che la Mukki garantisce ogni giorno insieme ad una gamma che costituisce la grandezza di un’azienda toscana al servizio della Toscana. Da qui l’entusiasmo derivato dall’essere parte di un gruppo di lavoro, gli uomini che ogni giorno lavorano per la Mukki, chiamato a risolvere quotidianamente problematiche economiche, produttive, umane, sociali, condividendo singolarmente la missione di un’azienda a capitale pubblico con forti, indissolubili legami con il territorio, e con la filiera. Un entusiasmo ancor maggiore una volta acquisita la consapevolezza del ruolo didattico ed educativo che Mukki ha avuto e continua ad avere nei confronti di decine di migliaia di toscani, che sono cresciuti quasi sempre lontani dal mondo della campagna e, grazie alle campagne informative e alle visite allo stabilimento e agli allevamenti Mukki, hanno potuto capire quale percorso fa il latte prima di giungere sulla tavola e quale importanza ha questo alimento. Aumenta poi la responsabilità nel svolgere con serietà e dedizione il ruolo di presidente, una volta compreso che dal prezzo di acquisto del latte dipende la permanenza del sistema zootecnico, quindi Mukki è uno strumento determinante per il mantenimento del presidio dei territori meno avvantaggiati di montagna e alta collina. Da qui anche l’entusiasmo di lasciare un libro che celebri in primi cinquant’anni della Mukki, che vuol presentare la storia di una azienda senza enfatizzare aspetti ed eventi non inediti perché simili ad altre esperienze imprenditoriali. La Centrale del latte di Firenze Pistoia Livorno è ormai entrata nel linguaggio comune dei suoi consumatori affezionati come Mukki. Un brand che l’ha resa famosa, apprezzata, addirittura amata come grande risorsa della città di Firenze e della Toscana tutta. Firenze appunto.

Storia –  E’ qui che inizia la storia di un’azienda che compie i suoi primi cinquant’anni di vita. La Firenze negli anni Cinquanta era certamente molto diversa dall’attuale. Con problemi che oggi sembrano dimenticati, ma che riaffiorano nella memoria di coloro che hanno ormai i capelli bianchi. Il problema di allora era banale, ma di non facile quanto necessaria soluzione: far bere alla popolazione latte fresco e sano. Per questo prese corpo un accordo fra produttori di materia prima, lattai e consegnatari del prodotto per dar vita ad una Centrale del Latte che, in base alle leggi allora vigenti, aveva il compito primario di sanitizzare il latte crudo e distribuirlo ai punti vendita. La logica contropartita di questo modello era quella di riconoscere alla Centrale locale la privativa nel settore del latte pastorizzato. Il Comune di Firenze accolse con favore l’iniziativa e “concesse il servizio” di raccolta, pastorizzazione e distribuzione del latte fresco alla S.p.A. che nel frattempo era stata costituita fra i soggetti prima ricordati con la Cassa di Risparmio di Firenze e la Banca Nazionale del Lavoro. Nel 1954, terminato il primo stabilimento per la lavorazione del latte, iniziarono ad uscire sul mercato le prime bottiglie di vetro con il prezioso alimento. La priorità sociale fu sancita ed esaltata dall’iniziativa del Sindaco Giorgio La Pira di far somministrare il latte caldo agli alunni delle scuole.
Le cose, poi, non andarono bene dal punto di vista economico ed il Comune di Firenze, per salvare la situazione, fu costretto nel 1964 a subentrare ai soci privati escluse le Banche. In altra parte di questa pubblicazione vi è un puntuale scritto del Prof. Ciuffoletti dedicato alla storia della Mukki, a cui, pertanto, conviene rimandare. In questa sede, invece, affronteremo l’argomento dell’evoluzione dell’azienda dal punto di vista più propriamente gestionale.

