Prelazione agraria. Spetta anche se l’attività agricola non è la principale

Nuova sentenza della Cassazione sull’esercizio della prelazione da parte del confinante del fondo rustico posto in vendita: per esercitare il diritto alla prelazione agraria, il coltivatore diretto deve impegnarsi nell’effettiva coltivazione del fondo anche tale attività non rappresenta quella principale. La norma infatti, dispone che: al fine dell’esercizio del diritto di prelazione agraria, sono da considerare coltivatori diretti coloro che abitualmente e direttamente si dedicano all’attività di coltivazione dei fondi, all’allevamento ed al governo del bestiame, purché la forza lavorativa complessiva del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per tali attività.

La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un imprenditore che aveva esercitato il diritto di riscatto (successivo alla cessione già formalizzata), sul fondo compravenduto e confinante con il proprio. La controparte contestava tale diritto, in quanto l’imprenditore svolgeva prevalentemente l’attività di allevatore e non quella di coltivazione del terreno.

I giudici hanno precisato che la norma dispone che, per esercitare il diritto di prelazione, il coltivatore diretto deve coltivare il fondo, ma non vi sono ostacoli al fatto che svolga anche altre attività.

Il requisito della prevalenza dell’attività agricola, rispetto alle altre attività svolte, non viene mai preso in considerazione né in termini reddituali, né di tempo. Il coltivatore può svolgere anche altre attività lavorative, purché la coltivazione sia esercitata in modo abituale e che la forza lavorativa del nucleo familiare garantisca un apporto di lavoro non inferiore ad un terzo di quello occorrente alla normale necessità di coltivazione del fondo

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