Per gli agricoltori italiani redditi “tagliati”

Ancora un anno di taglio netto per i redditi degli agricoltori italiani che, dopo la flessione del 10,4 per cento del 2005, sono costretti a fare i conti con una diminuzione del 4,2 per cento nel 2006. E’ quanto sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori che nel corso della conferenza stampa del presidente Giuseppe Politi ha messo in risalto le difficoltà che incontrano i produttori alle prese con una crescita dei costi e un continuo calo dei prezzi praticati sui campi. Nel 2006, nell’Ue, il reddito agricolo, per unità di lavoro, ha un incremento del 2,6 per cento rispetto al precedente anno. Si tratta di un parziale recupero rispetto al crollo registrato nel 2005, anno in cui il reddito agricolo pro-capite nell’Ue era diminuito del 7,3 per cento. La diminuzione registrata dai nostri agricoltori pone l’Italia in controtendenza rispetto a Paesi, quali Francia, Germania, Olanda, ma anche Grecia e Spagna che vedono i rispettivi redditi agricoli pro-capite in aumento nel 2006. Non solo, l’indice di riferimento (media 2000=100) italiano è molto più basso (89,9) rispetto a Paesi, come Francia, Olanda, Spagna che comunque presentano un valore dell’indice vicino a 100. La diminuzione della produzione in quantità è stata in qualche modo compensata dall’aumento dei prezzi all’origine dei prodotti agricoli. Il calo della produzione vegetale del 2,7 per cento è stato compensato da un aumento dei prezzi alla produzione del 2,6 per cento. I prodotti maggiormente interessati da un calo della quantità prodotta sono la barbabietola da zucchero (meno 17,2 per cento), l’olio d’oliva (meno 11,8 per cento). I prezzi alla produzione che hanno registrato sostanziali incrementi sono: le patate (più 36,4 per cento), l’olio d’oliva (più 12,9 per cento), semi oleosi (più 11,5 per cento) e cereali (più 11,1 per cento). Il solo prodotto che oltre ad un calo produttivo ha registrato un calo dei prezzi è la barbabietola da zucchero (meno 16,3 per cento). Con riferimento alle carni, sono stati registrati aumenti sia produttivi che di prezzo per tutte le carni tranne il pollame che risente ancora della crisi causata dallo scoppio dell’influenza aviaria. In merito ai costi di produzione è stato registrato un calo nei volumi di input utilizzati soprattutto per fertilizzanti e concimi. Mentre, in termini di prezzo, l’aumento più significativo riguarda il prezzo dell’energia cresciuto di ben l’8,4 per cento. Si può quindi affermare che la dinamica prezzi-costi è meno preoccupante di quanto sta avvenendo in Italia, dove come è già stato evidenziato l’aumento dei costi energetici e degli input produttivi in generale, non è stato compensato da un aumento dei prezzi dei prodotti all’origine che, anzi, risultano in diminuzione rispetto al trend in costante crescita del prezzo dei prodotti alimentari al consumo sia lavorati che non lavorati.

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