Evoluzione e sviluppo – L’aspetto che va posto nella dovuta evidenza per ben comprendere i mutamenti che nel tempo si sono succeduti, è costituito dal fatto che le Centrali nacquero per svolgere un servizio sociale nel pubblico interesse: garantire ai cittadini, ed in particolare alle nuove generazioni figlie della guerra, un alimento sicuro e fondamentale per una crescita armonica. Per molti anni pertanto le Centrali crebbero e si svilupparono con una cultura di servizio, distante anni luce da quella che oggi deve caratterizzare un’impresa agroalimentare. Se così non fosse stato, il Comune di Firenze non avrebbe avuto nessuna motivazione nel 1964 a sostituirsi all’80% dei soci privati. Questo modo d’essere, questa cultura tracciarono fortemente il DNA di queste aziende perché il regime di privativa prima detto e la collegata missione di garanzia della salute pubblica, vissero fino al 1973, quando la Comunità Europea sancì formalmente la fine del “periodo di emergenza”  e l’ingresso del latte nel più vasto mondo dell’industria agroalimentare, regolata dalle normali leggi di mercato. Ma, come spesso accade, il mondo non cambia in un istante in virtù di un decreto: vuoi per forza d’inerzia, vuoi perché allora il latte non era ritenuto dall’industria privata un business meritevole di attenzione, l’assetto del settore rimase immutato fino alla fine degli anni settanta, primi anni ottanta. L’altra conseguenza collegata a questo modo di intendere la produzione e la distribuzione del latte fresco, fu quella di relegare l’aspetto economico ad un livello assolutamente secondario: che le Centrali del Latte producessero perdite di gestione era considerato normale, come per l’acqua ed i trasporti pubblici. Forse non tutti ricorderanno che le leggi finanziarie degli anni ’70 consentivano ai Comuni di contrarre mutui con onere a carico dello Stato per coprire le perdite di gestione prodotte dagli acquedotti e dalle Centrali del Latte. Acqua e latte beni primari da dover garantire a tutti, ponendo a carico della fiscalità generale la diseconomicità derivante fra prezzo di cessione e costo industriale. Ora, tutto ciò visse per quasi 30 anni, un periodo terribilmente lungo per non forgiare in maniera forte un DNA conseguente nel management e nel personale delle Centrali del Latte. Ma non solo.

Regolamentazione ed investimenti – L’intera filiera si modellò in questa mentalità, dall’allevatore, al raccoglitore, al consegnatario del prodotto finito, per terminare con la latteria che aveva l’esclusiva di vendita. E’ intuitivo, allora, comprendere la difficoltà incontrata nel traghettare questo sistema verso il libero mercato dove il “servizio” è un elemento dovuto, non la missione aziendale, che deve invece incentrarsi sempre più su efficienza, efficacia, innovazione, marketing, comunicazione ecc.. L’inizio deciso e irreversibile di questo percorso lo dobbiamo al Presidente Marcello Grazzini che è, quindi, doveroso ricordare in questa occasione. Grazzini assunse la guida della Centrale nel 1978 e, all’inizio degli anni ’80, in accordo con il Consiglio di Amministrazione dell’epoca e del Direttore Vanni Torrigiani, varò un piano strategico d’impresa che non esitiamo a definire rivoluzionario all’interno della cultura allora imperante. Il ricordo dei suoi punti salienti ne dà ampia prova: abbandona la logica dell’ineluttabilità della gestione in perdita, con conseguente ripiano da parte del Comune di Firenze, che fino ad allora presentava sistematicamente nel proprio bilancio una voce di spesa a ciò dedicata. Poi vara un coraggioso piano di investimenti volto a migliorare efficienza gestionale e qualità del prodotto: l’asse portante di questo piano resiste ancora oggi a quasi venticinque anni di distanza. Articola l’organizzazione per dare evidenza e valore ai connotati propri di una vera impresa attraverso la creazione, sotto la direzione generale che fino a quel momento era l’unico presidio di management, delle direzioni amministrativa, commerciale e tecnica. L’azienda assume la dimensione e la diversificazione produttiva e commerciale come valore strategico dell’impresa: è da questa intuizione che nel 1982 nasce la fusione con la Centrale di Pistoia e nel 1985 inizia la lavorazione dello yogurt. Un salto di mentalità veramente decisivo: senza questa forte spinta probabilmente la Mukki di oggi non sarebbe quello che è, o, forse, non sarebbe semplicemente. Essere sopravvissuti al mercato costituisce certo un orgoglio. D’altra parte, ogni entità è portatrice dei propri orgogli. In misura giusta gli “orgogli” sono un fatto sicuramente positivo, una molla potente sul versante motivazionale, senza il quale costituire il giusto clima aziendale è difficile. La Mukki non è estranea a questa necessità e ritiene utile e costruttivo mostrare i propri orgogli, seppur con la dovuta umiltà. Tentando una sintesi, diremmo che due sono i suoi meriti principali, nonché fondamentali per la sua sopravvivenza e per quella dell’intera filiera: l’aver rappresentato l’avanguardia, il traino culturale (inteso in senso industriale) dell’intero sistema e l’aver affinato una missione aziendale assolutamente anticipatrice delle tendenze attuali dell’impresa privata. La svolta dei primi anni ’80 fu decisiva, ma non sufficiente. Essa era ancora troppo incentrata (e non poteva essere diversamente all’epoca) sull’aspetto produttivo e assai poco su quello commerciale. Tant’è che l’elemento determinante restava l’organizzazione del servizio di distribuzione alle latterie, le quali peraltro, cercavano di resistere, arroccandosi sul passato, all’inarrestabile avanzata della Grande Distribuzione che aveva rotto il regime di privativa nella vendita del latte fresco. Occorre la fine degli anni ’80 affinchè la Centrale, acquisita la mentalità di azienda marketing-oriented, trovasse la forza, la professionalità, e, quindi le modalità, per convincere dell’ineluttabilità del mercato il mondo delle latterie, siglando con i suoi rappresentanti uno storico accordo che rompeva il regime di esclusiva e apriva la possibilità alla Mukki di vendere il proprio latte anche alla Grande Distribuzione. Questo ruolo di “avanguardia”, come prima abbiamo definito, consentì lo sviluppo della Centrale, ma consentì anche la sopravvivenza delle latterie che si trasformarono in massima parte in bar-latterie e riuscirono a trovare un futuro. Se fossero rimaste nel mero ruolo tradizionale sarebbero tutte morte, probabilmente insieme alla Centrale. Il mondo agricolo è rimasto, invece, più restio al cambiamento, nonostante l’opera costante di stimolo da parte dell’azienda. E’ questo, peraltro, un fenomeno abbastanza generalizzato, non solo in Toscana, o in Italia, ma, diremmo nell’intera Europa, in quanto conseguente al forte regime di protezione che l’agricoltura in generale ha da sempre goduto. Ciò non vuol dire che non si siano fatti passi avanti in tema di qualità e di economicità del sistema, ma è responsabile affermare e ricordare che non sono più sufficienti in base all’evoluzione che il mercato ha preso con decisione e rapidità. E’ auspicabile, quindi, uno sforzo aggiuntivo in questa direzione da parte di tutti i soggetti interessati.

