Il ‘caso’ di Mondeggi. Fattoria ‘in comune’ ma per gli agricoltori è ‘concorrenza sleale’

Gli agricoltori della zona parlano di “concorrenza sleale”. Perché se una qualunque azienda agricola deve sottostare ad una burocrazia infinita con annessi costi molto salati e perdita di tempo sottratto al lavoro, c’è anche chi, nelle vicinanze, “si trova ad agire in una condizione di illegalità, realizzando sostanzialmente una concorrenza sleale a scapito degli agricoltori del territorio”. A dirlo è la Cia Area metropolitana di Firenze e Prato che è intervenuta sulla vicenda, con l’obiettivo di fare chiarezza a tutela delle aziende agricole del territorio. Siamo a Bagno a Ripoli, nelle campagne fiorentine, alla Fattoria di Mondeggi, una proprietà di 250 ettari, di cui 60 ad oliveto, 35 a vigneto e 40 a seminativi. Terreni ed immobili che erano della Provincia di Firenze fino al 2009, quando l’ente decise di disfarsene e di mettere il tutto in liquidazione. Negli anni successivi il liquidatore per fronteggiare a debiti esistenti ha venduto qualche immobile presente nella proprietà. I bandi fatti dalla Provincia per l’utilizzo di parti di terreno sono andati deserti. Forse ci dicono, non erano troppo invitanti. Nei primi mesi del 2014, poi, la Fattoria di Mondeggi è stata occupata da un gruppo variegato di cittadini, “una rete di produttori biologici, biodinamici certificati e non certificati, professori, architetti, studenti e semplici cittadini” così si presentano in rete (LINK ) e che anche sui social si definiscono “Mondeggi Bene Comune” (LINK FB ) perché – sembra essere il loro motto – , “La terra non si svende, si lavora!”. Secondo la Cia fiorentina – che ha scritto una lettera ai sindaci di Bagno a Ripoli (comune in cui si trova la fattoria), Greve in Chianti, San Casciano Val di Pesa, San Godenzo, e all’Area Metropolitana -, non è tollerabile la vendita di olio, come di altre produzioni agricole, senza regole, a svantaggio di tutte le aziende agricole regolari del territorio, appropriandosi così di una fetta di mercato locale, soprattutto attraverso i Gruppi di acquisto solidale.  Di seguito la lettera a firma del presidente Cia Firenze e Prato Filippo Legnaioli, che pubblichiamo integralmente. Nel dibattito sulla vicenda, al momento, risultano assenti la politica e le istituzioni locali (LEGGI LE PRIME REAZIONI) ; ma anche gli organi preposti al controllo delle varie fasi della produzione agricola, di solito molto vigili su quanto avviene nelle campagne italiane.

                                                                                                            
LA LETTERA


Percepita come un peso
– “Oggi se ne sente parlare come “Mondeggi Bene Comune”, ma Mondeggi continua ad essere l’azienda agricola Mondeggi Lappeggi srl sulle colline di Bagno a Ripoli, a cavallo tra gli abitati di Grassina e l’Antella. Già a partire da lontano 2007 – spiega Legnaioli -, l’azienda cominciò ad essere percepita dall’istituzione proprietaria come un peso, le risorse economiche da investire erano terminate”.

Dal grande vuoto è comparso sulla scena un gruppo di persone – In seguito a scelte adottate a suo tempo e a nostro giudizio discutibili, un patrimonio immenso e ricco di potenzialità veniva di fatto abbandonato a se stesso. La Provincia, per liberarsi di quello che oramai veniva considerato unicamente un problema, decise nell’anno 2009 di mettere l’azienda in liquidazione. Questo ha significato che a partire da quel momento non sono più stati saldati molti dei debiti contratti con i professionisti, i rivenditori e gli artigiani che hanno fornito i propri servizi o i propri beni di consumo, in attesa che si realizzasse la vendita del bene o l’affidamento in gestione. Fino ad oggi, né l’una né l’altra cosa sono andate a buon fine a causa delle richieste rivendicate dalla proprietà: quale imprenditore si sarebbe avventurato nell’acquisto di un bene di cui poi in ultima analisi non avrebbe potuto pienamente disporre? Così come difficile ritenere possibile trovare qualcuno interessato a gestirlo su simili presupposti. In questo grande vuoto è comparso sulla scena un gruppo di persone, autoproclamatesi “Mondeggi Bene Comune –Fattoria senza Padroni”. Un gruppo che ha occupato le case aziendali, ha iniziato ad abitarci, allacciandosi alla rete della corrente elettrica, ristrutturando senza nessuna autorizzazione alcuni fabbricati, iniziando a “coltivare” la terra. In pochi mesi la popolazione del gruppo è cresciuta ed ha iniziato a rivendicare dal punto di vista mediatico la terra di Mondeggi come un bene loro spettante.

