La crisi alimentare mondiale non rappresenta un evento eccezionale

“Per la seconda volta nel giro di pochi anni il mondo si trova ad affrontare lo spettro del caro cibo. Significa che non possiamo più illuderci che la crisi del 2007-2008 abbia rappresentato un evento eccezionale”. Così, sulle pagine del Sole 24 ore di oggi il Ministro delle politiche agricole Giancarlo Galan analizza la possibilità di una nuova emergenza alimentare a livello mondiale.

Un impegno globale – Una crisi che, secondo il ministro, può essere superata solo attraverso un impegno multilaterale: “La comunità internazionale non può limitarsi ad affrontare le emergenze man mano che si manifestano, ma deve trovare il coraggio e l’unità di intenti per riformare il sistema globale su cui poggiano la produzione e il commercio del cibo, come più volte è stato auspicato dall’autorevole International Food Policy Research Institute.Se nel mondo tutto cambia, compresi gli equilibri tra nord e sud e i rapporti tra attori pubblici e privati, non ci si può stupire che organizzazioni nate mezzo secolo fa come la Fao non siano più in grado di reggere da sole la sfida”.

Il nodo caro-cibo – “Oggi – ha sottolineato il Ministro – la fame di massa, ancora diffusa nel ‘900, per fortuna è diventata un fenomeno molto raro. Spesso dietro a queste tragedie c’è stata una miccia naturale, come alluvioni o siccità, ma un peso ancora maggiore probabilmente lo hanno avuto le ideologie”. Secondo Galan però “questo non significa che il mondo contemporaneo, e in particolare l’Occidente, non abbia nulla da temere. Le proteste per il caro cibo sono già divampate vicino a noi, sull’altra costa del Mediterraneo. In quei casi non si può parlare di fame, ma piuttosto di impoverimento, ed è il senso di ingiustizia sociale acuito dall’aumento dei prezzi più che lo svuotamento delle dispense ad aver riempito le strade di manifestanti. Anche oggi alcune delle cause scatenanti sono naturali, perché in diverse aree del mondo i raccolti non sono stati all’altezza delle aspettative, ma altre cause sono politiche”.

Altri fattori in gioco – “Negli Stati Uniti – evidenzia il Ministro – si discute molto e giustamente dei contraccolpi della diffusione dei biocarburanti, che sottraggono terreno utile alla produzione alimentare. Si tratta di un tema molto serio, che però non dovrebbe diventare come una sorta di capro espiatorio su cui scaricare l’intera responsabilità di un fenomeno che è assai più complesso. Gli analisti discutono ancora sul peso relativo dei diversi fattori che hanno contribuito all’ondata inflazionistica del 2007-2008, tra cui figurano le speculazioni finanziarie e l’aumento dei consumi nei paesi emergenti. Studiosi molto quotati sostengono che il contributo dei biocarburanti alla crisi è stato reale ma modesto”.

Rimane un pò di paura – “Qual è stato – si chiede Galan – allora il singolo fattore più rilevante? Si tratta delle reazioni di emergenza degli stati nazionali, che di fronte alle fluttuazioni dei prezzi internazionali corrono a comprare o bloccano le esportazioni, aiutando il fuoco a divampare. Se nella mia premessa ho individuato l’inerzia come la causa remota dei nostri problemi, nella conclusione devo dire che il nostro peggior nemico per l’immediato è un altro: la paura”.

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