Legame col territorio – L’altro “orgoglio” aziendale, dicevamo, è la sua missione. Ne riportiamo il testo contenuto nei documenti ufficiali: " Un’azienda attenta al perseguimento dei necessari livelli di efficienza ed economicità che garantiscano l’autosufficienza gestionale, espansione del mercato ed una redditività coerente con le performances del settore e con gli obiettivi di radicamento e di sinergia con il territorio di riferimento. Il legame con il territorio di riferimento si articola in cinque direzioni: verso il consumatore offrendogli il miglior rapporto qualità/prezzo; verso il mondo zootecnico toscano attraverso rapporti di conferimento sintonici con il precedente obiettivo, con particolare attenzione ad un concetto dinamico della qualità; verso il mondo del lavoro nella sua più ampia accezione (forza lavoro diretta e indiretta che partecipa all’intero ciclo del prodotto) supportandone i livelli quantitativi compatibili con gli obiettivi economici posti; verso il sistema lattiero/caseario toscano favorendo ogni forma di aggregazione che sia utile alle realtà regionali operanti; verso la società circostante attraverso azioni di marketing sociale, impulso all’agricoltura biologica, attenzione all’ambiente ed altre iniziative di pari significato. Sembra coniata finalmente, sulla spinta delle nuove frontiere del marketing abbracciate in misura crescente dalle imprese private. Oggi le riviste specializzate, non certo riferendosi alla nostra esperienza di azienda di proprietà pubblica, divulgano messaggi di questo tenore: “Una gestione responsabile deve partire dai valori etici, concretizzarsi nel dialogo e nel coinvolgimento di tutti gli interlocutori ed essere finalizzata ad uno sviluppo sostenibile, cioè compatibile con i valori sociali e ambientali condivisi”. La Mukki, con la definizione della sua missione, seppur con lessico diverso, l’ha detto dieci anni fa! E l’ha detto non tanto perché vi era “costretta” dalle circostanze, quanto perché vi credeva veramente, nonostante che qualche voce critica si levasse, talvolta accompagnata dall’atteggiamento che tipicamente si rivolge verso coloro che prediligono il sogno alla realtà. Innegabilmente oggi viviamo un momento di soddisfazione, essendo ormai chiaro che il concetto di “valore” è un po’ più vasto di quello di un tempo. Quale valore per la collettività creerebbe, infatti, una ipotetica azienda che chiude il bilancio con un reddito rilevante, ma per farlo inquina, o aggira le leggi, o adotta forme di lavoro precario, o minorile, o al nero?  Ecco, quindi, che si è fatta sempre più strada l’idea dell’azienda “etica” che crei vero valore per la collettività che la circonda: siamo passati, usando la terminologia tecnica in voga, dal valore agli shareholders al valore per gli stakeholders. Come tutti sanno, gli stakeholders sono costituiti da tutte quelle espressioni rilevanti della collettività che entrano in contatto con l’attività dell’azienda. Nel caso della Centrale, lo sono certamente le Istituzioni, la zootecnia da latte, i lavoratori impegnati (dipendenti e non), il trade, i consumatori, i cittadini nelle loro varie forme associate. Si scopre così che la Centrale è stata azienda all’avanguardia ed ha realmente anticipato i tempi. Non vi è dubbio che tutto sprona nel perseguire nel cammino intrapreso, così come abbiamo inteso fare con quello che abbiamo definito il “Patto per la Mukki”, cioè un progetto coordinato di filiera, di governance e di marketing.