Istituzioni sonnecchiose – “Le istituzioni – prosegue il presidente Cia Firenze e Prato – , duole riconoscerlo, non hanno preso posizione sulla delicata questione. Hanno sonnecchiato, ritenendo evidentemente che si trattasse di un fenomeno che di lì a poco si sarebbe estinto. E invece così non è stato: gli occupanti, che inizialmente si presentavano come interessati a prendere in gestione un bene finalizzando la loro attività alla produzione i prodotti agricoli destinati all’autoconsumo, hanno man mano messo in atto una vera e propria attività commerciale vendendo senza alcun titolo e in assenza delle necessarie autorizzazioni i beni da loro prodotti.

A Mondeggi si produce – “La produzione di ortaggi, di formaggio, dei beni derivanti dalla coltivazione del suolo appare oggi per lo più destinata ai GAS (Gruppi di Acquisto Solidale) e a privati cittadini – continua la lettera inviata alle istituzioni fiorentine -. L’attività produttiva, così come la vendita, avviene nel mancato rispetto delle elementari norme di igiene e di commercio. Coloro che si dedicano alla produzione di questi beni lo fanno su una terra di cui, a quanto ci risulta, non hanno nessuna disponibilità, in assenza di contratti di locazione o comodato, violando anche in questo caso la norma che prevede la piena disponibilità da parte dell’agricoltore della terra che coltiva. Proprio la scorsa settimana è apparso in rete un post che informava della vendita di frutta e verdura, conserve e trasformati a Mondeggi”.

Concorrenza sleale – “E’ nostra convinzione – precisa Legnaioli – che il bene pubblico, quel bene pubblico, potesse avere altra destinazione, o comunque non dovesse essere lasciato a chi, inizialmente e presumibilmente animato da una condivisibile volontà di recupero di un bene prezioso, di fatto si trova adesso ad agire in una condizione di illegalità, realizzando sostanzialmente una concorrenza “sleale” a scapito degli agricoltori del territorio. Perché non dare la possibilità alle aziende agricole locali, carenti di risorse economiche e di strutture, ma in massima parte guidate da agricoltori esperti che, per quanto costretti quotidianamente a fare i conti con una soffocante burocrazia, con costi di gestione difficilmente sostenibili, con un mercato che consente marginalità ridottissime, hanno tuttavia scelto di fare impresa nel rispetto delle regole?”

Partita IVA, INPS, ASL … – “Noi agricoltori siamo tenuti ad avere una partita IVA, dobbiamo aprire una posizione INPS, abbiamo l’obbligo di dichiarare se il nostro terreno sia stato acquistato o se vi sia un contratto di locazione o comodato. Fare o essere agricoltore significa, nei limiti delle possibilità e capacità di ciascuno, decidere di realizzare investimenti che consentano in tempi così difficili come quelli attuali di ottenere un reddito, seppur esiguo, nel rispetto della legalità, ovvero emettendo scontrini e documenti fiscali, compilando appositi registri, obbligatori per legge, sia che si operi in regime di agricoltura convenzionale, così come integrata o biologica. La trasformazione dei prodotti agricoli, è bene ricordarlo, richiede locali attrezzati e rispondenti alle normative attualmente vigenti dettate dalle ASL di competenza. L’assoggettamento alle norme in materia di sicurezza, sacrosante per tutelare coloro che svolgono l’attività agricola, così come la salute dei consumatori, l’adozione di rigorosi protocolli di lavorazione che garantiscano la salubrità dei prodotti agricoli avviati al commercio devono riguardare tutti!”

Messaggio fuorviante – “Non accettiamo che passi un messaggio dannoso e fuorviante, ovvero che la legalità possa essere percepita come un optional e che coloro che non la rispettano possano comunque esercitare liberamente la loro attività con maggiori facilitazioni rispetto a coloro che invece faticosamente e fra mille difficoltà si impegnano per rispettarla. Ciò a cui assistiamo è il prodotto di scelte sbagliate, di una politica incompetente e assente, distante dal territori, dagli agricoltori e dai cittadini, ultimi fruitori dei prodotti della terra. Non accettiamo che questa situazione possa esaurirsi in una sterile e dannosa polemica tra chi ha buoni e condivisibili propositi, ma nel tentativo di realizzarli passa il confine della legalità e chi arranca ogni giorno per far crescere la propria azienda nel rispetto della legge convinto che alla base di ogni comunità vi debba essere il rispetto di regole condivise. Seguirle è dovere di tutti coloro che si dedicano all’attività agricola, pretendere che questo avvenga senza distinzioni è compito delle istituzioni”.

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