Indicazioni geografiche, PAC può essere grande opportunità. Del Bravo (Ismea): «Lavorare subitoper per nuova strategia su produzioni IG»

Le proposte legislative che riguardano Dop e Igp possono essere centrali nel dibattito relativo al futuro della Pac, ma affinché ciò avvenga è richiesto a tutti gli stakeholder del settore un ruolo proattivo. Il tema della Pac post 2020 e delle ricadute sulle produzioni ad indicazione georgrafica, sarà al centro di una delle quattro sessioni del meeting Kickoff Qualivita in programma martedì 5 febbraio a Siena, al Santa Maria della Scala.

A coordinare la sessione di lavoro sarà Fabio Del Bravo, Dirigente Ismea, al quale abbiamo chiesto qualche anticipazione.

Nel dibattito relativo al futuro della PAC che ruolo possono avere le proposte legislative relative a Dop e Igp? Emerge molto chiaramente l’importanza di lavorare fin da ora in maniera che la futura PAC post-2020, con il suo Piano Strategico Nazionale, possa rappresentare una ghiotta occasione per disegnare per la prima volta una strategia di Paese per le produzioni IG.

Infatti, se si guarda all’attuazione della PAC e al suo impatto sulle IG, emerge che nell’ambito delle politiche della competitività – cui generalmente si fa riferimento con le misure riguardanti investimenti e innovazione, ricambio generazionale, diversificazione e formazione e consulenza -, l’introduzione del tema della qualità alimentare ha rappresentato una delle principali novità della politica per lo sviluppo rurale attuata nella programmazione della PAC 2007-2013.

In termini quantitativi, in quel periodo di programmazione, sono stati destinati alle misure sulla qualità circa 160 milioni di euro, corrispondenti solo al 2,5% delle risorse previste per la competitività nel complesso.

Nella programmazione attuale 2014-2020, i programmi di spesa delle regioni, evidenziano una spesa prevista di 183 milioni di euro per le misure sulla qualità, con una lieve crescita della loro incidenza sull’ammontare complessivo di 6,9 miliardi di euro destinato alle politiche per la competitività. Da sottolineare che tali politiche per la qualità in quota maggioritaria sono andate a sostenere progetti relativi all’agricoltura biologica e solo in piccola parte hanno coinvolto le indicazioni geografiche del food.

Se, quindi, dal punto di vista quantitativo le misure sulla qualità hanno sostenuto solo limitatamente i prodotti IG alimentari, una valutazione sulla qualità delle stesse evidenzia come il contributo al pagamento degli oneri di certificazione si sia rivelata una misura tutt’altro che strategica nell’orientare le scelte degli imprenditori presentando, peraltro, oneri di gestione molto alti in confronto all’entità della cifra rimborsabile. Più difficile è dare giudizi sulle misure di informazione e promozione che generalmente, soprattutto se si tratta di progetti di ampio respiro, hanno una buona efficacia.

Volendo trarre delle conclusioni, quindi, pur rappresentando un tema di grande rilevanza la questione delle produzioni IG non sembra aver trovato un’adeguata sponda nella PAC.

Quali sono, in questo senso, le principali proposte della Commissione europea per la Pac post 2020? In che direzione vanno? Il dibattito sulla PAC post-2020 è iniziato con la comunicazione “Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura”, pubblicata nel novembre 2017, la quale invitava a rendere le indicazioni geografiche più attraenti per gli agricoltori e i consumatori oltre che a semplificare la gestione del sistema.

Con riferimento alle proposte di riforma della PAC post-2020, il tema delle indicazioni geografiche è trattato in due dei tre documenti che costituiscono il cosiddetto “pacchetto”. Il primo propone per ogni Paese l’integrazione tra le politiche del primo e secondo pilastro (ora governate dal Reg. 1307 sui pagamenti diretti e dal 1305 sullo Sviluppo Rurale) attraverso un unico Programma Strategico Nazionale. Il secondo è quello che modifica, tra gli altri, le OCM e il regolamento n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.

Partendo dalla seconda proposta, effettivamente quello che si prospetta pare dare seguito operativo alle proposte di semplificazione del sistema, attribuendo ai singoli Paesi membri la competenza per la gestione “ordinaria” delle indicazioni geografiche. Per quanto attiene, invece, alla proposta di regolamento “Piani strategici sulla PAC” pare emergere una certa asimmetria tra i propositi e la loro concretizzazione. Nella sostanza, dopo avere ampiamente rimarcato la rilevanza delle indicazioni geografiche l’unico riscontro effettivo sembrerebbe essere la conferma della possibilità di attuare azioni di informazione e promozione. Su questo fronte, è interessante segnalare – almeno come rilevante elemento simbolico – che nelle richieste di emendamento presentate dalle regioni è stata quanto meno richiesta l’opportunità di ripristinare la misura per il pagamento degli oneri di certificazione.

Semplificazione normativa e gestionale: può essere questo il nuovo impianto a cui le politiche nazionali dovranno adeguarsi in materia di indicazioni geografiche? Indubbiamente, il processo di semplificazione può costituire un’ottima opportunità soprattutto per i paesi, come l’Italia, che hanno la fortuna di dover gestire un grandissimo patrimonio di prodotti riconosciuti. Un patrimonio che meriterebbe anche una riorganizzazione e, forse, un po’ di ordine che proprio le maggiori deleghe e competenze previste dalle bozze di regolamento potranno favorire. Gli elementi critici su questo fronte sono indubbiamente due: sfruttare appieno il processo di semplificazione del sistema senza cadere nell’errore, tipicamente italiano, di un’eccessiva burocrazia difensiva; organizzare per tempo una struttura che possa agevolmente supportare il sistema in tutti quei processi che saranno delegati ai singoli Stati membri.

Dal KickOff Meeting Qualivita di Siena, che tipo di suggerimenti possono emergere dai Consorzi? Come detto, le proposte di regolamento si basano su uno spostamento dell’attenzione delle politiche unionali dalla “conformità” ai “risultati” con un conseguente riequilibrio di responsabilità tra l’UE e gli Stati membri attraverso maggiore sussidiarietà. La sfida è trasformare nei fatti i maggiori gradi di libertà e le disposizioni in opportunità, scongiurando il rischio che la contrapposizione di interessi particolari di breve periodo impoverisca il confronto e limiti la portata delle scelte che verranno operate. Inoltre, sarebbe fondamentale che i portatori d’interesse e, in primo luogo, i consorzi di tutela partecipassero fin da subito attivamente al dibattito per costruire una PAC che potrebbe costituire una grande opportunità strategica per il settore.

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