Modello di governance – Il primo elemento, la filiera, è sicuramente quello più complesso perché interagisce con un interlocutore, le Organizzazioni dei produttori, che sono portatrici di interessi e visioni variegate, non facilmente riconducibili ad unità di azione e di intenti. Nonostante ciò, i presupposti per impostare e realizzare un modello lungimirante sussistono tutti perché generalizzata è la consapevolezza che la sopravvivenza del nostro sistema passa inesorabilmente dalla valorizzazione del nostro prodotto, non essendo pensabile impostare la competizione nella battaglia dei prezzi che ci vedrebbe soccombere rapidamente. I nostri sforzi saranno, quindi, indirizzati a far crescere lo strumento da poco costituito con i produttori: la FILAT, una società cooperativa senza scopo di lucro che si pone l’obbiettivo di: riorganizzare la raccolta in modo più efficiente e attento alla preservazione della qualità della materia prima; predisporre un modello di tracciabilità che, oltre a rispondere a quelli che saranno gli obblighi di legge, si ponga l’obiettivo, anche attraverso la predisposizione di appostiti disciplinari, di rendere la massima trasparenza e informazione al consumatore; coordinare e finalizzare il rapporto con le Istituzioni che si occupano dell’agricoltura ed anche dello sviluppo produttivo; coordinare tutte le azioni possibili per comunicare all’esterno l’impegno profuso per dare al trade ed al consumatore qualità, sicurezza, trasparenza. Il modello di Governance, intesa quest’ultima nel suo senso più ampio, deve tradurre e proiettare nel futuro senza contraddizione alcuna la missione aziendale. Non si tratta, quindi, di semplicemente adeguare lo Statuto sociale ed il modello gestionale (tradizionale, monistico, dualistico) alle nuove norme del diritto societario cercando, sulla scorta degli indirizzi dell’attuale Proprietà, di sfruttare al meglio le rilevanti novità introdotte dalla nuova normativa; si tratta più in generale di attuare una Governance che poggi saldamente sul concetto di sviluppo sostenibile e, quindi, si impegni per la certificazione SA8000, il bilancio sociale, la certificazione ambientale, il risparmio energetico e così via. Questo obiettivo, d’altra parte, non costituisce altro che il completamento di un percorso che la Centrale ha iniziato nel 1996 con la certificazione ISO 9001, proseguita con l’accreditamento SINAL di alcune prove del laboratorio di analisi, ottenuto nel 1998. In un mondo percorso da fremiti, talvolta anche eccessivi, di crescenti traguardi di economicità che, per realtà come la nostra e tante altre, risultano difficilmente perseguibili, non resta che la strada della “qualità”, ma di una qualità davvero globale, in cui quella intrinseca del prodotto è quasi un “prerequisito”. Un prodotto alimentare, peraltro così delicato e simbolico come il latte, deve rappresentare per il consumatore un’occasione d’acquisto mossa, certo, dalla fiducia circa la bontà e sicurezza del prodotto stesso, ma anche dall’insieme dei valori che esso esprime nel rapporto virtuoso con il territorio che lo circonda. Occorre convincere il consumatore che l’atto di acquisto, nel mondo moderno pieno di problemi e contraddizioni in campo etico, sociale, ambientale, non è un atto neutro, ma, al contrario, denso di conseguenze che vanno ad impattare nella qualità della vita sua, della sua famiglia e delle future generazioni. Il terzo anello del Patto per la Mukki, il piano di marketing, risulta come un pilastro fondamentale del progetto complessivo. Certo occorrono non solo le idee e le volontà, necessitano adeguate risorse per sensibilizzare un cittadino frastornato da mille messaggi lanciati con mezzi potenti e persuasivi. Per questo, il richiamo alla conquista, nell’intera filiera, di traguardi crescenti di economicità ed efficienza, non è uno slogan in linea con i tempi, bensì una necessità imprescindibile.
Importantissimo, ad esempio, è stato ed è il potenziamento del rapporto con il mondo della scuola, già molto forte (circa 5.000 bambini all’anno visitano la Mukki ed anche alcune stalle del Mugello), ma sicuramente da ulteriormente sistematizzare e sviluppare.

intervento di Franco Cervelin nel volume "Prodotti & Valori – 50 anni della Centrale del Latte" presentato a Firenze all’Accademia dei Georgofili il 10 giugno 2004
 
 

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