Associazioni agricole solidali con la protesta dei pastori sardi. Sì al tavolo con Centinaio, prezzo giusto del latte, servono risposte urgenti

C’è grande preoccupazione per le manifestazioni attualmente in corso in Sardegna. Cia-Agricoltori Italiani condivide la protesta degli allevatori per il crollo del prezzo del latte, insufficiente anche a coprire i costi di produzione. Le aziende agropastorali sono il pilastro dell’agricoltura sarda, ma i pastori non possono continuare a produrre senza reddito adeguato: così si mette a rischio l’economia di tutta la regione. I prezzi pagati ai produttori (50-60 centesimi al litro) rischiano di creare forti disinvestimenti sul territorio e causare l’abbandono degli allevamenti in molte zone rurali, con rilevanti danni, anche al tessuto sociale.

Cia prende atto dell’apertura di un tavolo tecnico dedicato da parte del Ministro per le Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio e offre la sua disponibilità a concertare insieme al governo e alle istituzioni territoriali una soluzione in tempi rapidi per affrontare l’emergenza sarda. E’ necessario che il confronto negoziale sia aperto a tutti i soggetti interessati per arrivare a interventi immediati di ristoro per gli allevatori e, soprattutto, a un piano di settore che preveda misure condivise per migliorare le condizioni di produzione, con una nuova articolazione e differenziazione degli sbocchi di mercato.

Cia-Agricoltori Italiani è inoltre preoccupata dalle ripercussioni che la situazione potrà avere nelle altre due regioni italiane, Toscana e Lazio, dove la zootecnia ovicaprina è uno dei settori trainanti dell’economia locale. In questo momento è necessario agire con serietà e concretezza per individuare soluzioni efficaci, avviando un confronto sulle strategie di lungo periodo per il comparto lattiero-caseario.

COLDIRETTI:  Latte, niente trattativa senza giusto prezzo a pastori Non ci sono più le condizioni per sedersi ad un tavolo con chi fino all’ultimo è rimasto sordo e indifferente alle proposte avanzate per dare risposte al dramma dei pastori. E’ quanto afferma la Coldiretti che chiede all’associazione degli industriali che rappresenta le industrie casearie di rendere pubblico a tutti i pastori della Sardegna la propria proposta contrattuale.

Il prezzo di circa 60 centesimi al litro – sostiene la Coldiretti – è una elemosina che non copre neanche i costi di allevamento e di alimentazione e spinge alla chiusura i 12mila allevamenti presenti in Sardegna in cui si trova il 40% delle pecore allevate in Italia che producono quasi 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di pecorino romano (Dop).

La situazione – precisa la Coldiretti – è insostenibile. Siamo di fronte ad un cartello dell’industria con l’iperproduzione del 2018, che si basa su una scelta della ‘trasformazione’ di lavorare Pecorino romano, non rispettando le quote produttive assegnate, e non si può scaricare completamente sul prezzo del latte alla stalla. Di questo – continua la Coldiretti – non sono responsabili i pastori che non hanno prodotto un litro di latte in più, ma la ‘trasformazione’ che ha deciso di produrre più Pecorino romano rispetto ad altri formaggi dell’anno precedente.

“Ci rifaremo all’articolo 62 della legge 1 del 2012 in cui sono previste sanzioni oltre i 3 milioni” ha affermato il presidente della Coldiretti Sardegna Battista Cualbu nel sottolineare che “l’art. 62 al comma 2 “vieta qualsiasi comportamento del contraente che, abusando della propria maggior forza commerciale, imponga condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, ivi comprese, ad esempio: qualsiasi patto che preveda prezzi particolarmente iniqui o palesemente al di sotto dei costi di produzione”.

La Sardegna – continua la Coldiretti – è nel Mediterraneo la terra in cui è più alta la concentrazione di pecore: quasi due ogni abitante, 2,6 milioni di animali per 1,5 milioni di persone con il risultato che le forme paesaggistiche dell’Isola dipendono dal fatto che ben il 70% del territorio è destinato al pascolo dal quale gli animali traggono alimento. Ma secondo la Coldiretti negli ultimi dieci anni in Italia è scomparso un milione di pecore per colpa di scelte industriali irresponsabili. “Senza pastori la Sardegna muore” gridano gli allevatori.

COPAGRI: PREZZO LATTE, ALLEVATORI SARDI SONO ALLO STREMO E NECESSITANO DI RISPOSTE CERTE Verrascina, servono soluzioni nell’immediato che possano dare ristoro e altre a lungo raggio per stabilizzare il comparto “Mentre la produzione di latte ovino cresce, i consumi interni e le esportazioni calano drammaticamente, e le remunerazioni ai pastori ristagnano, con prezzi compresi tra i 55 e i 60 centesimi al litro, che non bastano nemmeno a coprire i costi di produzione e sono ben lontani dalla forbice richiesta dai produttori, compresa tra 90 centesimi e 1 euro al litro”. Così il presidente della Copagri Franco Verrascina in occasione dell’odierna visita in Sardegna del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, accompagnato dai ministri delle politiche agricole Gian Marco Centinaio e per il Sud Barbara Lezzi, facendo notare che “allo stato attuale un litro di acqua minerale ha un costo maggiore di un litro di latte”.

