Vino italiano contro neoprobizionismo. E giovani fra i meno bevitori d’Europa

“Non ci stiamo a fare da capro espiatorio: tra neoproibizionismi, tassi alcolemici, recessione e allarmi salutistici, il nostro comparto rischia di entrare in un vicolo cieco”. Il mondo del vino reagisce all’attacco concentrico subìto negli ultimi mesi e risponde punto su punto dal Simposio ‘Wine in moderation’ in corso di svolgimento a Verona.

Wine in moderation – Tema caldo del convegno promosso da Fondazione Masi, Federvini e Unione Italiana Vini, la questione della sicurezza stradale, su cui ministero delle Politiche agricole, Unione Italiana Vini e Federvini esprimono opinioni condivise, nell’ambito del progetto paneuropeo Wine in moderation, che vede impegnati in prima linea e per la prima volta nell’educazione e prevenzione proprio gli attori del mondo vitivinicolo. Per il capo dipartimento del Mipaaf alle Politiche competitive del mondo rurale, Giuseppe Nezzo: “In Paesi come Regno Unito e Irlanda, dove il problema dell’abuso di alcol è di gran lunga più grave, emergono limiti fino a 0,8 grammi/litro, contro lo 0,5 dell’Italia. Va bene la precauzione, ma portare il limite a zero è un modo per lavarsi definitivamente la coscienza: uniche a pagare il conto saranno le oltre 500mila aziende che fatturano quasi 11 miliardi di euro l’anno. Con queste tesi oltranziste che celano in molti casi interessi di lobby – ha concluso Nezzo – si rischia di innescare reazioni e comportamenti di segno opposto”. Affermazioni condivise anche dal presidente dell’Unione italiana vini, Andrea Sartori: “Nelle ultime settimane abbiamo apprezzato l’intervento del ministro Zaia sulla questione dei limiti del tasso alcolemico nel sangue. La nostra posizione al riguardo è chiara: tasso 0 per neopatentati, per giovani fino a 21 anni e guidatori professionali, mantenendo per tutti gli altri il limite dello 0,5 g/l, largamente condiviso in tutta Europa”. Il presidente di Federvini, Lamberto Vallarino Gancia, punta invece sulla necessità di responsabilizzare i giovani attraverso l’esperienza e l’educazione al gusto, perché “dove sono stati imposti, i divieti non hanno portato alla riduzione degli incidenti direttamente imputabili al consumo eccessivo di alcolici, ma anzi ne hanno favorito l’emergere di differenti modalità di uso scorretto o, peggio ancora, di abuso”.

Giovani italiani responsabili – A confutare le tesi del settore, i dati sul consumo di alcolici tra i giovani europei forniti dal portavoce di “Wine in moderation”, George Sandeman, in Italia per ricevere il premio internazionale “Civiltà del vino” della Fondazione Masi. L’Italia, secondo un’indagine Espad condotta su 35 Paesi, è sorprendentemente al 23° posto tra i 16enni che dichiarano di aver bevuto alcolici nell’ultimo anno. In sintesi, i giovani italiani bevono la metà rispetto a molti Paesi Nordeuropei (in testa la Danimarca) e del Regno Unito (al terzo posto). Al nono posto troviamo la Germania mentre la Francia è a pari merito con l’Italia, a dimostrazione di come nei Paesi a maggior cultura enologica si beva molto meno e con molta più consapevolezza. Sui comportamenti dei giovani è intervenuto anche il presidente dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol, Enrico Tempesta. “I fenomeni di eccesso giovanile – ha detto il professor Tempesta – vanno inquadrati più in un allarmante aumento di una vulnerabilità bio-psico-sociale individuale, dove l’alcol è solo uno degli strumenti di automedicazione. Per questo occorre pensare a un nuovo approccio al problema, passando da un’alcologia prevalentemente medica allo sviluppo di un’alcologia sociale”.

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