“Vale la pena di ricordare che la Sardegna conta circa 12mila aziende agropastorali, le quali allevano 2,6 milioni di pecore, corrispondenti a quasi la metà del patrimonio ovino italiano, che forniscono oltre 3 milioni di quintali di latte, più del 50% del quale destinato alla produzione del Pecorino Romano, formaggio a denominazione d’origine conosciuto in tutto il mondo ed esportato prevalentemente negli Stati Uniti”, sottolinea il presidente della Copagri.

“Quella che stanno vivendo da tempo i pastori sardi è una situazione di straordinaria emergenza, che necessita di risposte certe e immediate. Bisogna lavorare a delle soluzioni che possano dare ristoro nell’immediato, stanziando le necessarie risorse e valutando la possibilità di sospendere i mutui e i contributi e di ritirare dal mercato determinate quantità di prodotto; allo stesso tempo, bisogna ragionare su soluzioni di più ampio respiro che possano stabilizzare il comparto, quali la convocazione del tavolo di filiera nazionale, affinché si affronti seriamente la questione del prezzo e della programmazione produttiva, nonché quella dell’obbligo per gli acquirenti di latte ovino a comunicare mensilmente i quantitativi ricevuti”, spiega Verrascina.

“Bisogna inoltre verificare e attenzionare le importazioni di prodotto dall’estero, per evitare il rischio che questi fenomeni causino dumping economico ai danni degli allevatori sardi”, conclude il presidente della Copagri.

Prezzo latte ovino, Confagricoltura Lazio: “E’ emergenza. Serve convocazione urgente tavolo di crisi regionale” “La protesta del comparto del latte ovino si sta allargando a macchia d’olio – mette in evidenza Sergio Ricotta, presidente di Confagricoltura Lazio. Nulla si è fatto fino ad ora per questo sistema produttivo che contribuisce in maniera determinante alla salvaguardia del territorio rurale, dalle pianure alle zone montane. La crisi c’è da tempo anche nella nostra regione e non è stato fatto nulla di concreto, nonostante le nostre ripetute denunce, per riorganizzare il settore, partendo proprio dalla tracciabilità del latte che darebbe finalmente certezza sulle produzioni e sulla trasparenza alla filiera”.
Il Lazio è la seconda regione per latte prodotto, dopo la Sardegna e conta più di 3.000 allevamenti ovini e quasi 800.000 capi. “Si è instaurato – continua Ricotta – un meccanismo perverso, che gli allevatori pagano in prima persona poiché il prezzo pagato non copre nemmeno i costi di produzione del latte”. Per Confagricoltura è necessario riorganizzare il settore produttivo adottando subito una strategia di sistema che dia il via, da un lato ad un piano di tracciabilità del latte ovicaprino, dall’altro che sia capace di integrarsi con la parte industriale, per permettere di rilanciare le produzioni, fissando obiettivi di quantità certa e di qualità”.
“Occorrono interventi urgenti per salvare l’oro bianco laziale – conclude Ricotta -. Chiediamo alla Regione la convocazione immediata di un ‘tavolo di crisi’ per poter avviare un percorso condiviso e concreto che, con l’appoggio dell’Istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana, che è il riferimento nazionale, oltre alla fondamentale tracciabilità, consenta di valorizzare finalmente il nostro latte e i prodotti del territorio, per salvaguardare un comparto fondamentale per l’economia, l’ambiente e il territorio regionale”.

CONFEURO: SOLIDALI CON I PASTORI SARDI La protesta dei pastori sardi è ampiamente legittima ed evidenzia alcune falle sistemiche nel settore agroalimentare che vanno assolutamente colmate. Il comparto lattiero caseario di oggi infatti – dichiara in una nota il presidente nazionale Confeuro, Andrea Michele Tiso – rappresenta la fotografia più chiara dello squilibrio esistente tra i produttori del mondo agricolo e le aziende della grande distribuzione incaricate di trasformare e vendere i prodotti. Il primario – prosegue Tiso – va riorganizzato ripartendo da un nuovo protagonismo per chi è artefice della salubrità e della genuinità delle produzioni; e la vertenza dei pastori sardi, i quali lamentano un prezzo d’acquisto troppo basso da parte delle aziende di trasformazione del latte ovino e caprino, coglie a pieno le criticità del sistema. Dalla Sardegna, infatti, si sta lanciando un chiaro appello alla politica agricola nazionale ed internazionale per risolvere, non un semplice un caso isolato, ma delle storture di sistema che coinvolgono tutti i principali attori del mondo agricolo.

Come Confeuro – conclude Tiso – non vogliamo semplicemente esprimere la nostra totale solidarietà per gli agricoltori che, nei limiti della legge, stanno protestando contro un sistema profondamente sbagliato, ma vogliamo anche rinnovare tutto il nostro impegno per promuovere un’agricoltura sostenibile che abbia il suo cuore pulsante negli agricoltori e non nelle multinazionali.

 

 

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